Come ogni mercoledì, Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale al “Credo”, in concomitanza con l’Anno della fede. In questi primi interventi il Papa sta approfondendo il senso stesso dei termini “credere / fede”. Qui di seguito una sintesi; come sempre, il testo integrale è pubblicato sul sito del Vaticano (www.vatican.va).
“Cari fratelli e sorelle, mercoledì scorso abbiamo riflettuto sul desiderio di Dio che l’essere umano porta nel profondo di se stesso. Oggi vorrei continuare ad approfondire questo aspetto meditando brevemente con voi su alcune vie per arrivare alla conoscenza di Dio.
Vorrei ricordare, però, che l’iniziativa di Dio precede sempre ogni iniziativa dell’uomo e, anche nel cammino verso di Lui, è Lui per primo che ci illumina, ci orienta e ci guida, rispettando sempre la nostra libertà. Ed è sempre Lui che ci fa entrare nella sua intimità, rivelandosi e donandoci la grazia per poter accogliere questa rivelazione nella fede. Non dimentichiamo mai l’esperienza di sant’Agostino: non siamo noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci possiede. Tuttavia ci sono delle vie che possono aprire il cuore dell’uomo alla conoscenza di Dio, ci sono dei segni che conducono verso Dio…
La prima parola: il mondo. Sant’Agostino, che nella sua vita ha cercato lungamente la Verità ed è stato afferrato dalla Verità, ha una bellissima e celebre pagina, in cui afferma così: ‘Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo… Ora queste creature così belle, ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non Uno che è la bellezza in modo immutabile?’ (Sermo 241, 2).
Penso che dobbiamo recuperare e far recuperare all’uomo d’oggi la capacità di contemplare la creazione, la sua bellezza, la sua struttura. Il mondo non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice. Albert Einstein disse che nelle leggi della natura ‘si rivela una ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordinamenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante’ (Il mondo come lo vedo io, Roma 2005)…
La seconda parola: l’uomo. Sempre sant’Agostino, poi, ha una celebre frase in cui dice che Dio è più intimo a me di quanto lo sia io a me stesso (Confessioni III, 6,11). Da qui egli formula l’invito: ‘Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell’uomo interiore abita la verità’ (De vera religione, 39, 72). Questo è un altro aspetto che noi rischiamo di smarrire nel mondo rumoroso e dispersivo in cui viviamo: la capacità di fermarci e di guardare in profondità in noi stessi e leggere quella sete di infinito che portiamo dentro, che ci spinge ad andare oltre e rinvia a Qualcuno che la possa colmare…
La terza parola: la fede. Soprattutto nella realtà del nostro tempo, non dobbiamo dimenticare che una via che conduce alla conoscenza e all’incontro con Dio è la vita della fede. Chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità. Così la sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto, e la sua fede non ha timore di mostrarsi nella vita quotidiana, è aperta al dialogo che esprime profonda amicizia per il cammino di ogni uomo, e sa aprire luci di speranza al bisogno di riscatto, di felicità, di futuro.
La fede, infatti, è incontro con Dio che parla e opera nella storia e che converte la nostra vita quotidiana, trasformando in noi mentalità, giudizi di valore, scelte e azioni concrete. Non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita ed è annuncio del Vangelo, buona notizia capace di liberare tutto l’uomo.
Un cristiano, una comunità che siano operosi e fedeli al progetto di Dio che ci ha amati per primo, costituiscono una via privilegiata per quanti sono nell’indifferenza o nel dubbio circa la Sua esistenza e la Sua azione”.
L’ateismo pratico
“Oggi – ha detto il Papa – non mancano le difficoltà e le prove per la fede, spesso poco compresa, contestata, rifiutata… Nel passato, in Occidente, in una società ritenuta cristiana… il riferimento e l’adesione a Dio erano, per la maggioranza della gente, parte della vita quotidiana. Piuttosto era colui che non credeva a dover giustificare la propria incredulità. Nel nostro mondo, la situazione è cambiata e sempre di più il credente deve essere capace di dare ragione della sua fede”. Oggi in particolare “c’è una forma di ateismo che definiamo ‘pratico’, nel quale non si negano le verità della fede o i riti religiosi, ma semplicemente si ritengono irrilevanti… Alla fine, però, questo modo di vivere risulta ancora più distruttivo, perché porta all’indifferenza verso la fede e verso la questione di Dio”.