{"id":9156,"date":"2011-02-25T00:00:00","date_gmt":"2011-02-25T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9156"},"modified":"2015-06-16T11:12:45","modified_gmt":"2015-06-16T09:12:45","slug":"il-padre-sa-lo-sappiamo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-padre-sa-lo-sappiamo\/","title":{"rendered":"Il Padre \u201csa\u201d: lo sappiamo?"},"content":{"rendered":"

Poche parole sono desuete come quelle con cui si apre il Vangelo di questa domenica: \u201cNon potete servire Dio e Mammona\u201d. Desuete al punto che non se ne capisce pi\u00f9 il significato: a cominciare da quel Mammona, che in italiano rimanda a certe favole di quando eravamo bambini. Parole che suscitano anche qualche sospetto: come se qualcuno volesse mettere surrettiziamente le mani nel portafoglio dell\u2019ascoltatore. Nel maggio dello scorso anno, 2010, l\u2019editore Rizzoli pubblic\u00f2 un libretto, a cura di Ivano Dionigi, rettore dell\u2019Universit\u00e0 di Bologna, dal titolo Il dio denaro<\/em>.<\/p>\n

La pubblicazione raccoglieva gli interventi di alcuni intellettuali, di vario orientamento culturale, chiamati a esprimersi sul tema. Il primo breve intervento, del curatore, aveva per titolo Sua Maest\u00e0 il Denaro, che traduceva bene la celebre espressione del poeta latino Orazio regina pecunia. Questo d\u00e0 gi\u00e0 una buona chiave di lettura del pensiero di Ges\u00f9. Pi\u00f9 efficace ancora fu l\u2019intervento di Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, che chiariva come il denaro in s\u00e9 non sia n\u00e9 bene n\u00e9 male, ma semplicemente un intelligente mezzo di scambio; per la sua qualit\u00e0 rappresentativa diventa per\u00f2 facilmente un fine. Allora si trasforma in fattore di divisione, criterio di definizione del proprio e dell\u2019altrui status, valore simbolico di potere, dominio, oppressione. Entra in noi come una presenza efficace e contribuisce a tessere i nostri rapporti con le cose e con gli uomini.<\/p>\n

Noi possediamo il denaro, ma nello stesso tempo il denaro ci possiede. Stando cos\u00ec le cose, si capisce perch\u00e9 Ges\u00f9 ne parli come di un idolo in concorrenza con Dio. Idolo al quale sacrifichiamo la vita degli altri e alieniamo noi stessi. I detti che seguono sono strettamente collegati con l\u2019inconciliabilit\u00e0 del servizio a Dio e a Mammona. Il gruppo dei versetti 25-34 \u00e8 racchiuso fra due voci dello stesso verbo: \u201cNon affannatevi\u201d. L\u2019italiano \u201caffannarsi\u201d \u00e8 meno ricco di sfumature del corrispondente greco merimn\u00e0n, il quale \u00e8 pregno anche del senso di preoccuparsi, entrare in ansia, angosciarsi, tormentarsi. La versione liturgica italiana del resto lo rende anche con \u201cdarsi da fare\u201d (v. 23), \u201cavere inquietudini\u201d (v. 34). Dunque quel \u201cnon affannatevi\u201d vale \u201cnon siate ansiosi, non angosciatevi, non inquietatevi\u201d. La posizione strategica del verbo nel brano e la sua frequenza (6 volte in pochi versetti) dicono con sufficiente chiarezza dove miri l\u2019insegnamento di Ges\u00f9: fidarsi del Padre celeste, evitando inutili stress.<\/p>\n

Tutte le volte che entriamo in ansia per il cibo, o per il vestito, o per il domani, mettiamo a rischio i nostri equilibri mentali e praticamente dichiariamo a Dio che \u201cfidarsi \u00e8 bene, ma non fidarsi \u00e8 meglio\u201d. Anche di Lui. Del resto i discepoli in ascolto non sono forse interpellati come \u201cuomini di poca fede\u201d (v. 30)? Le inquietudini, le ansie, le paure per il domani e quant\u2019altro sono inversamente proporzionali alla misura della nostra fede. \u201cNon affannatevi\u2026 per il cibo\u2026 per il vestito\u2026 La vita vale ben di pi\u00f9 del cibo o del vestito\u201d. Vale a dire: perch\u00e9 siete tanto poco saggi – dice Ges\u00f9 – da non sapere riconoscere la scala dei valori? Che cosa vale di pi\u00f9, la qualit\u00e0 della vostra vita o il cibo, le bevande, le vesti per le quali vi angustiate? Perch\u00e9 rischiate di compromettere la salute vostra e quella dei vostri cari, lasciandovi sopraffare dall\u2019ansia per tutte queste cose? Si pu\u00f2 forse, a forza di preoccuparsene, allungare la propria vita anche solo di un\u2019ora? O forse abbiamo qualche potere sul domani? Un\u2019altra motivazione per non preoccuparsi viene dall\u2019osservazione della natura.<\/p>\n

Gli uccelli non seminano, non mietono, non hanno silos per custodire le derrate alimentari, eppure \u201cil Padre vostro ne ha cura\u201d e li nutre; e \u201cneppure uno solo di loro perisce, senza il consenso del Padre vostro\u201d (Mt<\/em> 10,29). Cos\u00ec pure i fiori che spontaneamente rivestono i prati; non filano e non tessono, eppure il Padre permette loro di sfoggiare armonie di colori difficilmente paragonabili con le migliori sfilate di moda. Eppure quei fiori hanno vita cos\u00ec breve, che durano un giorno e poi finiscono bruciati. Certamente i discepoli valgono assai di pi\u00f9 degli uccellini o dei fiori campestri. Poi il discorso arriva al punto cruciale, dove inciampa e spesso si infrange la nostra poca fede: \u201cNon affannatevi\u2026 Il Padre vostro sa\u201d (v. 32).<\/p>\n

Questa parola pone violentemente la nostra fede di fronte alla domanda: credi veramente che il Padre sa di che cosa hai bisogno e se ne d\u00e0 pensiero? Dio \u00e8 veramente presente nel tuo quotidiano? O forse pensi che la faccenda degli uccellini e dei fiorellini sia una bellissima poesia, che si muove nel mondo dell\u2019utopia, ma che la vita concreta \u00e8 un\u2019altra cosa? \u201cCercate anzitutto la sovranit\u00e0 di Dio sulla vostra vita\u201d, vale a dire: riorientate le energie che ora vi logorano nella ricerca dell\u2019effimero; impiegatele a cercare ci\u00f2 che non perisce, e sperimenterete come sia concretamente vero che tutto il resto lo avrete comunque (v. 33).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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