{"id":9640,"date":"2011-09-23T00:00:00","date_gmt":"2011-09-23T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9640"},"modified":"2015-06-15T16:44:25","modified_gmt":"2015-06-15T14:44:25","slug":"i-nostri-si-e-i-nostri-no","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/i-nostri-si-e-i-nostri-no\/","title":{"rendered":"I nostri \u201cs\u00ec\u201d e i nostri \u201cno\u201d"},"content":{"rendered":"

Anche in questa domenica il Vangelo parla della vigna e di qualcuno che \u00e8 mandato a lavorarla. La vigna nel linguaggio delle sacre Scritture riveste un importante valore simbolico: raffigura il Popolo santo, di cui Dio si prende cura assidua, ma con scarsi risultati, a causa del suo rifiuto a collaborare. (Is<\/em> 5,1-2). Il testo evangelico odierno \u00e8 diviso in due parti: la breve parabola della vigna (21,28-30) e l\u2019applicazione agli interlocutori (31-32). Gli interlocutori di Ges\u00f9 sono i sommi sacerdoti del Tempio e gli anziani del popolo, che erano le autorit\u00e0 religiose ufficialmente riconosciute; esse avevano interrogato Ges\u00f9 a proposito della libert\u00e0 che si prendeva di insegnare al popolo nei cortili del Tempio: \u201cCon che autorizzazione fai queste cose?\u201d(19,23).<\/p>\n

In effetti, Ges\u00f9, semplice laico, si permetteva di insegnare alla gente le vie di Dio, nei cortili del Tempio, senza l\u2019autorizzazione delle autorit\u00e0 competenti. Non aveva studiato nelle loro accademie e perci\u00f2 non aveva titoli per farlo. Ma quello che pi\u00f9 li infastidiva era che la gente andava ad ascoltarlo in massa. Alla loro domanda Ges\u00f9 aveva risposto con una contro-domanda a proposito del battesimo di Giovanni Battista: era di origine divina o umana? (19,25). Non seppero e non vollero rispondere. Ges\u00f9 semplicemente concluse: \u201cNeanche io vi rispondo\u201d (21,27). La polemica andava montando: da una parte la gente accorreva a lui, dall\u2019altra la crisi con l\u2019autorit\u00e0 religiosa si allargava sempre di pi\u00f9. Di fronte a questa realt\u00e0, sicuramente rischiosa, Ges\u00f9 non si ritira, anzi alza volutamente il tono della polemica.<\/p>\n

Introduce la parabola con un diretto: \u201cChe ve ne pare?\u201d (21,28). E racconta di due fratelli che si comportano in maniera esattamente opposta nelle parole e nei fatti. Al rifiuto verbale del primo figlio non segue nessuna reazione del padre, che sembra pazientemente aspettare la sua resipiscenza. Infatti, pi\u00f9 tardi questo primo figlio cambier\u00e0 idea e andr\u00e0 a lavorare nella vigna. Il secondo figlio invece d\u00e0 una risposta esageratamente positiva: si rivolge al padre perfino con il titolo di \u201csignore\u201d, che sa tanto di servilismo. Poi in realt\u00e0 non and\u00f2 al lavoro. Il dialogo polemico di Ges\u00f9 con la gerarchia del Tempio continua: \u201cChi dei due ha fatto la volont\u00e0 del padre?\u201d (21,31). La risposta \u00e8 corretta; \u201cIl primo\u201d dicono, ma la intendono moralisticamente, secondo la mentalit\u00e0 corrente. Del resto un detto rabbinico recitava: \u201cI giusti promettono poco e fanno molto; gli empi parlano molto e non fanno nulla\u201d.<\/p>\n

L\u2019intenzione di Ges\u00f9 per\u00f2 va oltre: il significato vero \u00e8 la richiesta di Dio che \u00e8 di fronte alla risposta dell\u2019uomo. La prima reazione negativa dell\u2019uomo \u00e8 correggibile. I responsabili del Tempio approvarono il comportamento del primo figlio, ma difficilmente avranno approvato l\u2019applicazione che ne fa Ges\u00f9 ai pubblicani e alle prostitute, che \u2013 dice – giungeranno nel Regno prima di loro. La conversione dei pubblicani e delle prostitute era ritenuta pressoch\u00e9 impossibile. Tra parentesi: non c\u2019\u00e8 ovviamente alcun bisogno di tradurre in termini attuali la parole \u201cprostitute\u201d; dobbiamo invece provare a tradurre \u201cpubblicani\u201d.<\/p>\n

In buona sostanza si trattava di funzionari corrotti a servizio dello straniero occupante, i Romani, collaborazionisti, collettori di tangenti, e quant\u2019altro. Ges\u00f9 costata che pubblicani e prostitute accolgono con buona volont\u00e0 il messaggio salvifico del Regno; mentre coloro che si vorrebbero considerare i chiamati lo rifiutano. I vertici del Tempio sono simboleggiati dal secondo figlio, che dice s\u00ec, ma poi disubbidisce. Quello che dice no, ma poi ubbidisce, raffigura pubblicani e prostitute. Come altre volte si \u00e8 detto, la parabola \u00e8 un \u201cenigma\u201d da sciogliere. Essa racchiude in s\u00e9 implicazioni per la vita, maggiori di quanto appare a prima vista. Quella di oggi non si limita ad affermare l\u2019importanza del fare rispetto al dire. Essa vuole essere una critica nei confronti di quelli che si pongono dinanzi a Dio con la loro devozione parolaia, ma poi concretamente non fanno la volont\u00e0 del Padre.<\/p>\n

Ed \u00e8 anche un incoraggiamento per chi, consapevole della propria debolezza, ha la pazienza di attendere che lo Spirito di Dio sospinga la propria libert\u00e0, verso l\u2019accoglienza del messaggio salvifico del Regno. Inoltre il padre della parabola non costringe i suoi due figli, che alla fine fanno quello che vogliono. Cos\u00ec Dio si comporta con noi. Egli ci chiama, ci invita. Noi siamo liberi di dire s\u00ec o no. Si direbbe che il Padre onnipotente diventa \u201cimpotente\u201d davanti alle nostre decisioni. Egli ci mette dinanzi il bene e il male, la vita e la morte, come gi\u00e0 anticamente era detto nel libro del Deuteronomio<\/em>. A noi la scelta.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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