Il 17 ottobre ricorreva il centesimo anniversario di nascita di Papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani (1912-1978), passato alla storia più per la brevità del pontificato che per la santità della sua vita. Per curiosità, le Poste italiane hanno emesso per l’occasione un francobollo che lo ritrae, del valore di 60 centesimi.
Albino Luciani nacque nel 1912 a Forno di Canale, un villaggio sulle montagne del Bellunese, da una famiglia poverissima. Suo padre, socialista anticlericale, era operaio, stagionale come molti compaesani, anche all’estero, fino a trovare un impiego nelle vetrerie di Murano. Sua madre invece, assai devota, fece presto sorgere in Albino la vocazione sacerdotale. Ordinato sacerdote il 7 luglio 1935, mostrò da subito una grande dedizione alla cura d’anime non disgiunta da una profondissima cultura, tanto da essere chiamato a insegnare al Seminario di Belluno, fino a divenirne vice rettore nel 1937.
Eletto vescovo di Vittorio Veneto nel 1958 dal beato Giovanni XXIII, sceglierà come motto episcopale una sola parola Umilitas: la sintesi di tutta la sua vita. Da Paolo VI il 5 marzo 1973 ricevette il cappello cardinalizio. Quando arrivò nella città di san Marco, il 2 febbraio 1970, rinunciando all’ingresso trionfale in cappa magna sulla gondola reale, fece un vero repulisti di monsignori e curiali mandandoli a fare i parroci in provincia.
Alla morte di Paolo VI, il card. Luciani si prepara nella preghiera a prendere parte al Conclave, senza minimamente pensare alla possibilità d’essere eletto, come dirà lui stesso nel primo di quei quattro memorabili Angelus.
Pur essendo, dunque, praticamente sconosciuto all’estero venne eletto nel terzo scrutinio del primo giorno di Conclave, il 26 agosto del 1978 – festa della Madonna di Czestochowa -, quando era ormai chiara la volontà della maggioranza dei cardinali di volere un Papa dallo stile completamente nuovo rispetto a Paolo VI, senza relazioni con l’ambiente della Curia.
Giovanni Paolo I diventa subito il “Papa del sorriso”. Il suo confessarsi candidamente davanti al popolo, quel parlare con rispetto dei due immediati predecessori, per onorare i quali sceglie appunto il doppio nome – una novità assoluta – dicendo di non avere, lui, “né la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la cultura di Papa Paolo”, ma di essere soltanto “al loro posto”, manda in visibilio la gente: da tanto, troppo tempo non si vedeva più tanta gente a San Pietro.
Da sempre insofferente della pompa e, veramente umile, non vuol sentire parlare di incoronazione: il 3 settembre, sulla piazza di San Pietro celebra solennemente la “messa di inizio di pontificato”, sedendo su un trono bianco, senza insegne e senza guardia nobile. Unico tocco in quei paramenti, la mitra gemmata, appartenuta a Pio XII, che il cerimoniere con lenta solennità gli pone sul capo.
Giovanni Paolo I non vuole essere il “sovrano pontefice” dinanzi al quale si cade in ginocchio: non ne ha l’aura e lo sa bene. Albino Luciani vuole essere solo un padre, anzi un parroco, e così, riprendendo il suo Catechismo in briciole, una volta chiama un chierichetto ad assisterlo al trono, un’altra recita una poesia di Trilussa, sulla fede, in dialetto romanesco-veneto.
E c’è anche qui chi considera troppo spicciola la sua teologia e non ravvisando in lui nulla del grandissimo spessore dottrinale di Papa Montini, lo bolla irriguardosamente definendolo “Don Camillo in Vaticano”. Ma Giovanni Paolo I perdona, sorride e… non se ne cura.
È costretto a ripristinare la sedia gestatoria, abolita letteralmente qualche ora prima, per poter essere visibile da tutti, e quasi arrossisce sentendosi innalzare dai suoi sediari.
Con semplicità, infine una sera è ritornato alla casa del Padre. Papa Albino Luciani ha guidato per 33 giorni la chiesa di Cristo, con la velocità di una meteora e con la freschezza di un fiore che sboccia. In punta di piedi è salito in trono, in punta di piedi è disceso nel sepolcro.