{"id":7684,"date":"2009-07-10T00:00:00","date_gmt":"2009-07-09T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7684"},"modified":"2015-08-05T15:13:12","modified_gmt":"2015-08-05T13:13:12","slug":"il-mondo-non-lo-si-salva-con-i-luoghi-comuni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-mondo-non-lo-si-salva-con-i-luoghi-comuni\/","title":{"rendered":"Il mondo non lo si salva con i luoghi comuni"},"content":{"rendered":"

L’enciclica Caritas in veritate<\/em> di Benedetto XVI, presentata il 7 luglio, trasforma la dottrina sociale della Chiesa nientemeno che nel rapporto tra la Chiesa e il mondo, dato che essa tratta dello ‘sviluppo umano integrale nella carit\u00e0 e nella verit\u00e0’, dilatando all’estremo il tema della Populorum progressio<\/em> di Paolo VI.<\/p>\n

\u00c8 quindi una grande enciclica perfettamente inserita nel pontificato di Benedetto XVI, che non solo ha fatto dei due termini carit\u00e0 e verit\u00e0 il cuore del suo magistero, ma ha anche posto nel modo pi\u00f9 radicale il tema di “Dio nel mondo” ossia se il cristianesimo sia solo utile o anche indispensabile alla costruzione di un vero sviluppo umano. Il Papa pensa che sia indispensabile e in questa enciclica dice perch\u00e9. \u00c8 un’enciclica coraggiosa, in quanto elimina ogni possibile perplessit\u00e0 sul ruolo pubblico della fede cristiana e sul fatto che da essa derivi una coerente visione della vita, in concorrenza con altre visioni. Il mondo, secondo la Caritas in veritate, non \u00e8 solo da accompagnare nel dialogo e mediante una carit\u00e0 senza verit\u00e0, ma \u00e8 da salvare mediante la carit\u00e0 nella verit\u00e0. Per ottenere questo risultato il Papa ha da un lato “riabilitato” Paolo VI e dall’altro ha indicato il punto di vista teologico dal quale la Chiesa deve considerare i fatti sociali.<\/p>\n

Un ostacolo rimosso<\/strong><\/p>\n

L’intero primo capitolo dell’enciclica \u00e8 dedicato a Paolo VI, appunto per ricordare la sua Populorum progressio<\/em> del 1967. Paolo VI non era incerto sul valore della dottrina sociale della Chiesa, come molti hanno detto e continuano a dire, e non ha per nulla ridimensionato l’importanza di una presenza pubblica del cristianesimo nella storia. Anzi, dice Benedetto XVI, egli ha gettato le basi del grande rilancio che di l\u00ec a poco avrebbe fatto Giovanni Paolo II. Viene cos\u00ec tolto di mezzo uno dei principali argomenti dei teologi che hanno contestato il presunto carattere ideologico della dottrina sociale della Chiesa.<\/p>\n

Essendo Paolo VI il Papa del Concilio, va da s\u00e9 che le precisazioni della nuova enciclica riguardano la valutazione di un intero periodo. Queste affermazioni del Papa hanno la stessa importanza della condanna dell’ermeneutica della frattura circa il Vaticano II da lui fatta nel dicembre 2005. La Caritas in veritate, infatti, afferma che non esistono due dottrine sociali, una pre-conciliare ed una post-conciliare, ma un’unica dottrina sociale della Chiesa. Pio IX o Leone XIII non si erano sbagliati. Fonte: il VangeloQuanto alla visione teologica da cui partire, il Papa chiarisce che questa \u00e8 la fede apostolica e non qualche problema sociologicamente inteso.<\/p>\n

Insomma la Chiesa non parte “dal mondo”ma dalla fede degli apostoli. Solo cos\u00ec essa pu\u00f2 essere utile al mondo. Questa \u00e8 la prospettiva centrale di tutta l’enciclica e spiega l’insieme delle valutazioni che vi sono contenute. Che lo sviluppo vero non possa tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia; che non si possa lottare per la salvaguardia della natura dimenticando la superiorit\u00e0 della persona umana nel creato; che l’eugenetica sia molto pi\u00f9 preoccupante della diminuzione della biodiversit\u00e0 nell’ecosistema; che l’aborto e l’eutanasia corrodano il senso della legge e impediscano all’origine l’accoglienza dei pi\u00f9 deboli, rappresentando una ferita alla comunit\u00e0 umana dalle enormi conseguenze di degrado; che l’economia abbia bisogno di gratuit\u00e0 e che questa non si debba aggiungere alla fine o a latere<\/em> dell’attivit\u00e0 economica, ma deve essere elemento di solidariet\u00e0 dall’interno dei processi economici, dato che ormai, tra l’altro, l’attivit\u00e0 redistributiva dello Stato \u00e8 pressoch\u00e9 impossibile.<\/p>\n

Queste ed altre valutazioni l’enciclica le trae dal Vangelo, e mentre con il Vangelo illumina queste realt\u00e0 – societ\u00e0, economia, politica – le restituisce anche a se stesse, all’autonomia della loro dignit\u00e0, riscontrando impensate convergenze tra la visione cristiana e i bisogni autentici della societ\u00e0 umana. Pensiamo, per esempio, all’economia: la globalizzazione impedisce di fatto agli Stati di organizzare la solidariet\u00e0 “dopo” la produzione.<\/p>\n

Bisogna organizzare la solidariet\u00e0 gi\u00e0 dentro la produzione, come cerca di fare per esempio, tra mille contraddizioni, il movimento della responsabilit\u00e0 sociale dell’impresa. Qui si incontrano i bisogni concreti dell’economia globalizzata di oggi e le indicazioni della fede cristiana, secondo le quali l’economia \u00e8 sempre un fatto umano e comunitario e, quindi, la dimensione etica non la riguarda solo “dopo” ma fin dall’inizio.<\/p>\n

Le novit\u00e0<\/strong><\/p>\n

In questa enciclica per la prima volta vengono trattati in modo sistematico i temi della globalizzazione, del rispetto dell’ambiente, della bioetica e della sua centralit\u00e0 sociale, che nelle precedenti encicliche erano stati solo sfiorati. \u00c8 un’enciclica che guarda decisamente al futuro, con il coraggio del realismo della sapienza cristiana. Lo schema Nord-Sud \u00e8 superato, dice Benedetto XVI; la responsabilit\u00e0 del sottosviluppo non \u00e8 solo di alcuni ma di tanti, compresi i Paesi emergenti e le \u00e9lites di quelli poveri; talvolta anche le organizzazioni umanitarie e gli organismi internazionali sembrano pi\u00f9 interessati al proprio benessere e a quello delle proprie burocrazie che non allo sviluppo dei poveri; il turismo sessuale \u00e8 sostenuto non solo dai Paesi da dove partono i “clienti”, ma anche da quelli che lo ospitano; la corruzione la si ritrova in tutta la filiera degli aiuti umanitari, se i Paesi occidentali sbagliano a proteggere eccessivamente la propriet\u00e0 intellettuale, specialmente per i farmaci, nelle culture dei paesi arretrati ci sono superstizioni e visioni ancestrali che bloccano lo sviluppo, e cos\u00ec via.<\/p>\n

\u00c8 un’enciclica che condanna le ideologie del passato ed anche quelle nuove: dall’ecologismo al terzomondismo. Essa affronta per\u00f2 soprattutto una ideologia, l’ideologia della tecnica, alla quale \u00e8 dedicato l’intero capitolo sesto. Dopo il crollo delle ideologie politiche si \u00e8 consolidata l’ideologia della tecnica, tanto pi\u00f9 pericolosa in quanto si alimenta di una cultura relativista, alimentandola a sua volta. Il punto di vista centrale dell’enciclica \u00e8 stato riassunto dal vescovo Crepaldi come la “prevalenza del ricevere sul fare”.<\/p>\n

E siamo cos\u00ec tornati al problema di fondo: senza Dio gli uomini sono frutto del caso e della necessit\u00e0 e nulla possono ricevere. Ma il mondo – il mercato come la comunit\u00e0 politica – ha bisogno di presupposti che esso stesso non si sa dare. La pretesa cristiana rimane sempre la stessa.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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