Un giorno, mentre dipingevo all\u2019esterno il muro di una casa a Skhod\u00ebr, tracciai come al solito il piccolo segno di croce prima di cominciare a prendere il cibo su un mucchio di pietre. Una fanciulla di cinque anni che mi guardava lavorare si avvicin\u00f2 e mi disse: \u2018No, no! Non \u00e8 cos\u00ec! Devi fare il segno di croce prima sulla fronte, poi sul petto a sinistra, a destra e per finire unire le due mani!\u2019. Domandai a questa fanciulla: \u2018Chi ti ha insegnato a fare il segno di croce?\u2019. Ella mi guard\u00f2 e rispose: \u2018Mia madre\u2019\u201d. L\u2019incontro \u00e8 raccontato da Leon Kabashi, un francescano condannato ai lavori forzati e sopravvissuto al massacro di vescovi, preti e laici, avvenuto in Albania dal 1944 al 1991 durante il regime di Hoxha. La sua storia, con altre ancor pi\u00f9 tragiche, \u00e8 nella raccolta di testimonianze Hanno voluto uccidere Dio (ed. Avagliano, 2007), curata da Didier Rance. Accanto a questo libro il testo della sentenza della Corte europea dei diritti dell\u2019uomo con la quale, il 3 novembre, viene chiesta la rimozione del crocifisso dai luoghi pubblici. Si aprono domande e riflessioni. Popoli interi nella storia europea, e non solo, si sono rivolti al Crocifisso nei momenti di disperazione, sofferenza, distruzione. Vi si sono aggrappati. Hanno avvertito una presenza silenziosa nell\u2019attraversare la notte e il deserto. L\u2019Europa non \u00e8 nella sentenza di una Corte, e la stessa Unione europea ha dato un primo segnale di distanza. L\u2019Europa \u00e8 nella gente che domenica scorsa affollava la cattedrale di Budapest dove veniva proclamato beato il vescovo martire Meszl\u00e9ni. L\u2019Europa \u00e8 nella gente che pone il crocifisso nella propria casa come lo pone all\u2019incrocio delle strade, nel centro delle piazze e davanti ai cancelli dei cantieri navali di Danzica. Questa Europa sa che il silenzio del Crocifisso non \u00e8 assenza di parole. Il Crocifisso non tace: parla con un linguaggio, cos\u00ec diverso ma cos\u00ec diretto, al cuore e alla mente che anche i sordi lo odono. Il Crocifisso non ha parole, \u00e8 egli stesso Parola: dentro la storia e dentro la cultura. Presenza che ha fatto nascere domande non solo in scrittori, poeti, filosofi, scienziati ma anche in persone umili, emarginate, indifese. Negli stessi bambini. Il Crocifisso, infine, \u00e8 posto sulle vette delle montagne come \u00e8 posto sulle vette dei pensieri. Raggiungere le grandi altezze \u00e8 fatica per tutti, credenti e non credenti, ma \u00e8 a quelle altezze che avviene l\u2019incontro con la Bellezza. La cultura \u00e8 sempre stata compagna di cordata della fede nella salita verso la cima, verso la verit\u00e0, e il Crocifisso \u00e8 sempre stato la bussola che, in tempi e modi diversi, ha indicato la direzione del comune cammino. Non si \u00e8 mai imposto con la forza, e un Papa ha chiesto perdono per coloro che nella storia lo hanno tradito usando la violenza per farlo conoscere. Il Crocifisso ha sempre voluto essere il volto della libert\u00e0 pi\u00f9 alta, quella che porta a rinunciare a se stessi per fare spazio agli altri fino alle estreme conseguenze. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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