Mettersi in cammino verso Gerusalemme: è la “ferma decisione” di Gesù raccontata da Luca nel Vangelo. In questa decisione c’è sì un’idea di movimento, cioè andare verso la città, consapevole di ciò che sarebbe poi accaduto; ma c’è anche un “movimento” che tocca la persona che sceglie di accogliere il messaggio di Cristo. E questo accade all’inizio del cammino, quando vengono fuori speranze e attese ma anche resistenze, paure.
I samaritani gli negano l’ingresso nel loro villaggio perché era in cammino verso Gerusalemme. Se c’è chi gli dice “ti seguirò ovunque tu vada”, si sente anche rispondere: “Permettimi di andare prima a seppellire mio padre”; prima “lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”.
Nelle risposte di Gesù – andare avanti se non lo accolgono, “lascia che i morti seppelliscano i loro morti”, e “chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto al regno di Dio” – c’è un messaggio preciso che non è un rinnegare storia e tradizioni, ma invito a superare le nostre paure, le nostre abitudini; è un lasciarsi alle spalle ciò che è il nostro passato, il peccato, e accogliere la novità del Vangelo. Di fronte a quel mettersi in cammino verso Gerusalemme, ecco che affiorano le nostre resistenze; di fronte al gesto di libertà di una scelta, altre scelte che ritardano il nostro andare verso la meta.
C’è un’assunzione di responsabilità nelle nostre scelte, ricorda Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa. E porta l’“esempio meraviglioso” di “coraggio” e di “discernimento” di Benedetto XVI. Ricorda e spiega la scelta del suo predecessore di rinunciare al Soglio pontificio: “Quando il Signore gli ha fatto capire, nella preghiera, quale era il passo che doveva compiere”, dice Papa Francesco, Benedetto ha seguito “la sua coscienza, cioè la volontà di Dio che parlava al suo cuore. E questo esempio del nostro padre fa tanto bene a tutti noi, come un esempio da seguire”.
La coscienza è il luogo più intimo dove ascoltare la voce di Dio. Così Papa Francesco spiega l’importanza che anche per Gesù ha la coscienza: rimprovera Giacomo e Giovanni che chiedono la punizione per i samaritani che non lo hanno accolto, e dice loro di proseguire verso un altro villaggio: “Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita – spiega il Papa. – Se tu vuoi, vieni. L’umiltà di Gesù è così: lui invita sempre, non impone”.
Così, ricordando la scelta compiuta dal suo predecessore, Francesco spiega che la coscienza non è inutile, serve a orientare la propria vita. Anche quel mettersi in cammino di Gesù verso Gerusalemme non è una scelta subita, imposta. “Gesù, nella sua esistenza terrena, non era, per così dire, ‘telecomandato’”.
La “ferma decisione” di salire a Gerusalemme, nonostante la consapevolezza che sarebbe stata l’ultima volta, che ci sarebbero stati l’arresto, la condanna, la sofferenza e la morte, è una “decisione presa nella sua coscienza, ma non da solo: insieme al Padre, in piena unione con lui. Ha deciso in obbedienza al Padre, in ascolto profondo, intimo della sua volontà”. È nel Padre che “Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino”; decisione presa in piena libertà perché “Gesù vuole noi cristiani liberi” spiega Francesco. È una libertà che viene dal dialogo con il Padre, con Dio. “Gesù non vuole né cristiani egoisti, che seguono il proprio io, non parlano con Dio; né cristiani deboli, cristiani che non hanno volontà, cristiani ‘telecomandati’, incapaci di creatività, che cercano sempre di collegarsi con la volontà di un altro e non sono liberi”.
La libertà che chiede Gesù, spiega ancora Francesco, “si fa nel dialogo con Dio nella propria coscienza”, che non significa “seguire il proprio io, fare quello che mi interessa, che mi conviene, che mi piace”. La coscienza, afferma, “è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, del bene, dell’ascolto di Dio; è il luogo interiore della mia relazione con lui, che parla al mio cuore e mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere e, una volta presa la decisione, ad andare avanti, a rimanere fedele”.