{"id":9776,"date":"2011-11-11T00:00:00","date_gmt":"2011-11-11T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9776"},"modified":"2021-03-26T16:52:02","modified_gmt":"2021-03-26T14:52:02","slug":"per-salvarsi-lue-deve-cambiare","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/per-salvarsi-lue-deve-cambiare\/","title":{"rendered":"Per salvarsi, l\u2019Ue deve cambiare"},"content":{"rendered":"

Negli ultimi tre anni, corrispondenti alla fase acuta della crisi economica mondiale, sono stati coniati nell\u2019Unione europea innumerevoli vocaboli, corrispondenti ad altrettante iniziative e contromisure atte a fronteggiare la recessione, a salvaguardare i bilanci statali, le imprese, i risparmi, a fornire risposte alla tragica situazione occupazionale. Si fa persino fatica ad orientarsi in questo \u201cvocabolario della crisi\u201d, che va dal Patto euro plus al Semestre europeo, dallo European Financial Stability Facility ad Europa 2020, dalla Procedura per gli squilibri eccessivi ai Programmi nazionali di riforma, passando ancora dal Patto di stabilit\u00e0, dagli stress test sulle banche oppure dall\u2019Analisi annuale della crescita. Qualche tempo fa, la Commissione Ue, nel tentativo di fornire un codice interpretativo di tale vocabolario, ha prodotto un ampio documento (a sua volta da decifrare), che ad esempio alla voce Europa 2020 spiegava trattarsi di un piano per andare oltre la fase recessiva, stimolando \u201cla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva\u201d nel prossimo decennio. Europa 2020 \u201c\u00e8 basata \u2013 si legge nello stesso testo \u2013 su un meccanismo semplice ed efficace\u201d. Sulla sua efficacia occorrer\u00e0 vigilare, mentre sulla semplicit\u00e0 \u00e8 lecito qualche dubbio, dato che tale strategia si fonda fra l\u2019altro su 5 \u201cobiettivi prioritari\u201d, 7 \u201ciniziative di punta\u201d e ben 10 \u201cimpegni concreti\u201d per il solo 2011. \u00c8 ovvio che l\u2019economia, nella sua complessit\u00e0, abbia bisogno di termini specifici, elementi tecnici, decisioni operative per lo pi\u00f9 incomprensibili al cittadino comune; ma \u00e8 altrettanto vero che essa, avendo effetti sulla vita quotidiana delle persone e delle famiglie, ha bisogno a monte di un sistema di controllo democratico da ricondursi alla politica, e a valle di una capacit\u00e0 di \u201cfarsi capire\u201d, cos\u00ec che gli stessi cittadini non si sentano scavalcati o tanto meno vittime di quanto succede nelle segrete stanze dell\u2019economia e della finanza. Quanto registrato in numerosi Paesi, con la protesta degli indignados, e, con maggior virulenza, nelle piazze greche, dovrebbe funzionare da monito. Anche alcuni esiti elettorali recenti, che hanno ribaltato governi e maggioranze in Paesi duramente colpiti dalla crisi, come avvenuto in Irlanda e Portogallo, deve far riflettere. E non si possono escludere altre sorprese politiche: ad Atene il governo \u00e8 stato di fatto costretto a dimettersi; in Italia la situazione \u00e8 di massima allerta; in Spagna si attende l\u2019esito delle imminenti elezioni politiche che segneranno l\u2019uscita di scena di Zapatero; Germania e Francia hanno gi\u00e0 avuto modo di saggiare a pi\u00f9 riprese lo scontento popolare verso governanti del calibro di Angela Merkel e di Nikolas Sarkozy. Al punto in cui \u00e8 giunta la crisi, e tenendo conto di quanto l\u2019Unione europea, l\u2019Eurogruppo (17 Paesi che adottano la moneta unica) e i singoli Stati membri hanno cercato di realizzare per superare l\u2019impasse, \u00e8 forse possibile individuare i prossimi passi. Schematicamente si pu\u00f2 affermare che l\u2019Europa comunitaria intende o, se si preferisce, deve: salvare la Grecia (le azioni intraprese in tal senso sono molteplici e nuovi aiuti giungeranno con la formazione del nuovo governo di coalizione); evitare l\u2019estendersi del problema della stabilit\u00e0 dei conti nazionali ad altri Paesi, tenendo sotto controllo, anche grazie al Fondo monetario internazionale, le situazioni pi\u00f9 a rischio, come quella italiana; proseguire nel processo di rafforzamento e regolazione del sistema finanziario e creditizio europeo; dar corpo alla tanto invocata governance economica (priorit\u00e0 comuni, mercato unico, competitivit\u00e0 verso l\u2019esterno\u2026); individuare le modalit\u00e0 per rilanciare la crescita, che \u00e8 la vera risposta alla crisi, puntando sull\u2019economia reale, i commerci mondiali, le strategie comuni nei campi dell\u2019energia, delle materie prime, delle infrastrutture, della formazione e della ricerca. Si impongono \u2013 se questi sono gli scenari \u2013 varie altre annotazioni, ma due su tutte appaiono lampanti. La prima riguarda il fatto che, in un sistema economico come quello comunitario, di estrema interdipendenza tra Stati e mercati, il coordinamento delle decisioni (la governance, appunto) non potr\u00e0 che crescere, estendendosi probabilmente anche a campi rimasti finora esenti, come quello della fiscalit\u00e0. La seconda, connessa alla precedente: la sovranit\u00e0 degli Stati in ambito economico dovr\u00e0 per forza di cose rimodularsi, pur nel rispetto degli interessi nazionali e del principio di sussidiariet\u00e0. Rilanciando, per forza di cose, la solidariet\u00e0, che rimane alla base del grande progetto europeo. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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