{"id":9569,"date":"2011-08-05T00:00:00","date_gmt":"2011-08-04T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9569"},"modified":"2015-07-29T11:58:29","modified_gmt":"2015-07-29T09:58:29","slug":"la-carita-dovere-di-tutti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/la-carita-dovere-di-tutti\/","title":{"rendered":"La carit\u00e0, dovere di tutti"},"content":{"rendered":"
Agli albori la Caritas diocesana ha visto la collaborazione di pi\u00f9 sacerdoti: ricordo don Ferdinando Rosmini e, in modo pi\u00f9 stabile, don Luigi Spallacci. Nel 1982, su proposta di mons. Pompilio Mandrelli, sono entrato io, con l\u2019incarico di direttore. Il battesimo \u201cdi sangue\u201d della Caritas diocesana sono stati i terremoti del Friuli del 1976, di Norcia del 1978 e dell\u2019Irpinia del 1980. Il primo impegno operativo interno della Caritas fu quello di costituire un gruppo di persone, che, a vario titolo, collaborassero alla strutturazione di essa e al perseguimento delle sue finalit\u00e0: nacquero cos\u00ec i Gruppi di studio, attorno ad obiettivi specifici, che operavano nei vari settori della carit\u00e0 e contribuirono ad elaborare un primo statuto, approvato dal vescovo Pellegrino Tomaso Ronchi. La finalit\u00e0 fondamentale perseguita con determinazione \u00e8 stata quella pedagogica: cio\u00e8, quella di aiutare tutta la comunit\u00e0 cristiana a comprendere che la carit\u00e0 \u00e8 un suo dovere e, quindi, di sensibilizzarla ad operare la carit\u00e0, attraverso una conoscenza sempre pi\u00f9 responsabile del territorio e del mondo e a porre in essere gesti finalizzati a rispondere alle esigenze di vita dei vicini e dei lontani. Per questo, ci si adoper\u00f2 molto per la nascita delle Caritas parrocchiali, le quali non erano intese come dei distaccamenti di quella diocesana, ma organismi al servizio della parrocchia, che vuole vivere la carit\u00e0 come evangelizzazione, nei quali e attraverso i quali la parrocchia vive e opera. Un lavoro dispendioso di energie, ma anche abbastanza gratificante, per la nascita di diverse Caritas parrocchiali, che periodicamente si incontravano e annualmente celebravano il Convegno diocesano delle Caritas parrocchiali. Attenta alla sua funzione pedagogica, la Caritas diocesana si proponeva di non impiantare servizi da gestire in proprio, ma di dare avvio ad opere cosiddette \u201csegno\u201d, che, una volta avviate, dovevano camminare con le proprie gambe, cio\u00e8, con l\u2019impegno di gruppi e di parrocchie. Sono nate con questo intento le case di accoglienza di Santa Croce, di San Pietro a Monte, del Popolo, la Mensa diocesana, il Centro di ascolto antiusura, l\u2019Associazione di volontariato ecclesiale (Ave). Indipendentemente dalla riuscita o meno di questo intendimento, la Caritas diocesana ha cercato di non sostituirsi mai alle comunit\u00e0 locali, rimandando sempre ad esse impegni che dovevano essere onorati da loro. Ha portato avanti l\u2019accoglienza degli stranieri (ancora non si chiamavano extracomunitari), gi\u00e0 iniziata diverso temo prima attorno ai nigeriani, soprattutto studenti, allargatasi, poi, ai \u201cmarocchini\u201d o extracomunitari provenienti dall\u2019Africa del nord, soprattutto. Anche queste esperienze, molto significative, anche se non prive di fatica, problemi e, perch\u00e9 no, di sofferenze, hanno dato la possibilit\u00e0 di avviare un confronto serio e una reale collaborazione con le istituzioni pubbliche. In questo impegno per la gente, in qualsiasi modo nel bisogno, non pu\u00f2 essere dimenticato l\u2019impegno profuso nel servizio ai nomadi, per cercare di facilitare, in modi diversi, il loro inserimento nel nostro contesto, non molto accogliente anche nei loro confronti. Quasi contestualmente con la mia entrata alla Caritas \u00e8 iniziato il servizio degli obiettori di coscienza e del Servizio civile, a cui \u00e8 seguito per un certo tempo l\u2019anno di volontariato delle donne: un rapporto assiduo, questo, con i giovani, le loro aspirazioni, i loro problemi, la loro volont\u00e0 di bene, che ha segnato la mia vita e quella di coloro che si sono posti al loro servizio. Le cose da dirsi sarebbero tante, dato che il mio servizio nella Caritas diocesana \u00e8 durato la bellezza di diciotto anni, ma ricordo da ultimo, soltanto il Fondo della piet\u00e0, pensato come gesto concreto per vivere al momento e nel futuro l\u2019Anno santo del 2000. Fu proposto a tutte le parrocchie, per stimolarle a costituire un fondo di solidariet\u00e0 permanente a cui attingere per le varie necessit\u00e0 vicine e lontane.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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