Tre figure dominano la liturgia di questa domenica: Davide, l’antico re d’Israele; san Paolo apostolo; e una prostituta. I tre hanno in comune l’esperienza del perdono di Dio, che segnò un nuovo inizio della loro vita. La prima lettura presenta la conclusione del colloquio che il profeta Natan ebbe con il re Davide. L’antefatto è noto. Narra la Bibbia che questi s’incapricciò della bella moglie di un ufficiale del suo esercito, di nome Uria, che in quel momento era in guerra. La signora fu portata alla reggia e il re si unì a lei, che rimase incinta. Quando gli fu portata la notizia, il re mandò a chiamare l’ufficiale, con la scusa di chiedere informazioni sull’andamento della guerra; in realtà sperava che questi, dopo il colloquio, andasse a dormire a casa propria, cosicché il nascituro sarebbe apparso a tutti come suo legittimo figlio. Ma l’ufficiale mangiò la foglia e rimase a dormire in caserma.
Dopo qualche giorno, Davide lo rispedì al fronte con una lettera per il comandante in capo, che ordinava di mandare Uria a combattere dove era più pericoloso. Così fu fatto, e Uria rimase ucciso. Ora davanti all’opinione pubblica tutto era tranquillo: la bella vedova fu pietosamente accolta sotto la protezione del re; il marito era eroicamente morto in battaglia; la gravidanza procedeva bene e la guerra era lontana. Ma Dio ebbe pietà della falsa tranquillità dietro cui si nascondeva il re adultero, omicida e bugiardo; e mandò il profeta Natan a svelargli l’enormità del suo peccato: “Perché hai disprezzato la Parola del Signore?”.
Il re si spaventò a morte; ma non si difese, sebbene avesse potuto farlo: al re tutto era permesso. Davide ammise il suo errore: “Ho peccato contro il Signore”. A causa di quell’ammissione, il profeta gli annunciò il perdono di Dio. Il testo ebraico può essere tradotto: “Il Signore ha sorpassato il tuo peccato”. Ne sarebbero rimaste però le conseguenze (2 Sam 12,13-14). Come dire: quando riconosciamo il nostro errore, Dio se lo è già buttato alle spalle; tuttavia nulla rimane senza conseguenze. Nella lunga lettura evangelica, Luca intreccia diversi aspetti della vita pubblica di Gesù. Tutto comincia con un invito a pranzo da parte di un fariseo. Nella percezione comune questa parola è diventata sinonimo di persona ipocrita e malvagia; ma non era così. Nel mondo giudaico di allora i farisei erano i più attaccati all’osservanza della legge mosaica. Gesù ebbe spesso a che fare con alcuni di loro, sia sul piano dell’amicizia, sia su quello della polemica. In questo caso si trattava probabilmente di un suo simpatizzante. Certamente si trattava di un persona facoltosa, che aveva possibilità di organizzare un pranzo, per così dire, “semi-pubblico”, visto che una prostituta non trovò difficoltà ad introdursi nella zona del banchetto. Di costei è detto che “stando dietro, presso i piedi di Gesù…”. Questo non sarebbe stato possibile, se fossero seduti a mensa come usiamo noi, con i piedi sotto al tavolo; in quel tempo avevano imparato a farlo all’uso greco-romano: sdraiati e poggiati sul fianco sinistro. La presenza della donna movimentò la scena.
Era assolutamente insolito che una donna partecipasse a un banchetto, composto di soli uomini. Inoltre si presentò in lacrime e con i capelli sciolti. Le lacrime erano così abbondanti da lavare i piedi di Gesù e capelli talmente lunghi da essere usati come asciugamano. C’era davvero di che scandalizzarsi. Un buon giudeo non avrebbe mai accettato di essere toccato da una “donna pubblica”. Gesù non solo si lasciava toccare, ma anche carezzare, baciare e profumare.
Di fronte al giusto scandalo dell’ospite, Gesù assume le vesti del rabbi e gli propone la parabola dei due debitori e del creditore. A conclusione gli mostrò come quella donna fosse migliore di lui, perché gli aveva mostrato un amore più grande: per questo i suoi molti peccati le erano perdonati. A questo punto entrò di prepotenza il coro dei commensali: “Chi si crede di essere costui, che si permette di perdonare i peccati!”. Gesù non parve curarsi delle loro opinioni; salutò gentilmente la donna, e si congratulò con lei per la sua fede.
Qui termina l’episodio della prostituta perdonata, con scandalo dei benpensanti. La lettura però continua ancora per un po’: l’evangelista compone un piccolo riassunto della vita itinerante di Gesù. Nel gruppo dei seguaci, oltre ai Dodici che conosciamo, c’erano anche delle donne, di estrazione diversa: Maria di Magdala, un’ex indemoniata; c’era la moglie di un dirigente della corte di Erode Antipa, chiamata Giovanna, che, data la sua posizione, aveva certamente delle possibilità economiche, utili alle necessità del gruppo; c’era anche una certa Susanna, di cui non sappiamo altro, e alcune altre.
La cosa era inaudita e scandalosa: non era mai accaduto in Israele che un rabbi avesse al suo seguito delle donne. Quando Luca scriveva queste cose, nella Chiesa le donne avevano già ruoli importanti. In una società in cui le donne avevano compiti eminentemente casalinghi, la scelta della Chiesa segnava l’inizio di un cambio di civiltà. Della straordinaria esperienza di perdono, fatta da Paolo, avremo occasione di scrivere in altra circostanza.