Un mazzo di fiori sull’altare

Non me ne va bene una. Sabato 20 ottobre mi sono messo al volante della mia veneranda e bitorzoluta Fiat Panda per andare a deporre, come promesso, un bacio e un mazzo di fiori sulla tomba di don Fortunato (*). “Sono andato”: credevo di essere andato, visto che… Sapendo della mia nota incapacità di distinguere un garofano da un crisantemo, al mazzo di fiori mi ci ha pensato Gianluca. Con quel mazzo di fiori sistemato sul sedile del passeggero e uno gnocco nella gola grosso così, ho raggiunto il cimitero di Casacastalda. L’ho girato tutto e non ho trovato la tomba di don Fortunato. Quando ormai il giro l’avevo completato, ho espresso il mio disappunto ad una signora che stava curando la cappella dei suoi. “Per forza!” ha detto. “I Baldelli la tomba di famiglia ce l’hanno a Valfabbrica”. Già Giomici, dove lui è nato, è in Comune di Valfabbrica. Ancora 8 chilometri, ma era ormai mezzogiorno; e nel cimitero di Valfabbrica non c’era nessuno, ma proprio nessuno. Ho ripreso girare, a lungo, molto a lungo, perché il cimitero di Valfabbrica è molto più grande di quello di Casacastalda. Mancava poco alla una e la tomba di don Fortunato non l’avevo ancora trovata. Allora sono entrato nella piccola e linda chiesa del cimiero e il mio mazzo di fiori l’ho deposto sull’altare. Ma nel corso di quell’interminabile tour, un vero tour de force per le mie gambe perennemente gonfie, ho pensato e pregato molto. Come sono diverse, e come sono identiche, Signore, le vicende di noi uomini su questa terra! Diverse nel tracciato del percorso, identiche nello starter e nel traguardo. Don Fortunato e io siamo partiti lo stesso giorno, il 18 marzo 1961, lui da Assisi, io da Scheggia. E adesso lui ha tagliato quello stesso traguardo che anche io taglierò, con l’aiuto di Dio, tra non molto tempo; lui a Valfabbrica, io di nuovo a Scheggia. Ma il tracciato del suo percorso (Assisi, Roma, Cuba, Egitto, Strasburgo, Angola, São Tomé e Príncipe, Repubblica Dominicana, Perù, Parigi) è stato enormemente più variato del mio: Scheggia, Gubbio, Fabriano, Gubbio. E quello che è accaduto a noi due accade a tutt’e sei i miliardi di fratelli che calpestano il globo terraqueo: nati tutti da carne e da spirito, tornano tutti alla terra, ognuno attraverso un suo percorso, esclusivo, originale. Ma la fede della quale il Figlio di Dio ci ha fatto dono ci dice che noi due, esattamente come tutti gli altri sei miliardi di uomini che camminano sul globo terracqueo, nel nostro personalissimo percorso siamo stati seguiti passo passo da Lui. Per questo s’è incarnato, questo è il compito che la Sua misericordia ha affidato alla Sua onnipotenza. E da quel momento, come dice dom Salvatore Frigerio, non c’è più Dio senza carne, e non c’è più carne senza Dio.

(*) Si riferisce al card. Fortunato Baldelli, deceduto il 20 settembre scorso. (ndr)

 

AUTORE: Angelo Maria Fanucci