{"id":7663,"date":"2009-07-03T00:00:00","date_gmt":"2009-07-03T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7663"},"modified":"2021-03-26T16:52:03","modified_gmt":"2021-03-26T14:52:03","slug":"in-minoranza-ma-ardenti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/in-minoranza-ma-ardenti\/","title":{"rendered":"In minoranza ma ardenti"},"content":{"rendered":"

Si sono svolte il 28 e 29 giugno, tra Antiochia e Tarso – le due citt\u00e0 simbolo per i cristiani in Turchia – le celebrazioni conclusive dell’Anno paolino. A presiedere le liturgie il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, in veste di inviato speciale di Benedetto XVI. Le parole chiave di questi due giorni, ricchi di celebrazioni e di incontri, anche con le autorit\u00e0 civili locali e della regione, che sul Giubileo di Paolo avevano puntato non solo per motivi turistici ma anche di immagine, sono state testimonianza, coerenza, coraggio, esemplarit\u00e0, ovvero tutto ci\u00f2 che serve ad una Chiesa di minoranza come quella cristiana in Turchia per dare significato e qualit\u00e0 alla sua presenza. I numeri non tradiscono: fino a un secolo fa, in Turchia vivevano circa due milioni di cristiani, la comunit\u00e0 proporzionalmente pi\u00f9 numerosa in Medio Oriente; oggi \u00e8 la pi\u00f9 ridotta. Oggi sono circa 100 mila, divisi tra armeni, cattolici (per questi le stime parlano di circa 30 mila), protestanti, siro-ortodossi. Eminenza, qual \u00e8 il significato della sua presenza in Turchia come inviato di Benedetto XVI per le celebrazioni conclusive dell’Anno Paolino e che messaggio lascia? ‘Esortare i fedeli presenti affinch\u00e9 con la preghiera, la meditazione, la riflessione sulle necessit\u00e0 spirituali, con rinnovata forza e nuovo ardore vogliano ricercare la volont\u00e0 di Dio e con impegno fedele siano ferventi nella vita quotidiana. Questo \u00e8 quanto il Papa mi ha incaricato di dire ai cattolici turchi: siete una minoranza; dovete essere esemplari, non solo in chiesa ma nella vita quotidiana’. Che Chiesa ha trovato in Turchia e che frutti potranno maturare da questo Anno? ‘La Chiesa cattolica turca \u00e8 viva ma vive in una situazione di minoranza, e come tale \u00e8 una comunit\u00e0 che deve testimoniare la propria fede in modo chiaro e discreto ma al tempo stesso incisivo. Il Giubileo paolino \u00e8 un’occasione per i suoi fedeli di approfondire la fede e di non aver paura ad essere cristiani anche in un contesto di minoranza, cos\u00ec come san Paolo che non ha mai avuto paura. Il Signore ci d\u00e0 la forza di essere testimoni credibili e perseveranti. L’Anno paolino ha portato e porter\u00e0 un progresso del cristianesimo turco nella misura in cui i fedeli hanno trovato e conosciuto l’Apostolo delle genti’. C’\u00e8 un punto privilegiato da cui ripartire, sull’esperienza dell’Anno paolino, per dialogare con la maggioranza islamica e dare ulteriore significato e senso alla presenza cattolica in Turchia? ‘Innanzitutto dalla cultura. Qui c’\u00e8 la possibilit\u00e0 di un dialogo culturale: la Chiesa gode di grande prestigio, ci sono tanti studiosi e professori di fede cristiana, tanta gente ha studiato nelle nostre strutture – e penso a Notre Dame di Sion e a saint Benoit a Istanbul. I cristiani sono uomini e donne di dialogo poich\u00e9 devono condividere quel tesoro che \u00e8 Ges\u00f9 Cristo. Paolo \u00e8 stato artefice del dialogo interculturale ponendosi al centro di crocevia di mondi e culture’. A questa apertura culturale cristiana ne corrisponde una analoga islamico-turca? ‘Ogni fede si incarna in una cultura, poich\u00e9 ha bisogno di parole e concetti per esprimersi. Il problema \u00e8 che ci sono culture aperte ed altre pi\u00f9 chiuse. Noi dobbiamo, in chiave di amicizia, fare in modo che la gente si conosca, poi dare a tutti la possibilit\u00e0 di esporre il contenuto della propria fede cos\u00ec da superare l’ignoranza. La mia esperienza \u00e8 che la maggior parte delle difficolt\u00e0 nel dialogo interreligioso proviene dal fatto che non ci si conosce. La prima cosa \u00e8 conoscere le persone, accettare di prendere del tempo per consentire all’altro di avere fiducia in noi e fare un cammino di mutua conoscenza che suppone l’amicizia. Nel dialogo interreligioso l’amicizia \u00e8 molto importante’. In che modo? ‘Basta ricordare la visita del Papa proprio qui in Turchia nel novembre del 2006. Con piccoli gesti, semplici, ha cambiato il clima del viaggio. Il potere del cuore ha avuto la forza di far cambiare idea su questa visita. Lo abbiamo rivisto poco fa in Terra Santa. Il futuro del dialogo si costruisce con l’amicizia, la conoscenza, e questo avviene in famiglia, in strada, in chiesa come nella moschea, a scuola. In Turchia c’\u00e8 la necessaria libert\u00e0 per far conoscere la fede cristiana? ‘C’\u00e8 una possibilit\u00e0 moderata poich\u00e9 non abbiamo, per esempio, tante strutture come in altri Paesi. Ce ne sono diverse educative, dove la popolazione musulmana \u00e8 maggiore della cristiana. Come ho gi\u00e0 detto prima, molte persone dell’intellighenzia turca sono passate attraverso questi nostri centri, specie a Istanbul. Per quanto pochi, hanno prestigio per seriet\u00e0 e competenza. Tuttavia quando parliamo di libert\u00e0 religiosa non intendiamo solo quella di culto, ma della possibilit\u00e0 di partecipare quali credenti al dialogo pubblico’. Ci sar\u00e0 un futuro europeo per la Turchia e questo ingresso potr\u00e0 giovare ad una maggiore libert\u00e0 religiosa e di culto? ‘Non spetta alla Santa Sede dire se la Turchia debba o meno far parte dell’Unione europea. Posso dire che chi vuol far parte dell’Ue deve adottarne i criteri. \u00c8 come un club: chi vuole esserci deve rispettarne le regole. La responsabilit\u00e0 \u00e8 delle autorit\u00e0 politiche turche, non certo della Santa Sede’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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