{"id":8932,"date":"2010-11-26T00:00:00","date_gmt":"2010-11-25T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=8932"},"modified":"2018-07-27T19:29:03","modified_gmt":"2018-07-27T17:29:03","slug":"marchio-slow-food-a-5-prodotti-umbri","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/marchio-slow-food-a-5-prodotti-umbri\/","title":{"rendered":"Marchio Slow Food a 5 prodotti umbri"},"content":{"rendered":"
Slow Food Italia premia l\u2019Umbria per il lavoro di tutela e recupero di alcuni prodotti di alta qualit\u00e0 legati al territorio, spesso in via d\u2019estinzione. Cinque i prodotti regionali contrassegnati dal marchio \u201cPresidio Slow Food\u201d, che consente al consumatore di identificare il prodotto presidiato, tutelandosi dai falsi. Questi i prodotti premiati: la fagiolina del lago Trasimeno, seme molto piccolo di forma allungata e di color crema tipico della zona del lago; la fava cott\u00f2ra dell\u2019Amerino, prodotta nella parte meridionale dell\u2019Umbria, tra Todi, Amelia e Orvieto, chiamata cos\u00ec per la caratteristica di cuocere bene e in fretta; il mazzafegato dell\u2019Alta Valle del Tevere, salume prodotto nell\u2019area al confine tra Umbria e Toscana; la roveja di Civita di Cascia, un tipo di pisello prodotto su tutta la dorsale appenninica umbro-marchigiana, in particolare sui monti Sibillini, dove i campi si trovavano anche a quote elevate; e il sedano nero di Trevi, coltivato nell\u2019area delle Canapine presso il Clitunno sin dal XVII secolo grazie all\u2019opera del card. Ludovico Valenti, vescovo di Rimini, che realizz\u00f2 l\u2019opera di bonifica del fiume. Sul territorio regionale presenti anche dieci Citt\u00e0 Slow, ossia Comuni che promuovono la filosofia Slow Food all\u2019interno delle comunit\u00e0 locali applicando i concetti dell\u2019ecogastronomia al vivere quotidiano. Torgiano, Preci , Bevagna, Todi, Amelia, Orvieto, Montefalco, Monte castello di Vibio, San Gemini e Trevi: questi i Comuni a cui \u00e8 stato concesso il titolo. Da pi\u00f9 di vent\u2019anni l\u2019associazione internazionale Slow Food Italia si impegna nella difesa delle cucine locali e delle produzioni tradizionali attraverso la promozione di progetti come la rete dei \u201cpres\u00ecdi\u201d. Attualmente i presidi italiani sono 193 e rappresentano il risultato di un lavoro di dieci anni, durante i quali si \u00e8 contribuito concretamente nella difesa di numerose razze animali, specie vegetali, formaggi, pani e salumi che rischiavano l\u2019estinzione. I presidi hanno aiutato centinaia di produttori nel continuare la propria attivit\u00e0 e hanno materialmente contribuito a dimostrare che un\u2019altra agricoltura e un\u2019altra produzione alimentare sono possibili. Per avvicinarsi a questa conquista bisogna innanzi tutto riflettere sulla lentezza, recuperare ritmi esistenziali e produttivi compatibili con una qualit\u00e0 della vita che deve essere totale. Identikit delle specialit\u00e0 enogastronomiche tutelateFagiolina del lago Trasimeno: coltivata fino al dopoguerra, \u00e8 stata il principale apporto proteico all\u2019alimentazione delle popolazioni locali; infatti il contenuto di proteine \u00e8 superiore a quello dei fagioli. Col progressivo abbandono delle campagne, si \u00e8 rischiata l\u2019estinzione perch\u00e9 \u00e8 una pianta meno produttiva dei fagioli e maggiormente esigente di manodopera. Fava cott\u00f2ra dell\u2019Amerino: si raccoglie in luglio e si conserva essiccata tutto l\u2019anno. Una cinquantina di famiglie continuano a coltivarle seguendo la tradizione. Le fave cott\u00f2re si consumano in vari modi, ma il piatto pi\u00f9 tradizionale \u00e8 la \u201cstriscia con le fave\u201d che si consuma il giorno della macellazione del maiale: si condiscono le fave lessate con il grasso ottenuto dallo scioglimento nella cottura della zona ventrale del suino, una lunga striscia di grasso e di magro. Mazzafegato dell\u2019Alta Valle del Tevere: si produce tradizionalmente nella stagione invernale, da novembre a marzo. Nato dalla necessit\u00e0 di utilizzare tutto il maiale, in particolare le parti spesso scartate, unisce la grossolanit\u00e0 delle carni a una speziatura gradevole. Viene prodotto oggi a Citt\u00e0 di Castello e Umbertide. Roveja di Civita di Cascia: si coltiva in primavera-estate e non ha bisogno di molta acqua. Ha grande valenza nutritiva perch\u00e9 molto proteica, in particolare se consumata secca, con alto contenuto di carboidrati, fosforo, potassio e pochissimi grassi. Detta anche roveglia, rubiglio, pisello dei campi, corbello, si pu\u00f2 mangiare fresca oppure essiccata, e in questo caso diventa un ottimo ingrediente per minestre e zuppe. Macinata a pietra, si trasforma in una farina dal lieve retrogusto amarognolo che serve per fare la farecchiata o pesata. Sedano nero di Trevi: l\u2019aggettivo\u00a0\u201cnero\u201d\u00a0deriva dalla caratteristica di mantenere le coste verdi fino a maturazione (variet\u00e0 non autoimbiancante) se non sottoposte ad \u201cimbianchimento\u201d, pratica agronomica realizzabile mediante molteplici tecniche alternative di eziolamento (ingiallimento o imbianchimento delle parti verdi di una pianta). Attualmente\u00a0la coltivazione di questo ortaggio \u00e8 praticata perlopi\u00f9 da pochi agricoltori su una superficie modesta, ma non mancano esempi di giovani imprenditori intraprendenti. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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