{"id":9078,"date":"2011-01-28T00:00:00","date_gmt":"2011-01-28T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=9078"},"modified":"2015-06-16T11:42:30","modified_gmt":"2015-06-16T09:42:30","slug":"gesu-la-forza-della-parola","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/gesu-la-forza-della-parola\/","title":{"rendered":"Ges\u00f9: la forza della Parola"},"content":{"rendered":"
La proclamazione del regno di Dio, annunciato come squillo di tromba nella liturgia di domenica scorsa, oggi comincia a mostrare i suoi aspetti concreti. Il Discorso della montagna, di cui ascolteremo il prologo, le Beatitudini, pu\u00f2 essere considerato lo Statuto del regno di Dio. Vale a dire che l\u2019appartenenza alla cerchia dei discepoli di Ges\u00f9, cio\u00e8 alla Chiesa, si misura con l\u2019accettazione della visione del mondo che esso propone. Visione del mondo, delle cose, dei rapporti, profondamente diversa da quella corrente. Nelle prossime domeniche lo ascolteremo per intero, a brani distinti, e avremo modo di confrontarvi il nostro vissuto; noi figli di questa generazione. Lo scenario descritto dall\u2019evangelista Matteo \u00e8 ricco di risonanze bibliche. I personaggi sono: Ges\u00f9, i discepoli, la folla. Lo sfondo \u00e8 la montagna.<\/p>\n
Ges\u00f9 vi sale, si siede, come un maestro in cattedra, poi ne discender\u00e0; attorno a lui c\u2019\u00e8 la cerchia dei discepoli a cui \u00e8 indirizzato per primi l\u2019insegnamento; pi\u00f9 lontano brulica la folla, a cui i discepoli dovranno poi trasmetterlo. Nel linguaggio biblico la montagna \u00e8 il luogo teologico della Rivelazione, e non tanto un sito geograficamente determinato. Ges\u00f9 vi proclama lo statuto del nuovo popolo di Dio, a somiglianza di Mos\u00e8 che, dopo avere ricevuto la rivelazione sul monte Sinai, la trasmette al popolo, ponendo cos\u00ec il fondamento dell\u2019antico Israele. Tuttavia Ges\u00f9 \u00e8 superiore a Mos\u00e8; questi ricevette da Dio l\u2019insegnamento da trasmettere, mentre Ges\u00f9 insegna con propria pienezza di potere. Il discorso \u00e8 introdotto in modo solenne. La traduzione italiana dice: \u201cGes\u00f9 prendendo la parola\u2026\u201d Il testo originale greco \u00e8 ben pi\u00f9 allusivo: \u201cGes\u00f9 aprendo la bocca\u201d (se il testo italiano avesse tradotto letteralmente il greco, pochi, onestamente, ne avrebbero capito la portata).<\/p>\n
In realt\u00e0 la forma nella lingua originale \u00e8 ben pi\u00f9 pregnante e richiama la ricchezza di altri passi biblici, come quando troviamo scritto: \u201cLa bocca parla dalla pienezza del cuore\u201d (Mt<\/em> 12,34); oppure \u201cl\u2019uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio\u201d (4,4); o anche \u201cEgli parla con autorit\u00e0\u201d (7,29). Cos\u00ec la predicazione primitiva, ripresa da Matteo, intendeva affermare che Ges\u00f9 con la sua parola offre agli uomini la vita. Poi ha inizio il discorso diretto. Per nove volte ascoltiamo risuonare la parola \u201cbeati\u201d! Nel linguaggio della Bibbia dire beato equivale a dire fortunato, felice. Se ci pensiamo un momento, non \u00e8 poi cos\u00ec scontato decidere chi al mondo possa essere considerato fortunato o felice e chi no. Girano molte opinioni in proposito. Dipende da quello che ciascuno pensa di e s\u00e9, degli altri, della vita. Ges\u00f9 pensa che sono beati i poveri, gli afflitti, i miti, quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i pacificatori, i perseguitati, gli insultati (5,2-11).<\/p>\n Non \u00e8 difficile immaginare una lista di beatitudini secondo il sentire culturale corrente. Se uno ci prova, scopre senza difficolt\u00e0 di stare esattamente all\u2019opposto del pensiero di Ges\u00f9. Bisogna riconoscere in ogni caso che per noi e per i nostri contemporanei non \u00e8 facile capire correttamente espressioni culturalmente cos\u00ec lontane, come sono queste del Discorso della montagna. Proviamo a entrare in qualcuna di esse. Beati i poveri in spirito. Nel linguaggio popolare, l\u2019espressione \u00e8 passata praticamente ad esprimere il significato che le attribuiva Schopenhauer: vuoto interiore, coscienza scialba, mancanza di cultura e quota intellettuale inferiore alla media.<\/p>\n Evidentemente il filosofo tedesco mostra di sapere ben poco, almeno in questo caso, di come si entra in testo antico. Lo sfondo culturale nel quale si muoveva la predicazione di Ges\u00f9 era l\u2019Antico Testamento, dove la povert\u00e0 aveva a che fare con l\u2019idea di Alleanza, il cui ordinamento prevedeva, ad esempio, alcuni anni di remissione dei debiti a favore dei poveri e i dei diseredati. Dio infatti si prende cura dei diseredati, delle vedove e degli orfani; categorie, all\u2019epoca, senza alcuna protezione, e li ascolta quando lo invocano. Dio sostiene il diritto dei poveri e lo fa proprio. Il libro del profeta Isaia proclama che nei giorni avvenire sar\u00e0 restaurato il diritto dei poveri. Su questa linea Ges\u00f9 annuncer\u00e0 che Dio lo ha mandato ad portare una buona notizia ai poveri (Lc<\/em> 4,18; Mt 11,5).<\/p>\n Il tema dei poveri \u00e8 centrale anche nella prima lettura, silloge di due piccoli brani dal profeta Sofonia (2,3; 3,12-13), che si muove sullo sfondo di \u201cquel Giorno\u201d. Incombe infatti un giorno in cui le situazioni saranno capovolte: gli umili che hanno sopportato con costanza l\u2019oppressione da parte dei potenti, senza venir meno ai comandi del Signore, troveranno riparo presso di Lui nel giorno dell\u2019ira. Ci sar\u00e0 infatti un giorno in cui gli uni e gli altri saranno chiamati a rispondere delle proprie scelte. Quei poveri dunque che Ges\u00f9 dichiara beati sono coloro che non hanno altro appoggio se non Dio solo. Ma tutto questo ha senso solo per chi crede Dio non solo esistente, ma anche presente e attivo nella storia.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La proclamazione del regno di Dio, annunciato come squillo di tromba nella liturgia di domenica scorsa, oggi comincia a mostrare i suoi aspetti concreti. Il Discorso della montagna, di cui ascolteremo il prologo, le Beatitudini, pu\u00f2 essere considerato lo Statuto del regno di Dio. 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