{"id":77817,"date":"2024-10-02T14:00:38","date_gmt":"2024-10-02T12:00:38","guid":{"rendered":"https:\/\/www.lavoce.it\/?p=77817"},"modified":"2024-10-01T20:40:27","modified_gmt":"2024-10-01T18:40:27","slug":"il-ritorno-dei-referendum","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-ritorno-dei-referendum\/","title":{"rendered":"Il ritorno dei referendum"},"content":{"rendered":"

Tornano i referendum abrogativi<\/strong>. Riguardano autonomia differenziata, Jobs Act e cittadinanza<\/strong>, per un totale di sette quesiti che ora dovranno superare il vaglio di ammissibilit\u00e0 alla Corte costituzionale. Il responso \u00e8 atteso per gennaio.<\/p>\n

Ma sull\u2019autonomia ci sar\u00e0 un primo passaggio cruciale gi\u00e0 a novembre, quando la Consulta esaminer\u00e0 i ricorsi che le Regioni guidate dal centro-sinistra hanno presentato utilizzando il canale diretto previsto dalla Costituzione. Perch\u00e9 il procedimento possa avere luogo, esse dovranno innanzitutto dimostrare che la legge Calderoli lede i loro interessi: \u00e8 un caso giuridicamente molto sensibile, ulteriormente complicato dal fatto che non solo il Governo si costituir\u00e0 in giudizio per difendere la legge, ma anche il Veneto impugner\u00e0 i ricorsi delle altre Regioni.<\/p>\n

Ma a cosa \u00e8 dovuto questo ritorno?<\/strong> Le ultime consultazioni risalgono al 2022, quando sui quesiti in materia di giustizia si raggiunse a stento una partecipazione del 20%, abissalmente lontana dal quorum richiesto. Poi bisogna risalire al 2016, al quesito contro le trivellazioni marine, con un\u2019affluenza che si ferm\u00f2 poco oltre il 30%. La tornata precedente, nell\u2019ormai lontano 2011, fu l\u2019ultima in cui i votanti superarono la soglia del 50% necessaria per la validit\u00e0 della consultazione; in quella circostanza vennero abrogate norme in diversi ambiti, dal nucleare all\u2019acqua pubblica. Da allora, complice il progressivo incremento dell\u2019astensionismo elettorale a ogni livello, il raggiungimento del quorum \u00e8 diventato un ostacolo quasi insuperabile e questo ha sistematicamente scoraggiato altre iniziative. Come interpretare, dunque, la nuova impennata referendaria?<\/p>\n

\u00c8 un segnale che pu\u00f2 essere ricondotto alla crisi della rappresentanza politica tradizionale<\/strong>, ma \u00e8 anche il sintomo di una vitalit\u00e0 democratica che non trova altri strumenti per esprimersi e coglie le opportunit\u00e0 offerte da iniziative che vanno al di l\u00e0 della pura e semplice dialettica parlamentare tra maggioranza e opposizione. Un dato nuovo \u00e8 quello della possibilit\u00e0 della firma digitale<\/strong>. Il potenziale di tale innovazione \u00e8 emerso con chiarezza a proposito del referendum sulla cittadinanza, il cui quesito \u00e8 stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 5 settembre e ha raggiunto il tetto delle 500 mila firme in meno di un mese. Tempi e costi della raccolta delle firme cambiano radicalmente, se basta un click. Il mezzo milione di sottoscrizioni diventa un obiettivo alla portata di molti, anche se poi (ammesso che la Consulta dia il via libera) bisogna portare alle urne 25 milioni di elettori perch\u00e9 la consultazione sia valida.<\/p>\n

C\u2019\u00e8 il rischio di ritrovarsi con referendum a raffica che non conducono a nulla<\/strong>: un terribile boomerang per la partecipazione. Ecco perch\u00e9 si discute dell\u2019ipotesi di aumentare drasticamente il numero delle firme da raccogliere e, allo stesso tempo, di abbassare il quorum nelle urne rapportandolo al numero dei votanti alle ultime elezioni politiche, e non a quello degli aventi diritto in astratto.<\/p>\n

Qui, oltre agli aspetti tecnici, si impone una riflessione sul senso complessivo dello strumento referendario<\/strong> in una democrazia rappresentativa. Da un lato, infatti, bisogna scongiurare il pericolo che un uso distorto dei referendum possa indurre una deriva plebiscitaria del sistema; dall\u2019altro la valorizzazione delle forme di democrazia diretta pu\u00f2 costituire un utile bilanciamento a fronte di un ruolo sempre pi\u00f9 forte dell\u2019Esecutivo, tanto pi\u00f9 nella prospettiva di un\u2019eventuale riforma del premierato.<\/p>\n

Stefano De Martis<\/strong><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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