Sono molti gli avvenimenti del 2000 meritevoli di attenzione ma il più importante di tutti è stato il Giubileo. I credenti hanno guardato a Cristo, il loro Redentore, e hanno cercato di attualizzare il suo perenne messaggio di salvezza e di vita. Anche i non credenti hanno veduto in Gesù di Nazareth il personaggio più importante della storia umana. La Chiesa ha spalancato le porte ad ogni persona, poiché ognuno ha una missione da compiere. Ha allargato lo sguardo a tutto il mondo per essere segno di benevolenza e di attenzione verso tutti i bisognosi e gli emarginati. Se i primi cristiani scrivevano i loro nomi e le loro preghiere sulla tomba del capo degli apostoli, i cristiani di oggi hanno visitato Roma, le loro cattedrali e i loro santuari per affidarsi a Cristo “via, verità e vita” e per rinnovare la loro appartenenza a quella Chiesa, che è roccia salda, poiché è assistita dallo Spirito santo. Sull’esempio del Figlio di Dio che ha manifestato la sua divinità condividendone le sorti e la precarietà della vita umana, anche la Chiesa, sul solco e sulla metodologia dell’Incarnazione, ha parlato agli uomini di oggi con amore e verità. Essa, infatti, sta nel mondo amandolo, servendolo e scuotendolo, incurante dei sempre nuovi accusatori che ostacolano il suo cammino. Il Giubileo, che sta per finire, ora deve affermarsi come “memoria” e patrimonio prezioso su cui riflettere e operare. “La miglior conclusione del Giubileo è quella di non concluderlo” (mons. A. Comastri). Esso non può dissolversi come un sogno bello ma avulso dalla quotidianità. Il pellegrinaggio continua, poiché occorre portare a compimento il dono che la misericordia di Dio ci ha offerto. Il passaggio dalla Porta santa permane un segno, poiché ha indicato non solo un tratto di vita già compiuto ma anche la volontà di voler percorrere l’intera strada fino alla fine nel nome di Cristo. E’ impressionante il comportamento di Gesù. Dopo un miracolo ordina talvolta il silenzio, per invitare il beneficato a interiorizzare nella riflessione ciò che ha sperimentato nel corpo. Perfino ai tre apostoli del Tabor ordina di non dir nulla della sua Trasfigurazione fino a quando non fosse risorto dai morti. Altre volte chiede un sincero cambiamento di vita: così alla donna colta in adulterio: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11), e all’uomo della piscina: “Sei guarito, non peccare più” (Gv 5,14). Altre volte, infine, chiede di rendere aperta testimonianza di ciò che si è provato: così all’uomo posseduto da spiriti immondi: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato” (Mc 5,19), e a Maria di Magdala: “Va’ dai miei fratelli e di’ loro: io salgo al Padre e al Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Gv 20,17). Sono questi gli atteggiamenti con cui siamo chiamati a sviluppare il Giubileo. Si dice che il tempo si è fatto “breve”. E’ vero per chi, seguendo alcune effimere tendenze del nostro tempo, conoscere solo il presente e vive per carpire le cose che passano. Chi invece ha ideali forti e cresce ogni giorno nel desiderio di poterli realizzare, sa che il tempo è prezioso, proteso al futuro, unico e irripetibile. E’ questo l’augurio che formulo per il santo Natale e per l’inizio del nuovo millennio alle diocesi dell’Umbria e agli abitanti di questa Regione. Ci attendono ancora non poche cose da fare insieme, con coraggio e fiducia.
L’augurio natalizio agli abitanti dell’Umbria
Natale di fine Giubileo
AUTORE:
Sergio Goretti