I tentacoli della mafia si allungano anche sulla nostra regione, e ne sono un indice i beni confiscati e sequestrati. Negli ultimi anni sono stati decine: a Bastia, Foligno, Terni, Narni, Acquasparta, Amelia, Perugia. “Si va dagli appartamenti, agli esercizi commerciali, alle sale da gioco – racconta Walter Cardinali, referente del coordinamento regionale dell’Umbria di Libera “Renata Fonte”. – Poi ci sono le operazioni delle forze dell’ordine che hanno portato alla confisca di terreni agricoli: uno a Pietralunga, a danno di una famiglia dei Di Stefano, appartenente alla ’ndrangheta calabrese, e l’altra a Panicale avvenute pochi anni fa. Senza contare i vari maxi-sequestri di droga avvenuti di recente nel capoluogo e non solo. Sin dal 2005, anno della fondazione ufficiale di Libera Umbria – prosegue -, avevamo avuto segnali che le mafie avevano interessi nella nostra regione. Sappiamo come si muovono e che si spostano dove ci sono interessi economici a cui attaccarsi, e soprattutto vanno a occupare sempre più territori tranquilli, dove c’è una popolazione meno avvertita. All’inizio la situazione sembrava meno pesante. Oggi ci siamo resi conto che non è proprio così. Comunque lo stato di allerta delle istituzioni è alto, così come quello della società civile e delle associazioni”. Quali sono i settori privilegiati dalle mafie? “Commercio, locali notturni, il riciclaggio dei rifiuti, la droga, la tratta della prostituzione. A Perugia si sono divisi la città in zone. Dalla mafia albanese a quella italiana ed extra-europea: lo dicono gli atti. A volte fanno affari insieme, ma ci sono anche legami internazionali. Per questo, due anni fa abbiamo raccolto decine di firme perché la Regione costituisse una Commissione anti mafia, oggi diretta da Paolo Brutti, che poi si è dotata di un Osservatorio regionale sulla criminalità organizzata.
Al momento, però, a me sembra che queste stesse istituzioni abbiano bisogno di continue sollecitazioni perché tale Commissione si riempia di contenuti e che alle parole seguano i fatti. C’è un rapporto di estrema collaborazione con la prefettura, la questura e le forze dell’ordine. Noi proviamo a stare attenti, soprattutto con la gente nei quartieri. Ognuno però fa il suo lavoro. Noi abbiamo la funzione di stimolo, di informazione e di sollecitazione”. Quali sono le attività di Libera Umbria? “Quella più importante è sicuramente la formazione dei giovani. Sono anni che programmiamo incontri nelle scuole superiori, al centro congressi Capitini di Perugia, con progetti che sensibilizzano i giovani alla legalità e all’antimafia sociale.
Progetti svolti con i ragazzi dal nostro Presidio scuola, un coordinamento composto da 35 insegnanti e dedicato a Giuseppe Rechichi, preside del liceo di Polistena, in provincia di Reggio Calabria, ucciso venti anni fa dalla ’ndrangheta. Di questo presidio fanno parte 15 scuole, ognuna delle quali lavora su un argomento che viene proposto e discusso durante uno di questi incontri. Anche con l’Università sono stati attivati dei corsi di legislazione antimafia nella facoltà di Giurisprudenza e di Scienze politiche”. C’è poi il settore di Libera Terra. “Si tratta di un consorzio di cooperative che producono prodotti biologici nelle terre confiscate alla mafia. Vini, pasta, legumi, olio, agrumi, conserve: sono solo alcuni dei prodotti che vengono dalle cooperative in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. I
l nostro compito è quello di far conoscere quello che fanno”. Infine la Fondazione Libera informazione… “La Fondazione nasce nel settembre 2007 con l’obiettivo di mettere in rete le informazioni sulle diverse realtà territoriali che si battono contro le mafie e il grande mondo dell’informazione nazionale: a novembre Libera Umbria ha pubblicato un dossier Umbria a cura di Norma Ferrara, Il covo freddo. Mafia e antimafia in Umbria, (che è possibile scaricare dal sito dell’associazione) nel quale è raccolto tutto ciò che è successo in Umbria in tema di mafia e antimafia nel triennio 2008-2011”.