Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, anche mons. Domenico Cancian ha preso carta e penna e, utilizzando la forma della lettera aperta – della quale pubblichiamo ampi stralci – esprime al Papa alcuni personali sentimenti, oltre che il “grazie” della Chiesa tifernate. Ricordiamo che proprio Benedetto XVI ha scelto mons. Cancian quale successore di san Florido nella diocesi tifernate.
Principalmente sento di ringraziare il Signore e Lei per la testimonianza umana e cristiana dell’intera sua esistenza, in particolare per gli otto intensi anni di pontificato, in età avanzata, raccogliendo con umile coraggio la straordinaria eredità di Papa Woityla. Mi fermo sulle 20 righe da Lei lette davanti ai cardinali l’11 febbraio 2013, sorprendendo tutto il mondo. Le ho rilette più volte. Ho colto nel contenuto e nello stile un concentrato della sua persona. Anzitutto lo stile: essenziale, lucido, semplice, sereno, coraggioso, profetico. Non una parola in più, senza cadute nella platealità e nel drammatico. Per comunicare la decisione non meno grave di quella da Lei presa quando accettò il ministero petrino: ‘Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza…’
Oggi, Lei sa molto bene, si preferisce far appello in modo troppo soggettivo al ‘mi sento / mi piace’, e non alla coscienza che il Vaticano II definisce come ‘il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria’ e ‘scopre una legge che non è lui a darsi e che costituisce la dignità stessa dell’uomo’. Nella coscienza Dio parla e l’uomo nella fede, pregando a lungo (come Lei ha fatto), ascolta e decide di obbedire a Dio. ‘A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutt’intero liberamente’, vincendo la triplice concupiscenza (l’avere, il potere, il piacere) di cui Lei ci ha parlato nell’udienza generale successiva, il mercoledì delle ceneri, 13 febbraio 2013. E ciò nel bel mezzo dell’Anno della fede, da Lei fortemente voluto come fondamento della vera riforma della Chiesa, di fatto l’ultima parola autorevole del Suo magistero petrino, che il Suo successore sarà chiamato a portare a compimento. Grazie per questa lectio, e soprattutto actio, magistralis con cui da pioniere ha aperto, senza enfasi, una strada che sembrava impervia”.
Il Vescovo ricorda pure le motivazioni a cui il Papa ha fatto riferimento.
Primo. “Le mie forze per l’età avanzata non sono più adatte per esercitare il ministero petrino… il vigore sia del corpo, sia dell’animo negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.
Secondo. “Il mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede” richiede nuove energie, un altro servitore. “Non si può non consentire – prosegue mons. Cancian. – E Lei, che ha sempre amato la verità, anche quella scomoda, ha preso la decisione storica e inedita, sorprendendo tutti. E in tempi rapidi, per amore a Cristo e alla Chiesa. Senza commemorazioni o celebrazioni dal sapore autoreferenziale. Lei che ha visto da vicino la bellezza ma anche la debolezza degli uomini di Chiesa (‘sporcizia’, carrierismo, divisioni, pedofilia), soffrendone non poco, non esprime né risentimento, né amarezza. Anzi, con l’animo mite e gentile che La caratterizza, dice: ‘Vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero e chiedo perdono per tutti i miei difetti’”.
Dopo un accenno al futuro di Papa Ratzinger, dedicato alla preghiera, “la prima attività pastorale”, lo spazio per l’amicizia con Gesù, il cuore della vita cristiana, a cui nulla va anteposto, mons. Cancian conclude scrivendo: “Grazie per la Sua luminosa testimonianza di fede e di amore appassionato alla Chiesa e al mondo. Anche noi, come Chiesa tifernate, vogliamo impegnarci su due fronti: ‘avanzare senza indugi per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità’ e pregare con Lei per la santa Chiesa e per il nuovo Pietro che il Signore vorrà donarci. Che la Pasqua 2013 dell’Anno della fede, nel 50º del Vaticano II, sia per la Chiesa universale e per il mondo una nuova Pentecoste! Come sognavano Papa Giovanni, Papa Luciani, Papa Woityla e Lei, amato Papa Benedetto. Benedetto dal Signore e da tutti noi, ci doni ancora la Sua paterna e apostolica benedizione”.