Parlerò dei poveri, in questa rubrica. Partendo da due nomi, Guala e Gerardi. Lo farò. Ma mentre è uscita la Tertio Millennio Ineunte e mentre il millennio comincia il Grande giovane vecchio di questa vecchissima giovanissima Chiesa m’ha confermato nel mio proposito. Sentite, al n. 50: “In effetti sono tanti, nel nostro tempo, i bisogni che interpellano la sensibilità cristiana. Il nostro mondo comincia il nuovo millennio carico di contraddizioni di una crescita economica, culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilità, lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo dovuto alla dignità umana. E’ possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? Chi resta condannato all’analfabetismo? Chi manca delle cure mediche più elementari? Chi non ha una casa in cui ripararsi? Lo scenario della povertà può allargarsi indefinibilmente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà….E’ l’ora di una nuova “fantasia della carità”, che si dispieghi non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a “casa loro”… Senza questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza della povertà cristiana, l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in un mare di parole…”. Quando quello che scriverò dovreste sembrarvi – come dire? – un po’ eccessivo, tornate a questo testo. Saremo in buona compagnia, sia voi che io.