{"id":9115,"date":"2011-02-11T00:00:00","date_gmt":"2011-02-11T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9115"},"modified":"2011-02-11T00:00:00","modified_gmt":"2011-02-11T00:00:00","slug":"in-tribunale","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/in-tribunale\/","title":{"rendered":"In tribunale"},"content":{"rendered":"
Non \u00e8 la prima volta, e non sar\u00e0 l\u2019ultima. Sono stato l\u00ec l\u00ec per denunciarla, la donna di picche, per millantato credito e per circonvenzione di incapace: me ne ha dissuaso all\u2019ultimo momento l\u2019elementare presa di coscienza che l\u2019incapace sarei stato io. E questo, soprattutto dopo la diagnosi che emise il medico che radiograf\u00f2 la mia scatola cranica\u2026 vi ricordate, era il 20 novembre e io, a Roma, all\u2019ingresso laterale di piazza S. Pietro, avevo dato una capocciata terrificante contro il plinto di base di una delle colonne del Bernini, e all\u2019Ospedale del Bambin Ges\u00f9 il radiologo aveva emesso la sua sentenza: \u201cDentro questa testa non c\u2019\u00e8 nulla!\u201d. Con precedenti di questo genere, qualificarmi, oggi, motu proprio, come \u201cincapace\u201d, e farlo in un tribunale, sarebbe stato letale.Eppure sono stato davvero circonvenuto, dalla donna di picche, che oggi mi ha con trascinato di fronte al giudice del lavoro. Qualche anno fa essa lasci\u00f2 la mia comunit\u00e0, dopo qualche anno di soggiorno, e (a sentire lei) allora l\u2019avrebbe fatto volentieri \u201cin cambio di una stretta di mano e di un caff\u00e8\u201d; oggi, in base ad un presunto rapporto di lavoro, che in realt\u00e0 non \u00e8 mai esistito, chiede 200 mila euro! Quanto son lunghi, 200 mila euro. E quanti caff\u00e8 ci scappano, con 200 mila euro! Bah! Venne, un giorno, dal Sud, vestita di sole, la donna di picche, la signora dei 200 mila euro, e mi disse che voleva donarsi ai \u201cragazzi\u201d della mia comunit\u00e0, spendendo e centellinando la sua a vantaggio della loro vita, con una generosit\u00e0 talmente debordante che io ci credetti tout court. Ullall\u00e0. E oggi siamo qui, l\u2019un contro l\u2019altra armati, davanti al giudice del Tribunale del lavoro. Il giudice. Un servitore dello Stato che non ha nulla del giudice che la gente immagina: corpulento, catarroso, parruccone, con le lunettes ammezzate. Gna. Davanti a noi c\u2019\u00e8 una flebile signora, giovane, mingherlina, frangetta in studiato disordine: una laureata ieri con una tesi sulle monache di Port Royal. Ma proprio da lei, improvviso, inatteso, mi arriva il primo sganassone; sto spegnendo il telefonino, e lei fa: \u201cIl cellulare lo si spegne prima di entrare in aula di udienza\u201d. Touch\u00e9. Altrettanto improvviso, altrettanto inatteso, e in rapida successione mi arriva il secondo sganassone, un attimo dopo che mi sono stiracchiato all\u2019indietro sulla sedia: \u201cNon si parla al giudice con le mani in tasca!\u201d. Ari-touch\u00e9. E mi ritrovo in seconda elementare, inguainato nel grembiulino azzurro, grande il fiocco bianco sul davanti. La maestra mi ha sorpreso a scaccolarmi il naso con le dita, e ora minaccia di prendermi a bacchettate sulle mani. infreddolite. \u201cDalla parte delle palme, la prego, Signora!\u201d. Che tanto dovesse accadermi in un tribunale fu impensabile fino a quando, l\u20198.2.11 divenne reale. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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