Numerosi suicidi e omicidi in questi giorni, più del solito, hanno caratterizzato le nostre giornate. Un grido silenzioso che irrompe violento sulle nostre giornate frenetiche e ci costringe a fermarci a pensare: che cosa sta succedendo? “Il dolore – commenta la psicologa e psicoterapeuta perugina Maria Luisa Tiberini -, questo illustre conosciuto dell’esistenza umana, che cerchiamo di nascondere, evitare, ridurre, minimizzare, mimetizzare… ci aggredisce in modo violento e improvviso, attraverso le persone e i gesti più inaspettati. Con un atto estremo, le persone ci dicono: ‘Non ce la faccio più a sopportare questo dolore’. Ci comunicano questo dramma attraverso un atto auto-aggressivo o aggressivo. L’atto in sé è sintomo di un disagio interiore, che l’uomo esprime attraverso la sofferenza, di solito vissuta in solitudine, oppure rendendo impraticabile ogni possibile soluzione. È un grido che nasce da dentro, che è espresso dalle persone più fragili, giovani e anziani e in modo particolare dalle donne, o contro le donne!”.
Che cosa c’è all’origine di questo disagio?
“Il disagio si diffonde perché i fattori di rischio, sia interni che esterni, sono aumentati. Anzitutto, l’identità personale viene minacciata dalla scarsa cura dell’interiorità. Ci si dedica molto alla cura del corpo, come se fosse un manichino, ma non siamo più educati all’ascolto interiore dei nostri bisogni e dei desideri più profondi. Sembra che nessuno ci ascolti più… ma si odono tante voci. Il giudizio e il pregiudizio fanno da padroni anche nella nostra interiorità”.
Eppure oggi siamo immersi in mille relazioni…
“Sì, ma sono relazioni umane superficiali. Siamo tutti ‘amici’, ma ci sono poche relazioni autentiche che ci sostengono, soprattutto nei momenti di fragilità, che comunque ciascuno attraversa. La cultura e l’appartenenza ai gruppi sociali è fluida e le radici quasi inesistenti: basta poco per interrompere le relazioni fondanti della nostra vita. Nelle relazioni si favoriscono dinamiche basate sul controllo e non sul confronto: stili comunicativi indiretti (manipolatori), che evitano nell’immediato conflitti e dissensi, ma che in realtà non aiutano uno scambio autentico tra le persone. Si tende a colpevolizzare gli altri: dalla società ai vicini, ai familiari che ‘non fanno quello che dovrebbero’; però si riflette poco sulla responsabilità delle proprie scelte e si sceglie spesso la via del “vittimismo”, dicendo a se stessi e agli altri: ‘io starei meglio se tu fossi diverso/a’”.
E la crisi economica?
“La crisi economica, politica e morale certamente acuisce le difficoltà: la perdita del lavoro, delle sicurezze, dei valori di riferimento, che garantiscono il mantenimento di una vita dignitosa, aumentano la fragilità psichica e relazionale. Ma esistono anche dei fattori di protezione da potenziare…”
Ad esempio?
“L’ascolto interiore e la cura della interiorità: ascolto di sé e cura della propria autostima e della propria persona. Ognuno di noi ha delle risorse personali, che è importante riscoprire, nelle capacità, nei desideri, nei progetti. Molto importante è la stima di sé, che ci fa distinguere interiormente il valore della persona che sono dall’eventuale errore che posso commettere: riesco a distinguere l’essere sbagliato dall’avere sbagliato. È importante che nel dialogo interiore ci si dica: ‘Ho commesso un errore’ e non: ‘Io sono un errore’, altrimenti si entra in confusione. Per non ammettere di essere sbagliato, non ammetto l’errore. Se invece assumo la responsabilità di aver sbagliato, riconoscendo l’errore, libero il mio essere”.
E il ruolo della società?
“Potenziare la resilienza: riscoperta delle risorse personali e relazionali. Gli aspetti economici non sono tutto nella vita, o meglio, è importante valorizzare le poche risorse in modo più produttivo. Quando si è nelle ristrettezze vitali, è importante chiedere aiuto. Chiedere aiuto nelle difficoltà non è un ammettere una debolezza, ma è un atto di grande maturità. È importante superare lo stereotipo della fragilità vista come fallimento: è una realtà che ci appartiene. È importante in questi casi chiedere aiuto a chi realmente ci può dare una risposta. Non esistono soluzioni magiche che risolvono tutto, ma il sostegno e la diversa posizione degli altri possono suggerire soluzioni che non avevamo pensato. E poi, i fattori di protezione sociale: integrazione delle varie forze, politiche sociali e religiose. L’emergenza può essere occasione di aprire nuove strade, con la consapevolezza che da soli si va più veloci, ma insieme si arriva più lontano”.
Quanto incide il fattore-libertà?
“Un famoso psichiatra viennese, Viktor Frankl, che era passato per il Lager nazista, diceva che la libertà e la responsabilità sono due concetti fondamentali per la vita dell’uomo. Sosteneva che la libertà non è da intendersi come libertà da qualcosa (vincoli, problemi) ma è libertà per qualcosa, per essere liberi di scegliere cosa ci capita e quale ruolo avere nella vita, se vittime o attori. L’uomo ha un potere grande: quello di perdonarsi e perdonare. Il perdono è un gesto che ogni uomo ha il dovere di farsi: la possibilità, anche nelle circostanze dure e disperate della vita, di fare appello alla propria libertà spirituale. Per Frankl, l’uomo non è il frutto o la vittima dell’ambiente o dell’ereditarietà, ma è interiormente libero di assumersi la responsabilità della propria esistenza. La vita è un compito, e la responsabilità è nei confronti del compito che ci è stato affidato dalla vita. Ascoltare il grido del dolore che ci viene da dentro e dagli altri non è perdersi nell’angoscia e nell’oblio della disperazione, ma ascoltarsi e riscoprire nuove possibilità con senso di responsabilità e nella speranza che nasce dal non sentirsi soli in questo cammino”.