{"id":8715,"date":"2010-09-17T00:00:00","date_gmt":"2010-09-17T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=8715"},"modified":"2010-09-17T00:00:00","modified_gmt":"2010-09-17T00:00:00","slug":"sugli-eventi-del-1861-riflettiamo-di-piu","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/sugli-eventi-del-1861-riflettiamo-di-piu\/","title":{"rendered":"Sugli eventi del 1861 riflettiamo di pi\u00f9"},"content":{"rendered":"

Quando questo numero de La Voce andr\u00e0 in stampa, saranno gi\u00e0 in corso di svolgimento le manifestazioni promosse dal Comune di Perugia per celebrare il 150\u00b0 anniversario della liberazione di Perugia (14 settembre 1860) e della proclamazione del Regno d\u2019Italia (17 marzo 1861). Le celebrazioniIl programma prevede, per il corrente mese di settembre, sfilate di reparti dell\u2019esercito in uniformi storiche, concerti di bande militari, deposizione di corone di fiori e scoprimento di lapidi commemorative, oltre che presentazione di libri. Non manca neppure una messa, che sar\u00e0 celebrata domani pomeriggio sul sagrato di Monteluce dal cappellano militare dell\u2019Arma dei carabinieri insieme al parroco della chiesa di S. Maria Assunta mons. Luciano Tinarelli. Intanto, da parte sua, la Deputazione di storia patria per l\u2019Umbria, nell\u2019assemblea generale dei soci svoltasi a villa Monticelli sabato 11 settembre, ha illustrato il suo progetto di celebrazione della ricorrenza (messo a punto d\u2019intesa con l\u2019Isuc, la Soprintendenza archivistica e gli Archivi di Stato di Perugia e di Terni) consistente nella pubblicazione di un\u2019opera in pi\u00f9 volumi intitolata L\u2019Umbria nella nuova Italia. Materiali di storia a centocinquanta anni dall\u2019Unit\u00e0. L\u2019intenzione \u00e8 quella di presentare una rassegna di fonti bibliografiche e archivistiche concernenti il Risorgimento nazionale, e umbro in particolare, facendo parlare direttamente i documenti dell\u2019epoca, senza intenti apologetici o tentativi di strumentalizzazione ideologica o politica. L\u2019Unit\u00e0, un bene comune\u00c8 certamente legittimo e opportuno ricordare – soprattutto a beneficio delle nuove generazioni – gli avvenimenti di 150 anni fa, dal momento che l\u2019Unit\u00e0 d\u2019Italia allora conseguita \u00e8 da considerarsi un importante bene comune, che deve essere difeso da parte di tutti, cattolici compresi. Si veda a tale proposito l\u2019editoriale pubblicato dall\u2019autorevole rivista dei Gesuiti Civilt\u00e0 cattolica sotto il titolo L\u2019Unit\u00e0 d\u2019Italia: una storia da difendere (fascicolo del 5 giugno 2010, pp. 423-429). Se tuttavia sulla bont\u00e0 del traguardo raggiunto si registra una sostanziale ed encomiabile concordia di opinioni, non si pu\u00f2 negare che sul \u201ccome\u201d, cio\u00e8 sul modo in cui fu realizzata la nostra unit\u00e0 nazionale, sussistano diversi dubbi e perplessit\u00e0. Alcuni criticano il Risorgimento, giudicandolo una rivoluzione fallita o incompiuta sul piano sociale, sul piano dei rapporti di classe, un\u2019operazione gattopardesca perch\u00e9 tutto rimanga come prima, ed essenzialmente il frutto di trame diplomatiche e del lavorio di societ\u00e0 segrete sotto l\u2019astuta regia di Cavour, in ogni caso un\u2019operazione di \u00e9lite intellettuali senza reale coinvolgimento delle masse popolari. Altri invece tendono a minimizzare quanto accadde un secolo e mezzo fa, sostenendo che in fondo non successe niente di grave e di traumatico. Posizione questa inaccettabile, poich\u00e9 gli eventi del 1860 costituirono in realt\u00e0 uno iato, uno strappo lacerante, una svolta epocale per l\u2019Umbria e per l\u2019Italia, non solo sul piano giuridico, politico e istituzionale, ma anche sul piano economico, sociale e religioso. Invasione \u201cpretestuosa\u201d Dal punto di vista delle relazioni internazionali, ad esempio, non si pu\u00f2 negare che l\u2019invasione delle Marche e dell\u2019Umbria, appartenenti allo Stato pontificio (uno stato indipendente e sovrano, esistente da pi\u00f9 di mille anni) da parte delle truppe piemontesi, senza una previa dichiarazione di guerra, e con il pretesto di andare a restaurare l\u2019ordine e la sicurezza dei cittadini l\u00e0 dove fossero state represse con la forza delle insurrezioni locali [intervento \u201cumanitario\u201d, come recentemente in Bosnia?], costituisca una grave violazione del diritto internazionale. E che dire della soppressione dei conventi e degli Ordini religiosi (come gi\u00e0 era avvenuto in epoca napoleonica), con conseguente incameramento dei beni ecclesiastici (non solo edifici e terreni, ma anche beni culturali, come opere d\u2019arte, biblioteche ed archivi)? Si pensi ad esempio alle preziose serie dei registri degli archivi parrocchiali che furono confiscati perch\u00e9 dovevano servire di base alla costituzione delle anagrafi dei Comuni. Tutto questo dovette avere un forte impatto sulla gente e provoc\u00f2 indubbiamente un grave sconvolgimento economico e sociale, investendo usi, tradizioni, costumi, abitudini religiose e relazioni umane consolidate (anche a causa del cambiamento della legislazione, delle unit\u00e0 di misura, delle monete, dei francobolli). \u00c8 dunque giusto ricordare, ma occorre anche riflettere, per giungere ad una esatta comprensione degli avvenimenti che la storia ci pone davanti. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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