Giovani imprese, corsa a ostacoli

Confcommercio Umbria denuncia il caso di un giovane che, pur sostenuto economicamente da Sviluppumbria, ha dovuto abbandonare l’idea di aprire un negozio perché nessuna banca gli ha prestato 5.000 euro

negozio-articoli-sportC’è la disoccupazione, e i giovani devono rimboccarsi le maniche anche inventandosi un lavoro, perché il posto fisso con lo stipendio sicuro a fine mese per tutta la vita non c’è più. “Per uscire dalla crisi bisogna favorire la nascita di imprese di giovani, aiutandoli a diventare imprenditori di se stessi”. È una sorta di slogan che tutti, a cominciare dai politici dei vari schieramenti, ripetono in continuazione. Dalle parole ai fatti: un giovane umbro non ancora trentenne ci ha provato, con un investimento di circa 15.000 euro per aprire un negozio di abbigliamento sportivo a Perugia. Aveva trovato anche il locale, e con 10.000 euro sicuri in tasca si è presentato in banca per chiedere un fido per la somma mancante, circa 5.000 euro. Il bel sogno di diventare imprenditore si è però infranto davanti alle 10 banche, grandi e piccole, che gli hanno sbattuto la porta in faccia. E così ci ha rimesso anche la caparra per entrare in possesso di quello che doveva diventare il suo negozio.

Una vicenda che la Confcommercio ha reso pubblica per denunciare quanto sia difficile passare dalle parole delle promesse ai fatti. “Abbiamo voluto raccontare questa vicenda – ha detto Chiara Pucciarini, presidente del gruppo Giovani imprenditori Confcommercio Umbria – perché è esemplare di quelle che sono le difficoltà abnormi che un aspirante imprenditore affronta nel rapporto con il mondo del credito. Non è ammissibile che una banca non conceda 4-5 mila euro di fido o mutuo a fronte di un’idea imprenditoriale più che valida”.

Il giovane in questione è un giocatore di calcetto ai massimi livelli che, dopo un’esperienza come lavoratore dipendente, decide di aprire a Perugia un negozio per la vendita di scarpe e abbigliamento per calciatori. Quello del pallone è un settore che ‘tira’anche in Umbria, con tante squadre di calcio dilettantisco e amatoriale. Trova anche il locale giusto, a un prezzo abbordabile, in una zona interessante per questo tipo di clienti. Decide di non farselo sfuggire, e versa anche la caparra. Avendo sentito parlare delle opportunità offerte dal bando della Regione sul microcredito, si rivolge alla Confcommercio di Perugia che lo assiste nella predisposizione della domanda e dei documenti.

Le domande sono un’ottantina; ne vengono accolte dalla Regione 60. Per l’originalità il suo progetto, che prevede un investimento complessivo di 14-15 mila euro, il suo è uno dei 30 a essere finanziati. Sviluppumbria gli concede un contributo di quasi 10 mila euro da rimborsare con l’1,5% di interesse. Vittoria! Il più sembra fatto. E invece…

L’aspirante commerciante va in banca a chiedere un fido con in tasca la lettera di Sviluppumbria che approva e finanzia il suo progetto: “Non possiamo, ci dispiace”. Allora bussa ad un’altra banca: “Non è colpa nostra, ma…”. Insomma, “dieci porte chiuse, 10 frustate alla voglia di questo giovane, che chiede l’‘iperbolica’cifra di ben 4-5 mila euro, che vorrebbe un contributo minimo per avviare la sua attività – commenta la presidente dei Giovani imprenditori di Confcommercio. – E a forza di collezionare ‘no’, l’aspirante giovane imprenditore si abbatte talmente che smette di aspirare, e non ha neppure la forza di chiedere aiuto all’associazione di categoria per avere un supporto”. Scoraggiato e avvilito decide di mollare. Al danno si aggiunge la beffa perché nel frattempo perde anche i soldi versati per la caparra del locale.

Prendendo spunto da questa vicenda, Pucciarini sottolinea che questa eccessiva rigidità del sistema creditizio rende dura la vita anche a quei giovani che un’impresa ce l’hanno. Nel primo trimestre di quest’anno, secondo i dati dell’Osservatorio credito Confcommercio – Imprese giovani, il 56% delle imprese under 36 sono riuscite con difficoltà a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, e solo il 26% di quelle che si sono rivolte alla banche hanno ottenuto il credito richiesto.

“Il sistema creditizio – prosegue – si giustifica adducendo la difficile situazione, ma a pagare il conto sono sempre le imprese e i cittadini. Le banche non possono essere imprese private quando c’è da spartirsi gli utili, e per converso pretendere la socializzazione delle perdite. Ai giovani imprenditori diciamo comunque di non mollare e di rivolgersi sempre per avere sostegno alle associazioni di categoria”.

Per fortuna sono tanti anche in Umbria i giovani imprenditori che non mollano. Lo aveva ricordato all’inizio di luglio aprendo i lavori della XI Giornata dell’economia il presidente della Camera di commercio di Perugia Giorgio Mencaroni. “Per uscire dalla crisi – aveva detto – l’Umbria può contare sul dinamismo delle imprese giovani, che mostrano un dinamismo superiore alla media e contribuiscono in modo significativo alla formazione del Pil regionale. L’imprenditoria giovanile deve avere ascolto e maggiore spazio nel nostro sistema imprenditoriale. Anche attraverso un più fluido ricambio generazionale, che è anche passaggio all’innovazione tecnologica”.

C’è da augurarsi che la vicenda del giovane aspirante imprenditore, resa pubblica dalla Confcommercio, sia un caso isolato, soprattutto per non vanificare iniziative positive come quella della Regione per il microcredito.

Purtroppo non sono rassicuranti in questo senso le parole del presidente regionale della Confindustria Umbro Bernardini, il quale ha detto che sono sempre di più gli impreditori umbri che chiedono alla sua associazione informazioni e assistenza per trasferire o aprire nuove attività all’estero, scoraggiati dalla burocrazia e dalla inefficienza del ‘sistema Italia’. Bernardini ha anche denunciato il rischio di quella che ha definito “una vera e propria emigrazione industriale”. Insomma, un tempo gli umbri emigravano per trovare lavoro, e ora sono gli imprenditori a emigrare creando posti di lavoro all’estero!

Giovani e commercio

Il commercio “è l’ambito decisamente prevalente per le imprese giovanili” ha detto il presidente della Camera di commercio di Perugia, Mencaroni, commentando il saldo positivo tra aziende che nascono e quelle che muoiono in provincia di Perugia nel terzo trimestre 2013. La base imprenditoriale della provincia di Perugia torna infatti a espandersi, con 1.077 nuove imprese entrate sul mercato, 190 in più di quelle cancellate. Un’inversione di tendenza che però non è sufficiente a cancellare l’impoverimento del tessuto imprenditoriale della provincia di Perugia: 567 aziende in meno nell’ultimo anno. Il commercio è il comparto con il maggior numero di iscrizioni nel secondo trimestre 2013, seguito da agricoltura e costruzioni. È però anche il primo settore per le cessazioni.

AUTORE: Enzo Ferrini