{"id":8016,"date":"2009-11-20T00:00:00","date_gmt":"2009-11-20T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=8016"},"modified":"2015-06-16T16:35:10","modified_gmt":"2015-06-16T14:35:10","slug":"il-suo-trono-e-stato-il-patibolo-della-croce","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-suo-trono-e-stato-il-patibolo-della-croce\/","title":{"rendered":"Il suo trono \u00e8 stato il patibolo della croce"},"content":{"rendered":"

Sulla parete di fondo dell\u2019anno liturgico che oggi si conclude, come in una delle absidi spoglie delle nostre chiese medievali, si staglia il grande crocifisso con il cartello che Pilato fece scrivere e porre sopra il suo capo: \u201cGes\u00f9 nazareno re dei giudei\u201d (abbreviazione latina: INRI<\/em>). Quella scritta, composta nelle tre lingue allora parlate, suona come una proclamazione ufficiale. \u00c8 gi\u00e0 un fatto paradossale che nei Vangelo si parli di \u201cCristo re\u201d solo nei racconti della passione, dove questo titolo \u00e8 il motivo della sua condanna a morte. In Giovanni quella parola compare addirittura dodici volte. Da lui viene il brano del vangelo appena letto. Costituisce il secondo episodio dei sette con cui \u00e8 scandito il processo di Ges\u00f9 davanti al procuratore romano Ponzio Pilato.<\/p>\n

Tutto sommato quello celebrato da Pilato \u00e8 l\u2019unico vero processo al quale Ges\u00f9 \u00e8 sottoposto, perch\u00e9 gli interrogatori davanti a Caifa e al Sinedrio appaiono piuttosto come inchieste giudiziarie. Dopo quelle inchieste preliminari, Ges\u00f9 fu portato al tribunale romano, il solo che aveva il potere di condannare a morte l\u2019imputato. Qui fu formulato chiaramente il principale capo di imputazione, che era quello di essersi proclamato re. Su questo capo d\u2019accusa del processo romano i quattro vangeli sono tutti d\u2019accordo. I membri del Sinedrio formularono la loro denuncia a Pilato fuori del palazzo pretorio. Non potevano entrare in casa di un pagano, altrimenti si sarebbero contaminati e non avrebbero potuto celebrare la Pasqua, che iniziava proprio la sera del processo (18,28). Il procuratore non sembr\u00f2 dare molta importanza a quei fanatici accusatori e, all\u2019inizio, tent\u00f2 di rifiutare un processo che veniva a turbare la sua quiete. Ma dietro insistenza dei capi giudei, entr\u00f2 nel pretorio e fece chiamare Ges\u00f9. Inizi\u00f2 cos\u00ec, in maniera stanca e controvoglia, il processo pi\u00f9 importante della storia. Esso si svolse tutto attorno al tema della regalit\u00e0 di Cristo, l\u2019unico che i romani potevano prendere in seria considerazione.<\/p>\n

Il processo romano si basava principalmente sull\u2019interrogatorio dell\u2019imputato; non prevedeva necessariamente l\u2019escussione dei testimoni, che infatti qui non compaiono. La prima domanda del procuratore \u00e8 formulata in maniera sarcastica e tradisce il suo disprezzo e la sua incredulit\u00e0: \u201cTu sei re?\u201d. Era come dire: \u201cTu, proprio tu, cos\u00ec modesto e insignificante, pretendi di essere re?\u201d. Come poteva credere che quell\u2019uomo umiliato e deriso avesse dignit\u00e0 regale? Le apparenze e i fatti lo escludevano chiaramente. Percepito il tono ironico del suo giudice, Ges\u00f9 domanda a sua volta, con grande dignit\u00e0: \u201cDici questo da te o altri ti hanno parlato di me?\u201d. Sapere la provenienza dell\u2019accusa significava capire che senso avesse quella domanda. Se la citazione veniva da Pilato, si capiva bene la sua ironia: egli aveva un\u2019idea di re alla maniera corrente, e certo Ges\u00f9 non era re come lui pensava; non aveva n\u00e9 organizzazione statale, n\u00e9 apparato militare.<\/p>\n

Se la denuncia era stata formulata dai giudei, essa lo indicava come un falso messia, uno dei tanti che i romani in quel tempo dovettero combattere, come riferisce Giuseppe Flavio (Guerra giudaica II,13). Pilato taglia corto su questa discussione e domanda a Ges\u00f9: \u201cChe cosa hai fatto per essere ritenuto falso messia dalla tua gente?\u201d. Gli sembra strano che siano le stesse autorit\u00e0 giudaiche a volerlo processare come rivoluzionario; in fin dei conti era quello che le gente e forse loro stessi attendevano. Le autorit\u00e0 romane, che avevano spie dappertutto, non lo avevano segnalato come persona pericolosa e a Pilato non risultava nessun episodio di provocazione politica. Ma Ges\u00f9 non si difende appellandosi alla sua azione didattica pacifica; porta il discorso su un piano pi\u00f9 alto di quello politico-militare: \u201cIl mio regno non \u00e8 di questo mondo\u201d.<\/p>\n

Infatti, lui stesso e i suoi seguaci non hanno reagito e non hanno fatto nulla per impedire la sua cattura da parte dei giudei. Ges\u00f9 descrive la sua regalit\u00e0 straordinaria prima in maniera negativa e poi in maniera positiva. Egli dice di non essere re alla maniera dei sovrani di questo mondo: non ha nessuna reggia, nessuna corte, nessun progetto politico, nessun apparato di potere, nessun sistema di amministrazione governativa. Non ha nemmeno le guardie del corpo che lo difendano. Egli supera ogni stereotipo regale. In maniera positiva, dice di essere venuto piuttosto per testimoniare la Verit\u00e0 di Dio, cio\u00e8 la presenza del suo regno nel mondo, un regno che non fa concorrenza a quelli mondani, ma \u00e8 al disopra di tutti e li contesta. Pilato gli aveva chiesto: \u201cChe cosa hai fatto\u201d, egli risponde di aver sempre e solo annunciato che \u201cil regno di Dio \u00e8 vicino\u201d (Mc<\/em> 1,15) con le sue parole e i suoi miracoli. Egli ha incarnato questo regno divino che non \u00e8 di quaggi\u00f9. \u00e8 il regno che il profeta Daniele ci descrive oggi nella prima lettura: una regalit\u00e0 che viene dall\u2019alto, da Dio creatore e signore del mondo, un potere illimitato e universale a cui tutti devono sottomettersi, un regno definitivo che non sar\u00e0 mai distrutto.<\/p>\n

Un regno che non \u00e8 basato sulla costrizione, ma sulla conversione che genera convinzione, un regno che ha per fondamento non la forza delle leggi, ma la legge dell\u2019amore. Ges\u00f9 dir\u00e0 che la sua autorit\u00e0 non sta nell\u2019essere servito , ma nel servire e dare la vita in riscatto per molti (Mc<\/em> 10,41-45). Nessun re aveva allora e non avr\u00e0 mai questo progetto politico. Pilato si trova spiazzato davanti ad una risposta cos\u00ec paradossale, che non comprende, e conclude scettico: \u201cChe cos\u2019\u00e8 la Verit\u00e0?\u201d. La festa di oggi ci pone davanti a questa verit\u00e0 da riconoscere e da accettare: \u201cGes\u00f9 regna dalla croce, dando la sua vita per amore di tutti noi\u201d. Egli ha rivelato che \u201cDio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch\u00e9 chiunque crede in lui, non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha mandato il suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch\u00e9 il mondo si salvi per mezzo di lui\u201d (Gv<\/em> 3,16s).<\/p>\n

Nel prefazio<\/em> della messa diciamo che Ges\u00f9 sacrific\u00f2 la sua vita sull\u2019altare della croce, oper\u00f2 il mistero della redenzione e offr\u00ec alla maest\u00e0 del Padre \u201cil regno eterno e universale: regno di verit\u00e0 e di vita, regno di santit\u00e0 e di grazia, regno di amore e di giustizia, di amore e di pace\u201d. \u00c8 questa la Verit\u00e0 sulla quale Ges\u00f9 chiede di sintonizzarci per ascoltare la sua voce e diventare suoi seguaci pi\u00f9 che suoi sudditi, suo amici e fratelli pi\u00f9 che suoi servi. Il suo regno \u00e8 una famiglia divina di figli conosciuti e amati personalmente, di fratelli che si amano e si aiutano reciprocamente. Su questa base umana di collaborazione, il regno di Cristo si inserisce nel contesto della politica per purificarla e rinnovarla. Questo \u00e8 il compito dei cristiani, che non sono del mondo, ma vivono nel mondo non da estranei.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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