“Io credo” come Abramo

Catechesi sul Credo. Le udienze di Benedetto XVI per l’Anno della fede
Il viaggio di Abramo” Jozsef Molnar
Il viaggio di Abramo” Jozsef Molnar

A ll’udienza generale di mercoledì (testo integrale su www.vatican.va) Benedetto XVI ha portato avanti il ciclo di catechesi sul Credo in occasione dell’Anno della fede. Dopo le riflessioni sulla fede in generale, offerte nelle settimane precedenti, ora ha cominciato a commentare direttamente, uno per uno, gli articoli del Credo, a cominciare appunto dall’affermazione: “Io credo in Dio”.

“È un’affermazione fondamentale – ha sottolineato il Papa -, apparentemente semplice nella sua essenzialità, ma che apre all’infinito mondo del rapporto con il Signore e con il suo Mistero. Credere in Dio implica adesione a Lui, accoglienza della sua Parola e obbedienza gioiosa alla sua rivelazione. Come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica, ‘la fede è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela’ (n. 166). Poter dire di credere in Dio è dunque insieme un dono (Dio si rivela, ci viene incontro) e un impegno, è grazia divina e responsabilità umana, in un’esperienza di dialogo con Dio che, per amore, ‘parla agli uomini come ad amici’ (Dei Verbum, 2), parla a noi affinché, nella fede e con la fede, possiamo entrare in comunione con Lui”.

Papa Benedetto quindi chiede: “Dove possiamo ascoltare Dio che ci parla? Fondamentale è la sacra Scrittura, in cui la Parola di Dio si fa udibile per noi e alimenta la nostra vita di ‘amici’ di Dio. Tutta la Bibbia racconta il rivelarsi di Dio all’umanità; tutta la Bibbia parla di fede e ci insegna la fede narrando una storia in cui Dio porta avanti il suo progetto di redenzione e si fa vicino a noi uomini, attraverso tante luminose figure di persone che credono in Lui e a Lui si affidano, fino alla pienezza della rivelazione nel Signore Gesù”.

Si è in particolare soffermato su Abramo, “perché – ha detto – è lui la prima grande figura di riferimento per parlare di fede in Dio: Abramo il grande patriarca, modello esemplare, padre di tutti i credenti (cfr Rm 4,11-12)”. La Lettera agli Ebrei (11,8-10) ricorda ai cristiani di ieri e di oggi: “Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (11,8-10).

“Che cosa chiede Dio a questo Patriarca? – sottolinea il Papa. – Gli chiede di partire abbandonando la propria terra per andare verso il paese che gli mostrerà… Come avremmo risposto noi a un invito simile? Si tratta infatti di una partenza al buio, senza sapere dove Dio lo condurrà; è un cammino che chiede un’obbedienza e una fiducia radicali, a cui solo la fede consente di accedere. Ma il buio dell’ignoto (dove deve andare) è rischiarato dalla luce di una promessa; Dio aggiunge al comando una parola rassicurante che apre davanti ad Abramo un futuro di vita in pienezza: ‘Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome… e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra’” (Gen 12,2-3)”.

Benedetto XVI ha sottolineato che “la fede conduce Abramo a percorrere un cammino paradossale. Egli sarà benedetto, ma senza i segni visibili della benedizione: riceve la promessa di diventare grande popolo, ma con una vita segnata dalla sterilità della moglie Sara; viene condotto in una nuova patria, ma vi dovrà vivere come straniero; e l’unico possesso della terra che gli sarà consentito sarà quello di un pezzo di terreno per seppellirvi Sara (cfr Gen 23,1-20). Abramo è benedetto perché, nella fede, sa discernere la benedizione divina andando al di là delle apparenze, confidando nella presenza di Dio anche quando le Sue vie gli appaiono misteriose”.

E ha così concluso la catechesi: “Affermare ‘Io credo in Dio’ ci spinge allora a partire, ad uscire continuamente da noi stessi, proprio come Abramo, per portare nella realtà quotidiana in cui viviamo la certezza che ci viene dalla fede: la certezza, cioè, della presenza di Dio nella storia, anche oggi. Una presenza che porta vita e salvezza, e ci apre ad un futuro con Lui per una pienezza di vita che non conoscerà mai tramonto”.

La benedizione

“La benedizione nella Scrittura – ha commentato il Papa – è collegata primariamente al dono della vita che viene da Dio. La benedizione si manifesta innanzitutto nella fecondità, in una vita che si moltiplica, passando di generazione in generazione. E alla benedizione è collegata anche l’esperienza del possesso di una terra”. Eppure, fa notare Benedetto XVI, “la terra che Dio dona ad Abramo non gli appartiene. Egli è uno straniero e tale resterà sempre, con tutto ciò che questo comporta: non avere mire di possesso, sentire sempre la propria povertà, vedere tutto come dono. Questa è anche la condizione spirituale di chi accetta di seguire Cristo, di chi decide di partire accogliendo la sua chiamata, sotto il segno della sua invisibile ma potente benedizione”.