{"id":7975,"date":"2009-11-06T00:00:00","date_gmt":"2009-11-06T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7975"},"modified":"2015-06-16T17:24:36","modified_gmt":"2015-06-16T15:24:36","slug":"la-vera-e-la-falsa-religiosita","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/la-vera-e-la-falsa-religiosita\/","title":{"rendered":"La vera e la falsa religiosit\u00e0"},"content":{"rendered":"

Tutti siamo in grado di riconoscere intorno a noi la vera e falsa religiosit\u00e0; ci riesce pi\u00f9 difficile discernere in noi stessi gli atteggiamenti corrispondenti all\u2019una e all\u2019altra situazione. Oggi il vangelo ci invita ad un sano discernimento personale presentandoci due esempi: quello ipocrita degli scribi e quello generoso di una vedova povera. L\u2019insegnamento di Ges\u00f9 inizia con un ammonimento: \u201cGuardatevi dagli scribi!\u201d, cio\u00e8 guardatevi dall\u2019assumere convinzioni e atteggiamenti simili a quelli dei dottori della legge, i rabbini. Ges\u00f9 non intende generalizzare, mettendo alla berlina tutta la categoria degli scribi; vuole solo stimmatizzare i comportamenti che alcuni di loro ostentavano, divenendo emblemi di una religiosit\u00e0 falsa e urtante.<\/p>\n

Il comportamento di queste persone \u00e8 descritto da Ges\u00f9 con ironia sferzante in cinque atteggiamenti caratteristici: la vanit\u00e0, la notoriet\u00e0, la preminenza, lo sfruttamento, la piet\u00e0 ostentata. Al primo Ges\u00f9 pone la vanit\u00e0 che induce gli scribi a comportarsi come modelli sempre in passerella, vestiti a festa, con vesti drappeggiate e variegate. Ges\u00f9 allude forse al Tallit<\/em>, il mantello della preghiera di colore bianco ma ornato di bande colorate e di ricche frange, usato ancora oggi, sia pure in forma ridotta. Alla vanit\u00e0 Ges\u00f9 aggiunge la sete di notoriet\u00e0, una specie di ricerca maniacale di ossequio pubblico nelle vie e nelle piazze; desideravano essere riveriti, acclamati e venerati dalla gente, non importa se per amore o per timore. Questa ostentazione di preminenza e di superiorit\u00e0 li portava all\u2019occupazione dei primi posti nei banchetti e nelle sinagoghe.<\/p>\n

Nei banchetti i posti di onore erano quelli pi\u00f9 vicini al padrone di casa, nelle sinagoghe erano le sedie della prima fila dotate di braccioli e magari leggermente rialzati. Il colpo di frusta Ges\u00f9 lo sferra quando li dipinge come sfruttatori delle vedove, la categoria di persone pi\u00f9 indifesa. Essendo esperti della legge, si proponevano come avvocati difensori nelle interminabili cause di eredit\u00e0, esigendo poi ricche parcelle. Ultima pennellata \u00e8 costituita dalla loro ostentazione di devozione e di santit\u00e0. Ha un che di umoristico, nel quadro realistico dipinto da Ges\u00f9, vederli pregare a lungo in maniera ipocrita \u201cnelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, stando ritti per esser visti dalla gente\u201d (Mt<\/em> 6,5). Ges\u00f9 li definiva \u201csepolcri imbiancati, che all\u2019esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume\u201d (Mt<\/em> 23,27). A questo quadro negativo di ironia sferzante l\u2019evangelista abbina un simpatico quadretto positivo, preso dal vivo, che ha per protagonista una vedova povera, una di quelle che gli scribi sfruttavano e disprezzavano. Ges\u00f9 conclude cos\u00ec in maniera graziosa i suoi discorsi polemici con le autorit\u00e0 giudaiche di Gerusalemme.<\/p>\n

Siamo nell\u2019atrio interno del Tempio, chiamato cortile delle donne, dove era collocata la \u201cstanza del tesoro\u201d (in greco gazofylakion<\/em>). Ce lo indica lo storico Giuseppe Flavio (BJ<\/em> V,5,2). Altri testi rabbinici ci informano che qui erano collocate 12 grosse casse destinate alla raccolta delle offerte per il culto del santuario. Ogni cassa aveva un\u2019apertura a tromba per introdurre le monete, che scivolavano dentro tintinnando. Nella stanza c\u2019era un sacerdote addetto a riscuotere le tassa del tempio e a registrare eventuali donazioni di gioielli e oggetti preziosi. Ges\u00f9 \u00e8 seduto con i discepoli proprio di fronte a quella stanza e osserva l\u2019andirivieni delle persone che vengono a deporre la loro offerta. Le monete di valore rilasciate a manciate dai ricchi fanno grande fracasso, scorrendo e suscitando l\u2019ammirazione dei presenti. Ad un certo punto compare una vedova povera, riconoscibile dai vestiti logori. Ges\u00f9 la punta con attenzione e simpatia particolari. Forse gli ricorda sua madre. La donna scioglie il piccolo nodo del fazzoletto e tira fuori le uniche monete che ha: sono due lepta, due spiccioli di rame, le monete pi\u00f9 piccole allora in circolazione.<\/p>\n

Marco spiega ai suoi lettori romani che la loro somma equivale ad un soldo, cio\u00e8 un \u201cquadrante\u201d, la minima misura monetaria usata a Roma. Meno di cos\u00ec non si poteva dare, ma Ges\u00f9 commenta che pi\u00f9 di cos\u00ec non si poteva dare, perch\u00e9 quella vedova \u201caveva dato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere\u201d. Aveva scoperto in quella creatura le vere dimensioni nascoste della sua offerta. Guardando la generosit\u00e0 di quella vedova non poteva fare a meno di pensare alla vedova di Sarepta, una dotta ridotta all\u2019estrema miseria, che diede ad Elia quanto aveva in casa per s\u00e9 e per suo figlio: un pugno di farina e poche gocce d\u2019olio.<\/p>\n

Dietro invito del profeta la donna impast\u00f2 la farina e ne compose una focaccia che port\u00f2 all\u2019uomo di Dio. L\u2019episodio \u00e8 riferito dalla prima lettura di oggi presa del I<\/em> Libro dei Re<\/em> (17,10-16). Quella donna si era fidata di Dio e da quel giorno \u201cla farina nella giara non venne meno e l\u2019orcio dell\u2019olio non diminu\u00ec\u201d. Cos\u00ec Elia, perseguitato e braccato, pot\u00e9 trovare alloggio in quella casa ospitale. Ambedue le vedove sono donne di fede grande: rischiano tutto, ponendo la loro speranza solo nella provvidenza di Dio. Ges\u00f9 aveva inculcato ai suoi discepoli questa fede assoluta e ora la pu\u00f2 mostrare in concreto in quella vedova incontrata per caso nella casa del Padre. Ges\u00f9 nel Discorso della montagna aveva detto: \u201cNon preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete, n\u00e9 per il vostro corpo di quello che indosserete. La vita non vale forse pi\u00f9 del cibo e il corpo pi\u00f9 del vestito? Il Padre vostro celeste, infatti, sa di che cosa avete bisogno.<\/p>\n

Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta\u201d (Mt<\/em> 6,25-33). Quella donna, che pur non aveva ascoltato il Discorso in Galilea, lo stava ugualmente vivendo per istinto di fede. Ebbe perci\u00f2 la lode di Ges\u00f9. Le due parti del vangelo che abbiamo commentato stabiliscono un chiaro confronto valido ancora oggi per tutti noi. Da una parte viene criticata una religiosit\u00e0 vanitosa, dall\u2019altra parte viene lodata una fede forte nascosta e discreta; da una parte c\u2019\u00e9 l\u2019avarizia insaziabile di chi approfitta dei deboli, dall\u2019altra c\u2019\u00e8 la generosit\u00e0 totale senza calcoli. Gli scribi inseguono la notoriet\u00e0 e i privilegi, la vedova cerca il nascondimento e la modestia. Gli uni ostentano devozione con lunghe preghiere, la donna pratica la carit\u00e0 effettiva senza far sapere alla sua sinistra ci\u00f2 che fa la sua destra (Mt<\/em> 6,3). Forse dovremmo andare a scuola di fede e di speranza dagli umili che le praticano senza suonare la tromba davanti a loro. Ogni parrocchia ne ha qualcuno. Il rischio dei maestri \u00e8 la presunzione di insegnare ci\u00f2 che essi non praticano. Il vangelo di oggi insegna.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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