“Globalizzare” è parola di nuovo conio, di cui per un certo verso andiamo fieri, pensando ormai ad un mondo diventato un villaggio globale – anche a scapito della specificità dei diversi ambienti, generando alla lunga una uniformità che non potrà essere che noiosa. Prendiamo atto che il mondo si va ormai unificando nel segno del commercio, e purtroppo del profitto. Dico “purtroppo” perché il profitto è di pochi, non di tutti: le lobby, le grandi banche, le multinazionali, taluni colossali operatori finanziari, ed anche le mafie di varia estrazione. Lo hanno denunciato con chiarezza operatori del mestiere, come Greg Smith (vale la pena ricordarlo), direttore esecutivo della grande banca d’affari Goldman Sachs, che ha parlato sul New York Times di “ambiente tossico e distruttivo, dove l’etica viene abbandonata e i profitti continuano ad essere al di sopra di tutto, anche degli interessi dei clienti” (cfr. Osservatore Romano del 16 marzo 2012). Gli effetti si vedono, e se non si pone un qualche rimedio a livello politico anche mondiale, saranno distruttivi per tutti. I cristiani sono un po’ smemorati, ma queste cose sono state già dette dai Papi. Benedetto XVI, ad esempio, dopo i suoi predecessori, ne ha parlato all’Assemblea delle Nazioni Unite nella visita del 18 aprile 2008, ed ha ripreso il discorso nella Caritas in veritate del 2009 al n. 65, parlando espressamente della finanza, i cui operatori devono “riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività, per non abusare di quegli strumenti sofisticati che possono servire per tradire i risparmiatori”. E per questo esorta ad attivare la “cooperazione di credito”, ed auspica “un grado superiore di ordinamento internazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione, dando finalmente attuazione ad un ordine sociale conforme all’ordine morale”. Ovviamente queste ragionevoli osservazioni non possono piacere in certi ambienti; anzi ne possono nascere, perché no?, anche rappresaglie. L’argomento è stato ripreso ed ampiamente sviluppato in una recente lunga Nota del Pontificio consiglio della giustizia e dellla pace: “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”. In tale Nota, predisposta “a fronte dell’attuale crisi economica e finanziaria, che ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala”, ricordando anche gli insegnamenti dei Papi precedenti, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, si parla chiaramente dell’etica della solidarietà, “con decisioni assunte nell’interesse di tutti, non solo a vantaggio di alcuni gruppi, siano essi formati da lobby private o da Governi nazionali”. Sono parole non equivoche. In ogni caso, nelle attuali situazioni, a noi è chiesto di globalizzare la solidarietà, auspicando che l’economia reale torni ad essere strumento produttivo di sviluppo per dare speranza e coraggio ai più, chiamati a far da diga contro questo imbarbarimento non solo della globalizzazione, ma soprattutto dell’umanità di tutti noi.
Globalizzare la solidarietà
AUTORE:
Giuseppe Chiaretti, Arcivescovo emerito di Perugia - Città della Pieve