40 anni di Caritas

Eventi e riflessioni per celebrare l’anniversario di nascita della Caritas italiana

Quaranta anni di vita con i poveri, da quel 2 luglio 1971 che s6ancì, con decreto del cardinale Antonio Poma, allora presidente della Cei, la nascita di Caritas italiana. Le celebrazioni per la nascita dell’organismo pastorale hanno avuto ufficialmente inizio sabato 2 luglio con una conferenza stampa nella sede di Caritas italiana. “Vogliamo celebrare il 40° di Caritas italiana – ha detto il direttore, mons. Vittorio Nozza – all’interno di un percorso tra memoria, fedeltà e profezia, che ha coinvolto le 220 Caritas diocesane e le migliaia di Caritas parrocchiali presenti in Italia. Ci metteremo in ascolto di ‘voci altre’ per evidenziare come è stato colto l’essere e l’agire della Caritas in questi 40 anni e cosa ci suggeriscono per rilanciare e rafforzare i cammini futuri”. La Caritas, ha proseguito mons. Nozza, è impegnata a sviluppare le sue “tre grandi vocazioni: la promozione di una cultura evangelica della carità; l’inserimento della dimensione caritativa nella pastorale organica della Chiesa locale; l’educazione comunitaria secondo il metodo della pedagogia dei fatti”. Per mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, sul termine “carità” in quanto virtù cristiana c’è, a volte, “un fatale fraintendimento: o viene ridotta ad elemosina o viene taciuta preferendo termini come solidarietà o altruismo. Il profilo specifico della carità – ha sottolineato – è l’indipendenza da ideologie e partiti, perché non ha la mira di cambiare il mondo, è fuori da ogni logica funzionale e non può essere mezzo di proselitismo”. La Caritas, ha affermato poi Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica del Sacro Cuore, “in questi 40 anni ha saputo rinnovarsi ascoltando il mondo e la voce che la fonda”. Il marchio Caritas, ad esempio, “è riconoscibile, affidabile ed autorevole anche tra i non credenti e i fedeli di altre religioni”. La Caritas, inoltre, “ha un ruolo di interfaccia tra le persone fragili, le istituzioni e i media, ha una vocazione ‘parresiastica’, perché denuncia e rende visibile ciò che non è notiziabile, come le nuove povertà, i conflitti dimenticati, le morti silenziose”. “Viene percepita dall’opinione pubblica – ha proseguito Giaccardi – come una realtà di frontiera, un luogo in cui è possibile essere ascoltati, a cui si può fare donazioni con fiducia e larghezza perché i suoi interventi sono efficaci”. Però, ha puntualizzato, “anche se il logo Caritas è fortemente riconoscibile, non tutti lo collegano alla Chiesa cattolica”. La sociologa ha infatti citato una ricerca a livello locale, secondo la quale il 90% dei giovani sa cos’è la Caritas ma il 23% non sa che è un’organizzazione cattolica. Stefano Trasatti, direttore dell’agenzia Redattore sociale, ha analizzato le possibilità della Caritas di ridefinire l’agenda mediale. “È molto difficile – ha osservato –. Non sono molto ottimista sulla capacità della comunicazione attuale di farsi cambiare da una testimonianza come quella della Caritas. Comunque bisogna agire con molta forza per abbattere i forti schemi della comunicazione di oggi”. Secondo Trasatti, la Caritas “è l’immagine percepita della Chiesa e una grande risorsa per la società e la Chiesa: perché è l’unica rete capillare ancora basata sulla gratuità; perché incontra tutti, dalle persone disperate ai dirigenti; perché lavora su tutti i territori, intensificando la sua azione nei territori difficili e nelle periferie”. Nella generale “crisi di ricambio del volontariato”, ha osservato Trasatti, “solo la Caritas è ancora in grado di attrarre giovani: 2.500 nuovi volontari a Milano lo scorso anno, 600 giovani in una sola giornata a Fermo”. A livello mediatico la Caritas prova “a far emergere ciò che non emerge: le ingiustizie di una crisi economica che colpisce solo i poverissimi, l’erosione del risparmio, tutte notizie tristi e difficili che faticano a passare sui grandi media, dove le notizie che contano sono solo in funzione dei poteri forti”. In una comunicazione viziata da “mediocrità, con una bulimia di rumore informativo sempre più virtuale, le Caritas rappresentano un tesoretto, una miniera di notizie da sfruttare, perché sono un’antenna vera della Chiesa per capire la realtà e cogliere i cambiamenti”.