Non c’è legalità senza etica

Qualche giorno fa, in un dibattito tra studiosi cattolici (dibattito pubblico, ma davanti a un pubblico piuttosto scarso, anche se qualificato) si è discusso del rapporto tra etica e legalità. Questione vecchissima ma sempre attuale; e che oggi si pone in termini assai diversi dal passato, perché – fino al secolo scorso – il modello era quello dell’Uomo che, in nome dell’etica, si ribella alla legge oppressiva; mentre oggi si pone semmai il problema di rinunciare, in nome dell’etica, a una parte delle libertà che ci concede una legge troppo permissiva. Da parte mia, ho detto che è un’illusione credere che una società possa essere regolata solo dalla legge e non anche dall’etica. Se non altro, perché la legge si rivela impotente se non riceve da parte dei più un’obbedienza convinta e spontanea, basata su una scelta etica e non sulla previsione di una punizione che arriva se e quando può, cioè quasi mai e comunque troppo tardi. Ho anche detto che le scelte etiche possono essere diverse, ma si deve pretendere da tutti, comunque la pensino, una base etica comune, il senso morale, che consiste nel credere che vi è un criterio di giudizio che separa il bene dal male, dove il bene è ciò che oggettivamente è giusto, al di sopra del mio interesse, del mio piacere, della soddisfazione del mio ego. Ora, se ci guardiamo intorno, vediamo un po’ di persone che accettano la nostra stessa morale; altre che certi problemi etici li risolvono diversamente da noi ma comunque il senso morale ce l’hanno; e poi tantissimi altri che invece il senso morale proprio non ce l’hanno, e per i quali l’unica regola di giudizio è la propria convenienza e il proprio piacere, senza nessun riferimento a un principio superiore. Certi delitti, certe forme di criminalità, si spiegano solo in questo modo. Come certi delitti successi anche a Perugia, se è vera (il condizionale è d’obbligo) la ricostruzione che ne fanno gli inquirenti. E se così fosse, non ci sarebbe gran differenza fra tutti i protagonisti, colpevoli e vittime. Che tristezza.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani