{"id":9799,"date":"2011-11-25T00:00:00","date_gmt":"2011-11-25T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9799"},"modified":"2023-12-01T19:08:49","modified_gmt":"2023-12-01T17:08:49","slug":"padre-nostro-squarcia-i-cieli","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/padre-nostro-squarcia-i-cieli\/","title":{"rendered":"Padre nostro, squarcia i cieli!"},"content":{"rendered":"

Con questa domenica, la prima di Avvento, inizia un nuovo anno liturgico, ossia il calendario delle liturgie cattoliche, in cui ci sar\u00e0 dato di ripercorrere sacramentalmente la vicenda storica della nostra salvezza. Esso inizia appunto con l\u2019Avvento, continuer\u00e0 con il tempo di Natale, poi verr\u00e0 l\u2019Epifania, la Quaresima, il tempo di Pasqua, quello di Pentecoste (27 maggio), e si andr\u00e0 a concludere all\u2019inizio di dicembre del 2012. La liturgia invita, in modi sempre nuovi, ad alzare gli occhi per scrutare l\u2019orizzonte, in attesa del Signore che viene.<\/p>\n

L\u2019invito si accentua particolarmente in Avvento. Se potessimo domandare alle prime generazioni cristiane: chi pu\u00f2 essere considerato cristiano? Ci risponderebbero: chi accoglie Ges\u00f9 Cristo come l\u2019unico Salvatore della propria vita e ne attende il ritorno glorioso; anzi lo affretta, pregando insieme ai fratelli Maranatha, vieni, Signore! Lo testimonia anche san Paolo nella seconda lettura, quando benedice Dio, perch\u00e9 la comunit\u00e0 dei Corinzi aspetta la manifestazione del Signore nostro Ges\u00f9 Cristo (1 Cor<\/em> 1,7).<\/p>\n

Con il passare del tempo la dimensione del Dio che viene si \u00e8 andata affievolendo, nella percezione popolare, a favore dell\u2019immagine di un Dio statico: l\u2019aristotelico Motore immobile. Non cos\u00ec la liturgia, che oggi si apre con il grido straziante di un popolo che da lungo tempo attende un Liberatore: \u201cSe tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti\u201d (Is<\/em> 64,1). \u00c8 l\u2019immagine antropomorfica di Dio che, pur di scendere in mezzo al suo popolo, non teme di lacerare quel capolavoro che \u00e8 il tessuto della volta celeste. Siamo in una delle pagine pi\u00f9 potenti del libro del profeta Isaia; brano poetico, di grande impatto emotivo; la forza dell\u2019invocazione, la confessione dei peccati, il rimprovero a Dio incurante delle loro sofferenze, si fondono in slanci lirici ineguagliati.<\/p>\n

Vale la pena fermarci brevemente ad ascoltarla. Appare improvviso un coro di penitenti che professa la propria fede, gridando a Dio: \u201cTu sei nostro Padre\u2026 nostro Redentore\u201d (Is<\/em> 63,16). \u00c8 raro che nell\u2019Antico Testamento ci si rivolga a Dio direttamente chiamandolo Padre. Qui il coro dei penitenti lo fa, perch\u00e9 fra poco oser\u00e0 rivolgergli un rimprovero: \u201cPerch\u00e9 ci lasci vagare lontano dalle tue vie?\u201d. Con un padre si pu\u00f2; con un padrone non si pu\u00f2. Poi esplode l\u2019invocazione appassionata: \u201cRitorna, per amore dei tuoi servi!\u201d. Al culmine dell\u2019esperienza di una solitudine impotente, ecco il grido centrale: \u201cSe tu squarciassi\u2026\u201d.<\/p>\n

Eppure la memoria storica \u2013 continua il coro \u2013 attesta che Dio ha compiuto meraviglie nei tempi passati; al tempo dei nostri padri, non si sent\u00ec mai dire che qualcun altro abbia fatto tanto per loro. \u201cTu vai incontro a quelli che praticano la giustizia\u201d. Segue il riconoscimento sincero delle proprie colpe: a causa dei loro peccati Egli ha nascosto il volto. \u201cTu sei adirato perch\u00e9\u2026 siamo stati ribelli\u2026 come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia\u2026 nessuno invocava il tuo nome\u2026 ci avevi messo in balia delle nostre iniquit\u00e0, che ci hanno portato via come foglie secche nel turbine del vento\u201d. Pensate: il peccato sperimentato come forza maligna che ci logora dentro e ci rende aridi, morti come foglie senza pi\u00f9 vita. La conclusione riprende l\u2019invocazione dell\u2019inizio: \u201cMa, tu Signore, sei nostro Padre\u201d; parole che esprimono fiducia, dopo la confessione dei peccati. Nell\u2019afflizione si rivolgono al Padre sotto il peso delle colpe. E per spingerlo a commuoversi per la loro situazione, gli ricordano che sono suoi figli, sue creature: \u201cNoi siamo argilla e tu colui che ci plasma\u201d (Is<\/em> 64,7).<\/p>\n

L\u2019assemblea liturgica fa eco a Isaia, cantando: \u201cTu, Pastore di Israele, ascolta\u2026 risveglia la tua potenza e vieni a salvarci (Sal<\/em> 79,1). Ges\u00f9, atteso nel prossimo Natale, \u00e8 il compimento della profezia: squarcer\u00e0 i cieli ed entrer\u00e0 nel grembo della Vergine Maria. La lettura evangelica riprende il motivo della vigilanza delle scorse domeniche. L\u2019evangelista per\u00f2 non \u00e8 pi\u00f9 Matteo, ma Marco, che ascolteremo durante l\u2019intero anno liturgico. Il brano di oggi si trova alla fine di quello che gli studiosi chiamano \u201cdiscorso escatologico\u201d, cio\u00e8 che tratta delle cose ultime (Mc<\/em> 13).<\/p>\n

Il capitolo inizia significativamente con l\u2019intervento di un discepolo che invita Ges\u00f9 ad ammirare la stupenda architettura del tempio di Gerusalemme, considerato una delle meraviglie del mondo antico. Per tutta risposta Egli ne preannuncia la distruzione totale: \u201cNon rester\u00e0 pietra su pietra\u201d (Mc<\/em> 13,2). Cosa che avverr\u00e0 qualche decennio pi\u00f9 tardi \u2013 nel 70 d.C. \u2013 ad opera dei Romani. I cristiani vi vedranno l\u2019intervento di Dio, che decide la fine di un\u2019\u00e8ra. Nel frattempo \u00e8 necessario essere vigili e operosi; nessuno infatti sa nulla di quando sar\u00e0 la venuta decisiva del Signore, tranne che sar\u00e0 improvvisa.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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