{"id":7774,"date":"2009-08-07T00:00:00","date_gmt":"2009-08-07T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7774"},"modified":"2015-06-17T11:25:15","modified_gmt":"2015-06-17T09:25:15","slug":"linvito-scandaloso-a-mangiare-la-carne-viva-di-gesu","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/linvito-scandaloso-a-mangiare-la-carne-viva-di-gesu\/","title":{"rendered":"L’invito scandaloso a mangiare la carne viva di Ges\u00f9"},"content":{"rendered":"
La dichiarazione iniziale di questo brano fa da ponte tra la visione simbolica\/personale di Ges\u00f9 come pane disceso dal cielo con l’incarnazione, e la visone sacramentale dell’eucaristia donata a noi con la morte di croce e la risurrezione. Ci viene detto che l’eucaristia \u00e8 la carne di Ges\u00f9 che si \u00e8 fatto uomo per noi, ma anche la carne immolata sulla croce e glorificata nella risurrezione. L’eucaristia \u00e8 il tesoro inestimabile che il Padre ci ha affidato, \u00e8 il paradiso a portata di mano di ogni credente. Siamo radunati come famiglia di Dio per riscoprire questo “mistero della fede”, una realt\u00e0 divina nascosta ai nostri sensi, che solo Cristo poteva rivelarci, perch\u00e9 “nessuno \u00e8 mai salito al cielo, se non colui che \u00e8 disceso dal cielo” (Gv<\/em> 3,13). Nel brano appena letto, Giovanni ha voluto trascriverci le ultime battute di un’omelia eucaristica domenicale che ci riporta nel cenacolo per spiegarci il significato delle parole pronunciate da Ges\u00f9 nella sera di Pasqua. Essa invita le nostre assemblee domenicali, spesso distratte e abitudinarie, a riscoprire il significato paradossale e scandaloso di ci\u00f2 che celebrano.<\/p>\n La liturgia riproduce la presenza di Ges\u00f9 tra noi con un po’ di pane e un po’ di vino, consacrati dalle parole che Cristo us\u00f2 la vigilia della sua passione. Mangiamo realmente la sua carne e beviamo il suo sangue, ma magari senza essere del tutto consapevoli di ci\u00f2 che facciamo. Giovanni vuole aiutarci a capire meglio, ricostruendo un dialogo tra Ges\u00f9 e i giudei radunati nella sinagoga di Cafarnao. La dichiarazione iniziale sembra nascondere la formula di consacrazione eucaristica giovannea in uso nelle Chiese dell’Asia: “Il pane che io dar\u00f2 \u00e8 la mia carne per la vita del mondo”. Essa rispecchia le formule usate nei vangeli sinottici, specie quella riportata da Luca: “Questo \u00e8 il mio corpo che \u00e8 dato per voi” (Lc<\/em> 22,19).<\/p>\n Non possiamo dimenticare che Luca, come Giovanni, scrive il suo vangelo ad Efeso e conosce la formula giovannea. Riesce cos\u00ec a combinarla con quella usata da Paolo nelle sue liturgie asiatiche. Solo che Giovanni preferisce sostituire il termine ‘corpo’ con quello di ‘carne’. Ambedue sono traduzione del termine aramaico bisra’ usato da Ges\u00f9 nell’ultima cena. Giovanni preferisce questo termine perch\u00e9 pi\u00f9 realistico e concreto. Esso traduce meglio lo svuotamento operato dal Figlio di Dio quando prese la nostra natura mortale, vulnerabile e limitata. Gi\u00e0 nel prologo del vangelo indica che l’Unigenito Dio, presente nel grembo del Padre fin dall’eternit\u00e0 e creatore del mondo, super\u00f2 la distanza infinita che lo separava da noi, facendosi “carne”. L’altro salto esistenziale ancora pi\u00f9 in basso lo fece quando divenne “pane” da mangiare: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo”.<\/p>\n Un pane-carne da mangiare masticando, come indica con realismo il verbo troghein<\/em>, usato nel piccolo brano di oggi ben quattro volte in alternativa con quello omonimo pi\u00f9 frequente e meno volgare, esthiein<\/em>. La formula adottata da Giovanni poi scavalca le mura anguste del cenacolo e allarga l’orizzonte salvifico dell’eucaristia al mondo intero, dicendo che quel pane non \u00e8 dato solo “per voi”, ma \u00e8 offerto per la salvezza del mondo. Quella carne immolata e glorificata nella Pasqua \u00e8 offerta agli uomini come fonte di salvezza per tutti, perch\u00e9 \u00e8 la carne “dell’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv<\/em> 1,29). Mangiarla significa collocarla al centro e nel cuore del mondo come antidoto contro il male e la morte.Proprio questo invito di Ges\u00f9 a mangiare la sua carne viva scandalizza gli ascoltatori. Gli ebrei avevano e hanno grande ripugnanza religiosa a mangiare la carne contenente sangue; bere il sangue \u00e8 assolutamente proibito dalla loro legge (Lev<\/em> 3,17; 17,10s).<\/p>\n A questa ripugnanza si aggiunga l’orrore naturale di mangiare carne umana, e ci rendiamo conto della loro protesta rumorosa. Essi hanno interpretato le parole di Ges\u00f9 in modo materialistico, come avevano fatto Nicodemo (3,4) e la Samaritana (4,11), e non in modo spirituale e sacramentale. La presenza e l’azione di Ges\u00f9 ci raggiungono nei sacramenti attraverso segni comuni quotidiani come l’acqua, il pane e il vino, cos\u00ec non destano ripugnanza e sono alla portata di tutti. Ma qui Ges\u00f9 non si attarda a spiegare queste cose. Ribadisce il suo invito con un’assicurazione solenne,, prima in maniera negativa poi in maniera positiva: “In verit\u00e0, in verit\u00e0 vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciter\u00f2”.<\/p>\n Ora la carne e il sangue si presentano separati come segno di morte sacrificale, e al mangiare si aggiunge il bere, come nella cena pasquale narrata dai Sinottici. L’evangelista specifica ulteriormente i due elementi del banchetto eucaristico come veniva celebrato: “La mia carne \u00e8 vero cibo, e il mio sangue \u00e8 vera bevanda”. Siamo portati nel cuore delle fede eucaristica cristiana, dove le apparenze nascondono la realt\u00e0 “vera”, quella “autentica” appartenente al mondo di Dio, e diventano “mistero della fede”. Giovanni aggiunge ora la descrizione dei due effetti che l’eucaristia produce: il dono della vita eterna e l’unit\u00e0 di vita con Ges\u00f9. Il primo garantisce, a chi partecipa con fede al banchetto, la vita eterna e la risurrezione nell’ultimo giorno. Non si tratta solo di avere l’immortalit\u00e0, ma di possedere la vita divina, quella che fa figli di Dio.<\/p>\n Questa vita \u00e8 data al cristiano nel battesimo mediante l’acqua e lo Spirito (Gv<\/em> 3,5), ma viene mantenuta e garantita dal nutrimento eucaristico. Non si vive senza mangiare. Chi non mangia muore. L’eucaristia assicura il dono della vita divina, perch\u00e9 ci tiene uniti a Cristo in modo da formare con lui una cosa sola, come dice Paolo: “Poich\u00e9 vi \u00e8 un solo pane, noi siamo, bench\u00e9 molti, un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor<\/em> 10,17). Questo vuole dire Ges\u00f9 quando garantisce: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui”. Lo scambio e la comunicazione della vita passa attraverso l’unione fisica misteriosa che si verifica nell’eucaristia. La legge dell’assimilazione \u00e8 applicata alla rovescia: non \u00e8 il cibo ad essere cambiato nella nostra carne e nel nostro sangue, ma \u00e8 la carne e il sangue di Ges\u00f9 ad assimilare noi, cambiandoci in Lui. Noi siamo rami attaccati alla vite; senza questa unione, non viviamo (Gv<\/em> 15,4s).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La dichiarazione iniziale di questo brano fa da ponte tra la visione simbolica\/personale di Ges\u00f9 come pane disceso dal cielo con l’incarnazione, e la visone sacramentale dell’eucaristia donata a noi con la morte di croce e la risurrezione. 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