“Collaboratori della vostra gioia. La passione di educare insieme” è il tema del convegno educatori dell’Azione cattolica ragazzi (Acr) e del settore Giovani che si tiene a Roma dal 14 al 16 dicembre nelle due sedi della “Domus Pacis” (ragazzi) e della “Domus Mariae” (giovani). Sui contenuti del convegno abbiamo intervistato Marco Sposito, vice presidente nazionale per il settore Giovani, e don Dino Pirri, assistente centrale dell’Acr.
Sposito, che rapporto c’è tra educazione e formazione religiosa?
“L’Ac, con i suoi 350 mila aderenti, rappresenta un po’ tutta la ricca e variegata realtà delle diocesi italiane. Gli oltre 1.000 educatori impegnati in tutto il Paese per i giovani e per i ragazzi si ispirano all’insegnamento di Gesù ‘educatore’. La lettura biblico-teologica delle proposte educative è sempre stata fondamentale”.
Cosa offrite ai giovani?
“I ragazzi che si avvicinano all’Ac nell’età adolescenziale vogliono sperimentarsi e mettersi in gioco. L’associazione offre un percorso che propone di vivere da protagonisti all’interno delle parrocchie e nella Chiesa, legato alla vita della propria comunità. Si tratta di una proposta fondata su relazioni sane, su una vita autentica, offrendo momenti di confronto e riflessione su tutti i loro problemi e le tensioni. L’Ac propone ai giovanissimi di essere protagonisti della propria vita, non solo di quella personale ma anche di quella pubblica, ecclesiale e civile”.
Don Pirri, perché il convegno Acr si incentra sulle emozioni?
“Al centro della proposta formativa c’è il protagonismo dei ragazzi, indicato dal progetto catechistico della Cei. Questo ‘protagonismo’ non s’improvvisa, tantomeno s’impara a ‘fare’ il cristiano per poi esserlo ‘da grande’. Quindi le emozioni sono un fattore da conoscere per poterlo armonicamente inserire nello sviluppo del ragazzo. I ragazzi, per l’Ac, non sono solo oggetto di attenzione, ma sono anche soggetti in missione. Il ragazzo di Ac ‘parla’ del Vangelo ai suoi genitori, ai suoi amici, al suo ambiente. C’è sempre un’apertura missionaria nei confronti dei luoghi in cui abitano”.
Avete qualche sistema particolare per invogliare i ragazzi a partecipare?
“Non consideriamo i ragazzi delle ‘scatolette’ da riempire, ma ci mettiamo in ascolto della loro vita e della loro fede. Questo è il modo sostanziale di fare educazione in Ac. Ai genitori offriamo un libricino, Formato famiglia, in cui spieghiamo cosa i loro figli fanno mese per mese. Vorremmo che tutti si sentissero accolti e valorizzati, oltre che accompagnati”.