Nell’udienza generale di mercoledì 30 gennaio, Benedetto XVI ha proseguito la sua catechesi sul Credo in occasione dell’Anno della fede (testo integrale su www.vatican.va). La sua riflessione si è incentrata sulle prime parole della professione di fede: in particolare sulla “fondamentale definizione di Dio che il Credo ci presenta: Egli è Padre”.
“Non è sempre facile oggi – ha sottolineato – parlare di paternità. Soprattutto nel mondo occidentale, le famiglie disgregate, gli impegni di lavoro sempre più assorbenti, le preoccupazioni e spesso la fatica di far quadrare i bilanci familiari, l’invasione distraente dei mass media all’interno del vivere quotidiano sono alcuni tra i molti fattori che possono impedire un sereno e costruttivo rapporto tra padri e figli. La comunicazione si fa a volte difficile, la fiducia viene meno e il rapporto con la figura paterna può diventare problematico; e problematico diventa anche immaginare Dio come un padre, non avendo modelli adeguati di riferimento. Per chi ha fatto esperienza di un padre troppo autoritario ed inflessibile, o indifferente e poco affettuoso, o addirittura assente, non è facile pensare con serenità a Dio come Padre e abbandonarsi a Lui con fiducia”.
“Ma la rivelazione biblica – ha proseguito – aiuta a superare queste difficoltà parlandoci di un Dio che ci mostra che cosa significhi veramente essere padre. Ed è soprattutto il Vangelo che ci rivela questo volto di Dio, come Padre che ama fino al dono del proprio Figlio per la salvezza dell’umanità. Il riferimento alla figura paterna aiuta dunque a comprendere qualcosa dell’amore di Dio, che però rimane infinitamente più grande, più fedele, più totale di quello di qualsiasi uomo”.
“L’amore di Dio Padre – ha quindi aggiunto – non viene mai meno, non si stanca di noi; è amore che dona fino all’estremo, fino al sacrificio del Figlio. La fede ci dona questa certezza, che diventa una roccia sicura nella costruzione della nostra vita: noi possiamo affrontare tutti i momenti di difficoltà e di pericolo, l’esperienza del buio della crisi e del tempo del dolore, sorretti dalla fiducia che Dio non ci lascia soli ed è sempre vicino, per salvarci e portarci alla vita eterna”.
“È nel Signore Gesù – ha detto ancora Benedetto XVI – che si mostra in pienezza il volto benevolo del Padre che è nei cieli. È conoscendo lui che possiamo conoscere anche il Padre (cfr Gv 8,19; 14,7), è vedendo lui che possiamo vedere il Padre, perché egli è nel Padre e il Padre è in lui (cfr Gv 14,9.11)”.
Il Papa ha poi osservato che “la fede in Dio Padre chiede di credere nel Figlio, sotto l’azione dello Spirito, riconoscendo nella croce che salva lo svelarsi definitivo dell’amore divino. Dio ci è Padre dando il suo Figlio per noi. Dio ci è Padre perdonando il nostro peccato e portandoci alla gioia della vita risorta. Dio ci è Padre donandoci lo Spirito che ci rende figli e ci permette di chiamarlo, in verità: ‘Abbà, Padre’ (cfr Rm 8,15). Perciò Gesù, insegnandoci a pregare, ci invita a dire Padre nostro. La paternità di Dio allora è amore infinito, tenerezza che si china su di noi, figli deboli, bisognosi di tutto. Il Salmo 103, il grande canto della misericordia divina, proclama: ‘Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso coloro che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere’ (vv. 13-14)”.
“È proprio la nostra piccolezza – ha concluso -, la nostra debole natura umana, la nostra fragilità che diventa appello alla misericordia del Signore perché manifesti la sua grandezza e tenerezza di Padre aiutandoci, perdonandoci e salvandoci. E Dio risponde al nostro appello inviando il suo Figlio, che muore e risorge per noi. Entra nella nostra fragilità e opera ciò che da solo l’uomo non avrebbe mai potuto operare: prende su di sé il peccato del mondo, come agnello innocente, e ci riapre la strada verso la comunione con Dio, ci rende veri figli di Dio. È lì, nel Mistero pasquale, che si rivela in tutta la sua luminosità il volto definitivo del Padre. Ed è lì, sulla croce gloriosa, che avviene la manifestazione piena della grandezza di Dio come Padre onnipotente”.
Dio e il male
Il Papa pone una domanda: “Come è possibile pensare a un Dio onnipotente guardando alla croce di Cristo, a questo potere del male che arriva fino ad uccidere il Figlio di Dio? Noi vorremmo un’onnipotenza divina secondo i nostri schemi mentali: un Dio ‘onnipotente’ che risolva i problemi… Ma la fede in Dio onnipotente ci spinge a percorrere sentieri ben differenti: imparare a capire che il pensiero di Dio è diverso dal nostro, che le vie di Dio sono diverse dalle nostre (cfr Is 55,8) e anche la Sua onnipotenza è diversa: non si esprime come forza automatica o arbitraria, ma è segnata da una libertà amorosa e paterna. In realtà, Dio creando creature libere, dando libertà, ha rinunciato a una parte del Suo potere lasciando il potere della nostra libertà: così ama e rispetta la risposta libera di amore alla Sua chiamata”.