Un’immagine di alcuni giorni addietro sigla e chiude definitivamente la scena del pontificato di Papa Benedetto: il suo varcare la soglia del monastero “Mater Ecclesiae” all’interno del Vaticano, conclusiva e silenziosa dimora. Ora, per sempre i riflettori si sono spenti su di lui e il silenzio accompagnerà questo momento finale della sua vita: non tanto il silenzio su di lui, quanto il silenzio di lui. Non parla più, l’anziano Papa. O meglio, non parla a noi. Continua a parlare, ma la sua voce è diretta altrove, in alto. Nel silenzio, Papa Benedetto parla dunque a Dio, ma con il suo silenzio parla anche a noi in modo nuovo. In modo eloquente! Parafrasando il titolo del Messaggio inviato in occasione della 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, potremmo individuare una efficace sintesi del suo non lungo ma intenso pontificato: dalla eloquente sapienza della parola, alla parola del silenzio. Sappiamo bene che il silenzio è il linguaggio più adeguato per esprimere il nostro amore verso Dio, le persone, le realtà della nostra vita e della storia. Il Verbo di Dio nasce e si incarna nel silenzioso grembo di una giovane donna, Maria di Nazareth, e ci salva nel silenzioso legno della croce. Il silenzio resta l’unica risposta al mondo, come pregava sant’Agostino al termine della sua opera sulla Trinità: “Liberami o Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro nell’interno della mia anima alla tua presenza”. Papa Benedetto è, e rimane per tutti noi, Padre e Maestro della fede e del silenzio.
Ma lasciamo ancora una volta risuonare le sue parole all’interno del messaggio ricordato: “… il silenzio è parte integrante della comunicazione, e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire e ciò che ci attendiamo dall’altro. Tacendo si permette all’altra persona di esprimere se stessa e a noi di non rimanere legati soltanto alle nostre parole. Nel silenzio si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano, … nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, … dal silenzio deriva, dunque, una comunicazione ancora più esigente. Laddove i messaggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile. Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di ‘ecosistema’ che sappia equilibrare silenzio e parola. A volte si ha l’impressione che ci sia paura a staccarsi, anche per un istante, dal fiume di parole che segnano e riempiono le giornate. La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in noi, come è accaduto a Maria, inseparabilmente donna della Parola e del Silenzio”.
Papa Benedetto aveva iniziato il suo ministero, a pochi mesi dalla sua elezione, con un momento indimenticabile: l’intenso silenzio di un milione di giovani durante l’adorazione eucaristica della Giornata mondiale della gioventù di Colonia, nell’estate 2005. Quella lunga pausa cancellava di colpo qualsiasi rumore. Si riempiva e ci riempiva di Dio. Dopo otto anni di lavoro come “umile operaio nella vigna del Signore”, è tornato ad indicarci il bisogno di silenzio che ha tutta la Chiesa, tutta l’umanità, con un’altra indimenticabile lezione: ci ha comunicato la sua decisione di ritirarsi “nascosto al mondo” seppure nel “recinto di Pietro” vivendo silenzioso e orante. Dietro la sua scelta è facile intuire il suggerimento particolare ad un mondo, anche ecclesiale, ossessionato da una comunicazione sempre più frenetica: liberiamoci dai fardelli delle parole inutili. Ritroviamo il dialogo con Dio. Allo stesso tempo ritroveremo anche l’Uomo. Grazie, Papa Benedetto!