{"id":7764,"date":"2009-08-07T00:00:00","date_gmt":"2009-08-07T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7764"},"modified":"2015-05-28T15:36:34","modified_gmt":"2015-05-28T13:36:34","slug":"se-vuoi-la-pace-rispetta-il-creato","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/se-vuoi-la-pace-rispetta-il-creato\/","title":{"rendered":"Se vuoi la pace rispetta il creato"},"content":{"rendered":"

“Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”: sar\u00e0 questo il tema della prossima Giornata mondiale della pace, che si celebrer\u00e0 il 1’gennaio 2010. Il tema scelto dal Papa, spiega una nota, intende “sollecitare una presa di coscienza dello stretto legame che esiste nel nostro mondo globalizzato e interconnesso tra salvaguardia del creato e coltivazione del bene della pace”. La Chiesa italiana sta intanto organizzando la tradizionale Marcia della pace di fine anno, che passer\u00e0 per L’Aquila e durer\u00e0 tre giorni: il 30 dicembre inizier\u00e0 con un incontro di riflessione a Terni, sar\u00e0 in Abruzzo il 31 e si concluder\u00e0 il 1′ gennaio 2010 a Piazza San Pietro. Ne abbiamo parlato con Matteo Mascia, esperto di temi ambientali della Fondazione Lanza.<\/p>\n

Quale legame c’\u00e8 tra salvaguardia del creato e costruzione della pace?<\/strong> “\u00c8 un tema veramente importante e significativo, in continuit\u00e0 con il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata della pace del 1990 ‘Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato’, ancora di grandissima attualit\u00e0. Sulle emergenze ambientali e sociali, i cambiamenti climatici, l’uso delle risorse naturali, si pu\u00f2 giocare l’aumento della conflittualit\u00e0 o, in positivo, creare percorsi di cooperazione, solidariet\u00e0, partecipazione. Anche perch\u00e9 l’ambiente, l’aria, l’acqua, trascendono i confini degli Stati, quindi le soluzioni vanno cercate in un contesto di cooperazione multilaterale. L’aumento della temperatura, l’innalzamento del livello dei mari, ecc., provocheranno infatti notevoli scompensi su scala globale. La questione energetica, ad esempio, ha inciso su alcuni grossi conflitti. E sar\u00e0 sempre peggio, perch\u00e9 diminuiscono le fonti non rinnovabili. Dobbiamo allora cercare modalit\u00e0 di cooperazione diverse, pi\u00f9 rispettose delle comunit\u00e0 locali. Altrimenti i pi\u00f9 deboli pagheranno il prezzo pi\u00f9 alto”.<\/p>\n

Eppure non sempre le dichiarazioni dei governi si traducono in fatti, soprattutto in tema di cambiamenti climatici.<\/strong> “\u00c8 vero, ma l’unica alternativa \u00e8 rafforzare la cooperazione multilaterale, rafforzare le Nazioni Unite come governo mondiale con potere di sanzione. Per questo servono norme e regole a livello internazionale. Poi dobbiamo agire a livello continentale e nazionale. Nei singoli Paesi dobbiamo rafforzare normative e controlli. I governi hanno un ruolo fondamentale nell’avviare politiche di riduzione delle emissioni e gestione delle risorse che riconoscano il diritto ad alcuni beni essenziali come l’acqua. Ma gli interessi economici ancora indirizzano le decisioni politiche. Manca assolutamente una visione di lungo termine. In questo modo mettiamo a repentaglio la vita e il futuro delle generazioni future. Allo stesso tempo ci sono forti segnali da parte della societ\u00e0 civile, delle Chiese, delle imprese, di tutti coloro che hanno colto la valenza strategica della salvaguardia dell’ambiente”.<\/p>\n

Ci sono poi molti conflitti legati alla terra, vedi i popoli indigeni in America Latina.<\/strong> “In quei casi \u00e8 importante il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni all’accesso alla terra. \u00c8 ancora in atto uno scontro grandissimo, perch\u00e9 nei Paesi del Sud del mondo spesso si produce in funzione del Nord del mondo e non per l’autosussistenza locale. Qui diventano importanti i comportamenti individuali e globali. Le scelte alimentari possono favorire il consumo di beni locali e stagionali. Pu\u00f2 essere un segnale forte che favorisce gli interessi dei piccoli produttori locali e dei consumatori. \u00c8 importante tenere alta l’attenzione su questi temi. Anche se sul piano culturale, per quanto stia crescendo l’interesse, tanti non si rendono conto che siamo parte della natura, un dono di Dio che ci \u00e8 stato dato non solo per il consumo ma per amministrarlo nel tempo. Dobbiamo continuare a lavorare in un’ottica educativa per modificare il nostro atteggiamento”.<\/p>\n

Perch\u00e9 molti governi ancora non capiscono che si potrebbe fronteggiare la crisi anche investendo sull'”economia verde”?<\/strong> “Abbiamo dei segnali, ma questa nuova cultura ancora fatica ad affermarsi: in Germania, ad esempio, sono stati creati 100.000 nuovi posti di lavoro, Obama negli Usa ha lanciato un piano del genere. In Italia ancora non si capisce che investire sull’ambiente non \u00e8 un costo ma un’opportunit\u00e0. In questo senso l’attuale Governo \u00e8 molto debole, non sta utilizzando la crisi economica come occasione e stimolo per ripensare il nostro modello di crescita, mettendo al centro la questione della sostenibilit\u00e0 e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Se al posto del ‘piano casa’ fossero stati sviluppati programmi di efficienza energetica, avremmo potuto dare una forte spinta alla crescita economica senza mettere a repentaglio il nostro territorio”.<\/p>\n

Anche decisioni come il nucleare non favoriscono certo l’ambiente e la pace.<\/strong> “Assolutamente no. Il nucleare non \u00e8 favorevole all’ambiente perch\u00e9 \u00e8 una tecnologia ad alto rischio che produce scorie tossiche nocive, e per eliminarle servono migliaia di anni. E nessun Paese ha ancora trovato siti sicuri dove smaltirle. Inoltre si usa l’uranio, importato da Paesi del Sud del mondo, nella solita ottica di sfruttamento delle risorse altrui. Rilanciare il nucleare significa avere un atteggiamento del passato. Non c’\u00e8 pi\u00f9 nessun Paese, a parte l’Iran e la Corea, che sta investendo su centrali nucleari di vecchia generazione, semmai sulla ricerca per il nucleare pulito. Il nucleare vuol dire grandi interessi, grandi strutture, soggetti monopolistici che vi lavorano, azioni centralizzate. Al contrario le rinnovabili consentirebbero una grande responsabilizzazione del territorio e una maggiore partecipazione dei cittadini alle scelte”.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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