Umbri a Rio. La gioia di essere cristiani

Le mille attenzioni della gente di Rio per i nostri giovani, accolti anche nelle famiglie delle Favelas. Il ritorno a casa stretti nel “Patto di Rio”
Il gruppo dei ragazzi di ritorno da Rio si saluta prima del ritorno nelle proprie case (Foto Luca Anticaglia)
Il gruppo dei ragazzi di ritorno da Rio si saluta prima del ritorno nelle proprie case (Foto Luca Anticaglia)

Ci mancano i nostri amici brasiliani, ci mancano. Siamo tornati da poche ore e sentiamo tanta nostalgia, della gente, dei ragazzi del gruppo Umbria, delle giornate vissute. Sembra un sogno, un sogno che corrisponde a realtà. Siamo partiti con tante perplessità e qualche pregiudizio per questo mondo così lontano e dopo quindici giorni vissuti intensamente il vuoto si sente. Raccontare l’esperienza si può ma le parole per esprimerla sono sempre troppo povere.

Abbiamo incontrato una Chiesa di popolo che alle ore sette del mattino della domenica gremisce la grande chiesa madre di Maricà e canta a squarciagola le lodi al Signore, celebrando un’Eucaristia che da noi rimane un pio desiderio, soprattutto a quell’ora. I nostri ragazzi si sono sentiti coinvolti, soprattutto amati. Questo fa la differenza. Come fai a dimenticare il volto di Valeria, la nostra interprete cui i perugini avevano insegnato a ripetere alcune parole in dialetto stretto e lei con il volto sorridente ripeteva e ci faceva morire dalle risate.

Non voglio fare un resoconto serioso ma esprimere i sentimenti che i nostri ragazzi hanno provato. La gioia di essere cristiani, di essere membri della Chiesa cattolica apostolica e romana, perché i brasiliani sentono tanto il legame con Roma e il suo vescovo. Una gioia che nasceva dalla stessa fede e si esprimeva in mille attenzioni. Quando ritornati la sera a casa nella famiglia che ci ospitava e trovavi un biglietto sul letto che diceva: “Ringrazio il Signore che siete nella mia casa – eravamo in 14 – voi siete per noi una benedizione”. Quando, i ragazzi che nella settimana a Rio dimoravano in alcune famiglie residenti in una favelas, trovavano una festa organizzata per loro in strada, con musiche, balli e cena carioca. Potrei continuare all’infinito. La veglia a Copacabana, sulle rive dell’oceano, stretti come sardine ma quando il Papa ha esposto il SS. Sacramento è stato bello vedere milioni di giovani che si sono buttati in ginocchio di fronte all’umile segno del Pane, in un silenzio incredibile. Quando concelebri la messa con ventimila preti e 1300 vescovi senti il respiro della Chiesa di Cristo e capisci la missione di Pietro che lungo il lago di Galilea quella mattina lasciò barca e reti per diventare pescatore di uomini.

Ora pesca Francesco con la sua fede, la sua simpatia, il suo essere pastore che dona alla Chiesa universale il carisma di latino americano. Il pericolo per tutti noi è il consumismo, anche religioso: abbiamo fatto una bella esperienza ora si archivia e andiamo avanti.

Per sventare il pericolo abbiamo stretto un patto, lo abbiamo chiamato il Patto di Rio. Trasmettere alle nostre Chiese, ai nostri pastori l’esperienza vissuta perché seguendo le indicazioni di papa Francesco possiamo impegnarci per quei “sì” che il Papa ha fatto pronunciare a tutti durante la veglia di Copacabana. Siamo i concittadini dei santi tanto amati dai Brasiliani: Francesco, Chiara, Benedetto, Rita. Non possiamo rimanere inermi a consumarci in piccole diatribe ecclesiali o civili, dobbiamo respirare alla grande l’aria fresca e infinita come facevamo lungo le spiagge dell’oceano.

AUTORE: Don Marcello Cruciani