{"id":78347,"date":"2024-07-29T15:52:23","date_gmt":"2024-07-29T13:52:23","guid":{"rendered":"https:\/\/www.lavoce.it\/?p=78347"},"modified":"2024-10-30T00:18:31","modified_gmt":"2024-10-29T22:18:31","slug":"migranti-in-una-terra-che-ora-e-quasi-casa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/migranti-in-una-terra-che-ora-e-quasi-casa\/","title":{"rendered":"Migranti. In una terra che ora \u00e8 (quasi) casa"},"content":{"rendered":"

Tre migranti con storie personali diverse, che per\u00f2 condividono uno stesso scopo, cio\u00e8 quello di vedere un cambiamento nelle generazioni future di stranieri, per quanto riguarda i loro diritti di cittadini e di partecipazione alla vita pubblica in Italia. Le storie che riportiamo di seguito sono state raccontate proprio dai protagonisti lo scorso luglio a Terni, nell’ambito di un incontro organizzato dal progetto Voci dal mondo<\/a>.<\/strong><\/em><\/p>\n

Bobby. Le \u201crivoluzioni\u201d partono da piccoli passi<\/h2>\n

La prima esperienza personale viene raccontata da Bobby,<\/strong> ragazzo indiano arrivato in Italia all\u2019et\u00e0 di 10 anni e residente a Narni da 17 anni.<\/p>\n

Attualmente, studia all\u2019Universit\u00e0 di Roma. Secondo lui, i genitori dei migranti hanno costruito le basi, e adesso spetta alla seconda generazione di studenti e lavoratori costruire la casa. In Italia, trenta o quaranta anni fa, era raro vedere le donne lavorare in Comune, alle Poste o nelle banche, oggi \u00e8 la normalit\u00e0. Bobby fa una domanda provocatoria al pubblico: \u201cquanti migranti vediamo oggi negli uffici pubblici?\u201d. Il giovane afferma di non averne visto nessuno. Continua dicendo che il primo passo deve avvenire proprio dalla seconda generazione di migranti, i quali devono impegnarsi per ottenere la cittadinanza ed entrare al lavoro negli uffici pubblici. Inoltre, i migranti rappresentano un valore aggiunto per la comunit\u00e0, e non una cosa negativa. Per vedere un cambiamento, dunque, i migranti devono essere coloro che fanno i primi passi. Come chiusura del suo intervento, Bobby conclude che \u201cle rivoluzioni partono proprio dai piccoli passi\u201d.<\/p>\n

Juliana. La tesi per la laurea: \u201cIl velo oscuro delle frontiere\u201d<\/h2>\n

Il secondo intervento vede come protagonista Juliana,<\/strong> immigrata dal Brasile e residente in Italia da sei anni. Si \u00e8 laureata in Storia e teologia in Brasile, un indirizzo che non viene riconosciuto in Italia e, dunque, per questo motivo ha dovuto continuare i suoi studi. Ha 39 anni, uno spirito giovane e una grande voglia di fare tante cose.<\/p>\n

Abita a Terni con tutta la sua famiglia. Juliana sta scrivendo una tesi intitolata Il velo oscuro delle frontiere,<\/em> un progetto di integrazione con la partecipazione degli immigrati del Comune di Terni. Ci\u00f2 che ha spinto Juliana a scrivere questa tesi \u00e8 la sua esperienza, con le tante sfide e difficolt\u00e0 da immigrata e una voglia affascinante di scoprire come funzionano le migrazioni in Italia.<\/p>\n

Juliana vorrebbe vedere tanti cambiamenti nelle situazioni dei migranti in futuro, come per esempio vedere pi\u00f9 persone lavorare negli uffici pubblici. Lei va oltre gli stereotipi, affermando che anche gli immigrati hanno le capacit\u00e0 e le esperienze per svolgere questi tipi di lavori. Per quanto riguarda i suoi piani futuri, vorrebbe lavorare negli uffici pubblici, insieme ad altri migranti presenti nella citt\u00e0 di Terni.<\/p>\n

Eddy, in Italia dal 1977: non tagliate le vostre radici!<\/h2>\n

L\u2019ultima storia viene raccontata da Eddy,<\/strong> originario della Nigeria e un vero testimone vivente nel territorio di Terni, poich\u00e9 ci abita dal 1977.<\/p>\n

Quando \u00e8 arrivato in Italia erano anni di sogni e fatiche. Coloro che arrivavano in Italia erano chiamati \u201cimmigrati intellettuali\u201d, immigrati per motivi di studio. In quegli anni gli immigrati non potevano lavorare, dato che non c\u2019era una legge italiana che permettesse a uno straniero di poter lavorare. Questo perch\u00e9 c\u2019erano ancora retaggi delle leggi razziali. \u00c8 grazie al sindacalista di quei tempi, Carlo Donat-Cattin, divenuto ministro dell\u2019Industria, e promotore della legge 943 del 1986, che finalmente lo straniero poteva intraprendere un\u2019attivit\u00e0 lavorativa ed essere equiparato a un italiano occupato, disoccupato o inoccupato. Secondo Eddy, la seconda generazione mette una sorta di paura alla prima generazione poich\u00e9 i bambini nati in Italia possono essere assimilati, e quindi spogliarsi della propria identit\u00e0 culturale. Ci\u00f2 che chiede Eddy ai migranti di seconda generazione \u00e8 di rimanere legati con il cordone ombelicale al proprio Paese di origine. Inoltre, esorta i migranti a lottare per i diritti di cittadinanza, cio\u00e8 per i diritti all\u2019istruzione, formazione e riqualificazione, e per i diritti di partecipazione alla vita pubblica, cio\u00e8, avere il diritto di votare. Eddy, infatti, si chiede \u201ccom\u2019\u00e8 possibile integrarsi nella comunit\u00e0 se non si pu\u00f2 scegliere l\u2019amministratore o partecipare al referendum comunale?\u201d. Conclude dicendo che queste sono delle piccole lotte che i migranti devono portare avanti a nome di tutti.<\/p>\n

Denisa Ioana<\/strong><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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