Appena la cellula uovo della donna viene fecondata dallo spermatozoo dell’uomo, inizia un processo biologico che si fermerà definitivamente solo con la morte. Da quel primo istante, infatti, si innesca un processo vitale che darà origine ad un individuo assolutamente unico che conoscerà le molte fasi della vita: da embrione a feto a neonato, a bambino, adolescente, giovane, adulto, anziano, vecchio … sempreché non intervengano eventi naturali o provocati dall’uomo, ad interromperlo.
Da alcuni decenni, però, la tecnica consente di bloccare, o meglio di sospendere, il processo della natura con la crioconservazione degli embrioni e questo, unito alla tecnica della “fecondazione in vitro” ha portato in tutto il mondo a produrre e ‘stoccare’ centinaia di migliaia di embrioni congelati.
In questi giorni il Ministro della Salute ha presentato al Parlamento la relazione annuale sullo Stato di attuazione della legge 40 che dal 2004 regolamenta la Procreazione Medicalmente Assistita. Una relazione, commenta Angelo Francesco Filardo, ginecologo e membro dell’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici (Aigoc), che “continua a trascurare la strage dei concepiti prodotta dalle tecniche di fecondazione in vitro ed aggravata dalla sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale, che ha tolto il limite massimo dei tre embrioni da produrre ed impiantare in un unico e contemporaneo impianto ed ha introdotto una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art. 14 della stessa legge”.
Filardo cita i dati della relazione dai quali “risulta evidente che solo 10.036 dei 103.526 embrioni trasferiti in utero ha avuto la possibilità di vedere la luce del sole” e ciò significa che “93.490 embrioni, cioè il 90,3% degli embrioni trasferiti in utero, cui bisogna aggiungere 2.106 embrioni (circa il 24% degli embrioni scongelati) morti durante lo scongelamento, è stato sacrificato consapevolmente e volontariamente per poter ottenere la nascita dei 10.036 fratellini nati vivi”. Ma il numero, avverte Filardo citando i dati della relazione, “diventa ancora maggiore ove si tenga conto che gli ovociti a fresco fecondati sono stati 139.173 e non 113.019”.
Nella nostra regione, prosegue Filardo, nei due centri, uno pubblico ed uno privato, “hanno fatto ricorso alla fecondazione in vitro 332 coppie per un totale di 417 cicli e 321 trasferimenti di embrioni. Sono stati formati 745 embrioni dei quali 682 trasferiti in utero e 63 crioconservati.
“Otto anni di applicazione della legge 40 sono più che sufficienti – afferma Filardo – per capire come arginare con le linee guida ministeriali gli abusi”. A cominciare dall’inserimento di criteri oggettivi (copie cartelle cliniche, referti di esami di laboratorio, strumentali, ecografiche, …) che provino il rispetto della legge laddove stabilisce che “il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità”.
Tra le osservazioni del dottor Filardo anche la proposta di attuare una “prevenzione primaria dell’infertilità di coppia con provvedimenti che favoriscano l’accesso al lavoro dei giovani e la non penalizzazione delle donne lavoratrici in gravidanza” (leggi il suo intervento).
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