12 ottobre 1962: 2.778 personalità ecclesiali prendono posto nella basilica di San Pietro, sui banconi che dai lati della navata centrale degradano verso la linea mediana. Io (non che interessi a qualcuno!) non ci sono. C’ero invece per la cerimonia dell’Incoronazione, nel 1958: protervo ventenne, ero riuscito a intrufolarmi oltre l’off limits, sfuggendo a un rubizzo monsignore incaricato di bloccare gli intrusi; e a un passo dal suo amabilissimo volto patriarcale, con profonda commozione avevo inteso Giovanni confessare di trovarsi nella situazione di Giuseppe, “il figlio di Giacobbe, che incontrandosi con i suoi fratelli di umana sventura, scopre loro [che fra l’altro lo avevano venduto per invidia ad un mercante di schiavi, ndr] la tenerezza del cuor suo e scoppiando in pianto dice: Sono io… il vostro fratello Giuseppe”. Poi, con disarmante candore, Roncalli aveva riconosciuto i propri pesanti limiti culturali, ma in funzione di una scelta eminentemente pastorale: “A me sta a cuore in maniera specialissima il compito di Pastore di tutto il gregge. Le altre qualità umane – la scienza, l’accorgimento e il tatto diplomatico, le qualità organizzative – possono riuscire di abbellimento e di complemento per un governo pontificale, ma in nessun caso possono sostituirlo”.
E oggi, 12 ottobre 1962, i 2.778 protagonisti del Concilio che comincia li vedo in tv. La cerimonia è lunga e macchinosa, però quando Giovanni XXIII prende la parola la tensione si fa palpabile. “La Madre Chiesa gioisce, poiché, per singolare dono della Provvidenza divina, è sorto il giorno tanto desiderato in cui il Concilio ecumenico Vaticano II qui, presso il sepolcro di san Pietro, solennemente si inizia con la protezione della Vergine Madre di Dio nel giorno in cui si celebra la sua divina maternità”.
Parla, e sul piano formale non rimane nulla dello stile “alto” di Pio XII: una sintassi piana, in un latino comprensibilissimo. Esorta i vescovi a che la Chiesa operi un balzo in avanti verso una penetrazione e una formazione di coscienze nuove e al tempo stesso fedelissime all’autentica dottrina. Come? “Preferendo alla severità l’uso della medicina della misericordia”, dimostrandosi “madre amorevole di tutti”.
Improvviso, l’attacco ai profeti di sventura, dai quali Giovanni si dichiara ferito: “Sono coloro che nei tempi moderni non vedono altro che prevaricazione e rovina e rimpiangono i tempi in cui i prìncipi di questo mondo… si proponevano come protettori della Chiesa… secondo gli accorgimenti di una loro politica interessata e pericolosa”. Liquidata l’aspirazione alla restaurazione dello “Stato cattolico”, o quanto meno a un “regime di cristianità”; ci penserà poi l’Aula ad approfondire e a motivare. Rugiada. Tutto un passato in frantumi. Come rugiada in pieno solleone.