I medici insorgono contro il sostegno alla tabacchicoltura

No al fumo. Ma i lavoratori del tabacco?

E’ possibile pensare ad una lotta seria contro il fumo senza ostacolare la produzione del tabacco? L’interrogativo appare di difficile soluzione perchè la questione è molto complessa. In Umbria diecimila posti di lavoro sono a rischio, se verranno meno i contributi europei. Proprio per evitare questa eventualità, recentemente l’assessore regionale all’agricoltura, Gianpiero Bocci, ha promosso un’iniziativa con i rappresentanti della regione spagnola dell’Extremadura (maggiore produttore della penisola iberica) per un fronte comune contro le intenzione dell’Ue di tagliare il sostegno economico al settore. (Vedi La Voce n. 27) Sulla vicenda intervengono due medici, Marco Dottorini, membro del Consiglio direttivo nazionale Aipo (Associazione italiana pneumologi ospedalieri), e Ferruccio Curradi, responsabile regionale Alir (Associazione per la Lotta contro l’insufficienza respiratoria). In una nota definiscono “a dir poco sconcertante l’impegno pubblico e politico preso di recente con la sottoscrizione di un documento comune fra l’assessore Bocci ed il suo collega spagnolo Gomez”. I due medici affermano che “è incredibile sentire un amministratore difendere un interesse particolare, ed opinabile, contro un beneficio comune che coinvolge l’intera popolazione. Forse l’assessore non ha presente che le malattie dell’apparato respiratorio sono la terza causa di morbilità e mortalità e che il fumo è la causa principale di queste come di altre patologie correlate neoplastiche e cardiovascolari: ogni 7 secondi nel mondo muore un individuo per il fumo, in Europa i decessi sono oltre 1.200.000 all’anno ed in Italia 130.000. Forse dimentica che tali patologie sono per il loro corso naturale estremamente invalidanti con un costo sociale e familiare elevatissimo”. Dottorini e Curradi auspicano di non incentivare la produzione del tabacco e di promuovere “altre coltivazioni comunque remunerative (grano, mais girasole)”. La nota fa presente che “la comunità scientifica mondiale e le associazioni che raccolgono i malati pneumologici sono da anni impegnati in battaglie di persuasione per contrastare l’abitudine al fumo, ben conoscendo gli effetti deleteri di tale uso. Ben venga un intervento internazionale che limiti la diffusione della tabacchicoltura: il mercato è regolato dalla domanda ma anche dall’offerta, è ovvio quindi che se si produce tabacco lo si vuole vendere anzi incrementarne l’uso!”. I due medici rilevano la contraddizione tra l’iniziativa di Bocci e il piano sanitario della Giunta regionale precedente che puntava ad una riduzione del 50 per cento dei fumatori entro il 2005. Secondo Dottorini e Curradi “non è più possibile da una parte spendere somme elevate nella cura e nel trattamento dei pazienti affetti da malattie fumo correlate e dall’altra incentivare in casa propria la tabacchicoltura. Già è un grave controsenso a livello nazionale che lo Stato promuova, come il precedente ministro Veronesi ha fatto, la lotta al fumo, e dall’altra sia il principale produttore e venditore di sigarette. Il pensiero va ai lavoratori del tabacco: giustamente l’assessore se ne preoccupa (i consensi sono sempre i consensi) ma si dovrebbe preoccupare della loro salute perché anche su di loro, se fumatori, un giorno graverà la stessa condanna che molti vivono già sulla propria pelle”. Le argomentazioni dei due medici sono difficilmente criticabili. Il problema, non secondario, è però quello dell’occupazione. I numeri che pongono l’Umbria al secondo posto in Italia per la produzione del tabacco (con oltre 130 miliardi di fatturato all’anno, 1.028 aziende e 10 mila ettari coltivati con una produzione di 211mila quintali) fanno pensare ad una difficile e complessa riconversione verso altre produzioni agricole in tempi rapidi. E sarebbe praticamente impossibile evitare dolorosi tagli ai posti di lavoro.

AUTORE: R.C.