Conto alla rovescia per Terni

La Provincia di Terni o cresce o scompare. Per salvarla serve un “riequlibrio territoriale”: un percorso difficile e pieno di ostacoli mentre i tempi stringono
Palazzo della Provincia di Perugia

“Riequilibrio territoriale”: dovrebbe essere questa la formula magica per salvare la Provincia di Terni. Significa che i confini di quella di Perugia dovrebbero restringersi… ma quali sono i Comuni i cui abitanti sono disposti ad entrare a fare parte della Provincia di Terni? E con quali strumenti giuridici e costituzionali può attuarsi questa trasformazione? E ci sono i tempi, visto che il governo Monti, ufficialmente con altri sei mesi di vita, ha fissato un calendario che dovrebbe portare già all’inizio del prossimo anno al taglio delle Province dalle attuali 110 a sole 43? I politici umbri, con schieramento bipartisan, sembrano sostanzialmente d’accordo in linea di principio sulla necessità di salvare la Provincia di Terni per evitare una sola “Provincia-Regione”, ma poi si dividono sulle modalità, anche sulla base dei loro interessi elettorali territoriali. Una prima risposta dovrebbe arrivare all’inizio di ottobre quando il Consiglio delle autonomie locali (Cal) dovrà formulare la sua proposta alla Regione, che a sua volta dovrà trasmetterla al Governo. L’ipotesi prevalente di questo “riequilibrio territoriale”, stando almeno alle dichiarazioni ufficiali ed ufficiose, è quella di un ingresso dei Comuni dell’area di Foligno, Spoleto e della Valnerina nella Provincia di Terni. Secondo la stessa mappa che si sta disegnando (anche in questo caso, tra polemiche e contrasti all’interno dei diversi schieramenti politici) per il riordino della sanità umbra: due sole Aziende ospedaliere e due sole Asl, una delle quali vedrebbe insieme i Comuni dell’area ternana con quelli della Valnerina, Spoleto e Foligno.

Palazzo della Provincia di Terni

Il governo Monti, vista l’impossibiltà di abolire tutte le Province per le resistenze più o meno nascoste di quegli stessi partiti che nei loro programmi elettorali ne chiedevano la cancellazione, nel luglio scorso ha fissato una serie di parametri per la loro sopravvivenza: 350.000 abitanti ed una superficie di 2.500 chilometri quadrati. A quella di Terni mancano 116 mila abitanti e 378 chilometri di superficie. Quindi, se la Provincia di Terni non si allarga è destinata a scomparire. In Umbria ci sarebbe quindi una sola Provincia-Regione ed a Terni sarebbero cancellati anche gli uffici periferici dello Stato, a cominciare dalla prefettura e dalla questura. Una situazione che sembra destinata a creare una serie di problemi ai cittadini, ma anche per l’architettura istituzionale ed il funzionamento di enti come la Regione e la Provincia unica che, seppure con compiti diversi, sembrano un burocratico doppione. Lo ha sottolineato l’assemblea dell’Upi (Unione province italiane) Umbria in un ordine del giorno che chiede che “vengano mantenute in Umbria le due Province di Perugia e di Terni, evitando l’anomalia istituzionale, di dubbio profilo costituzionale, di un territorio provinciale coincidente con quello dell’intera regione e con l’inevitabile sovrapposizione di ruoli e di compiti operativi”. Intanto il Cal umbro, presieduto dal sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, dovrà formalizzare entro il 2 ottobre la sua proposta di riordino delle Province umbre. La Regione dovrà poi trasmetterla entro il 15 ottobre al Governo che a sua volta dovrebbe decidere entro la fine del mese prossimo.

Foligno e Spoleto, si parlava di 3a provincia

I territori che dovrebbero passare dalla Provincia di Perugia a quella di Terni sono gli stessi del progetto a suo tempo ventilato della “terza provincia umbra Foligno-Spoleto”. Un progetto abbastanza vago, per il quale però dagli anni Novanta si erano battuti tanti politici umbri, senza però mai convincere del tutto gli abitanti delle due città, divisi da storiche rivalità campanilistiche: quale il nome della terza Provincia e, soprattutto, quale il capoluogo? Un progetto per il quale era stato costituito anche un Comitato Foligno Provincia – il cui presidente era l’allora segretario regionale dell’Italia dei valori -, formalmente rimasto in vita fino ad almeno il 2009 con la raccolta via internet di adesioni e proposte. Tante dichiarazioni e pochi fatti.

Ipotesi e contro-ipotesi sul futuro delle Province

Carlo Deodato

Sono tanti gli ostacoli per l’allargamento della Provincia di Terni fino a Foligno, a cominciare dalla nota interpretativa del Governo secondo cui non si possono modificare le circoscrizioni provinciali già esistenti. Vedi le dichiarazioni di Carlo Deodato, capo dipartimento Riforme istituzionali della Presidenza del consiglio: “I requisiti per la sopravvivenza di una Provincia – aveva spiegato al Giornale dell’Umbria – devono essere verificati alla data della deliberazione del Consiglio dei ministri, il 20 luglio scorso, e lo spostamento dei Comuni non incide sul raggiungimento dei limiti. La situazione è bloccata, a meno che non si introducano deroghe successive”.

Ostacoli giuridici dunque, ma anche perplessità o addirittura bocciatura netta della proposta anche da parte dei sindaci dei 22 Comuni interessati, come quello di Cascia Gino Emili che ha dichiarato ai giornalisti: “Non capiamo le motivazioni secondo cui la nostra città dovrebbe passare sotto Terni, mentre ci sono molte ragioni storiche e politiche per restare con Perugia”. Anche il Consiglio comunale di Spello ha approvato una delibera nella quale si afferma che “il Comune conferma la volontà di appartenere alla Provincia di Perugia”. I sindaci di Spoleto, Daniele Benedetti, e di Foligno, Nando Mismetti, chiedono consultazioni ampie e fanno intuire che molto dipenderà anche dalla definizione della riforma della sanità.

Il tutto mentre ad Arezzo, Rieti e Viterbo c’è chi propone l’annessione all’Umbria, mentre nella nostra regione c’è chi propone il contrario, come il comitato promotore del referendum “Terni con Perugia o con Roma”, o come il consigliere regionale della Lega nord Gianluca Cirignoni che vorrebbe Città di Castello nella provincia di Arezzo.

Si sta dunque giocando una sorta di partita a scacchi per questa riforma, non solo in Umbria, tra la sostanziale indifferenza della gente, abituata a dibattiti e polemiche che il più delle volte non approdano a niente. Ci sono, tra l’altro, anche i ricorsi già depositati al Tar del Lazio da numerose Province destinate a sparire (Matera, Lodi, Rovigo, Sondrio, Lecco ed altre) nei quali si sostiene la “incostituzionalità e insussistenza delle motivazioni di necessità ed urgenza” del discusso provvedimento del Governo. Con il rischio che alla fine tutto resti come prima.

AUTORE: Enzo Ferrini