Dai dati dell’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) risulta che soltanto nel 2011 i giovani tra i 20 ed i 40 anni che hanno lasciato il nostro Paese per cercare di costruirsi altrove un futuro migliore sono stati più di 27.000. È la cosiddetta “fuga dei cervelli”. Persone che hanno studiato e si sono formate in Italia e che adesso mettono le loro braccia ed il loro ingegno a disposizione dell’economia e della società di altre nazioni. Alcuni di loro sono i “migliori”, quelli che non hanno trovato posto nelle università ed in aziende ed enti pubblici perché scavalcati dai soliti raccomandati. Altri sono gli scoraggiati, quelli che magari si sono arresi davanti ai mille cavilli della nostra legislazione e della pubblica amministrazione che hanno impedito loro di realizzare in Italia il sogno di avviare una attività o un progetto.
Gli umbri iscritti all’Aire, di tutte le età, sono 30 mila, di cui quasi la metà donne. In pratica pari al numero degli abitanti di una media città della nostra regione.
A loro adesso è offerta l’opportunità di rientrare in Umbria per avviare una attività autonoma od una impresa con il progetto “Brain back” oggetto di un bando dell’Aur (Agenzia Umbria ricerche). È finanziato dal Fondo sociale europeo e realizzato in collaborazione con il servizio Emigrazione della Regione. Scade il 30 maggio ed è aperto a tutti gli umbri (di origine, nascita, discendenza o residenza) che abbiano trascorso per motivi di studio o di lavoro almeno due anni all’estero e che intendano costituire una attività imprenditoriale con sede legale ed operativa in Umbria. Riceveranno un contributo a fondo peduto per un ammontare massimo di 20.000 euro. Una somma non ingente, ma comunque allettante per favorire il rientro in Umbria di tanti “cervelli in fuga”. Già ci sono molte risposte e molti contatti grazie alla diffusione del bando sui social network ed alla presentazione della iniziativa fatta recentemente nell’incontro “Mee Talents” di Milano. “Molti umbri che lavorano o studiano all’estero – ha detto il direttore di Aur, Anna Ascani – hanno espresso il desiderio di rientrare e fare business nella propria regione. Le idee imprenditoriali che sono state presentate spaziano dal settore scientifico a quelli della ristorazione e di servizi innovativi”. Molti di questi progetti – ha detto ancora il direttore Ascani – riguardano la promozione dell’Umbria e delle sue specificità territoriali “a testimonianza del forte legame che questa mantiene con i suoi emigrati”. L’Aur aveva anche diffuso un questionario per sondare la disponibilità degli emigrati umbri ad avviare attività imprenditoriali nella nostra regione. A compilarlo – ha detto la Ascani – sono stati soprattutto i giovani. L’età media è di 35 anni. Il 41% ha un dottorato e il 34% è laureato. Almeno la metà di quanti hanno risposto al questionario hanno espresso il desiderio di potere tornare in Umbria e la maggior parte di loro vorrebbe poterlo fare entro due anni. “Brain back” potrebbe offrire loro l’occasione.