Non l’ho mai detto, ma l’ho sempre pensato: non mi piace. Parlo della festa di san Giuseppe Artigiano, 1’maggio. Istituita da Pio XII per ‘battezzare’ la festa dei lavoratori, \u00e8 stata declassata da solennit\u00e0 a festa, poi da festa a memoria. La prossima edizione del Messale la canceller\u00e0. Ha il sapore di un frutto fuori stagione. Mi spiego.Fu un’intuizione formidabile, quella della Chiesa dei primi secoli, di ‘battezzare’ le feste pagane pi\u00f9 sentite dalla gente. Agli inizi del III secolo d.C., la Chiesa pens\u00f2 di aggiungere altre feste alla Pasqua e alla Pentecoste. Ovviamente si pens\u00f2 a solennizzare la nascita di Ges\u00f9; Clemente Alessandrino question\u00f2 con chi avrebbe voluto fissare il Natale al 19 di aprile, o al 20 di maggio; per lui la data giusta (Dio solo sa perch\u00e9) era il 17 novembre. La proposta non pass\u00f2. Agli inizi del IV si fece larga l’intuizione giusta: battezziamo le feste pagane pi\u00f9 sentite dalla gente! Come Natale del Signore si propose allora il 6 gennaio, giorno dell’epifania di Dioniso. Nemmeno questa proposta pass\u00f2. Solo nel 353 Ges\u00f9 cominci\u00f2 a nascere il 25 dicembre, festa di Mitra. Ges\u00f9 bambino catalizz\u00f2 gli entusiasmi popolari fino ad allora rivolti all’invitto dio del Sole. Ma le scelte che ieri furono felicissime oggi non lo sarebbero pi\u00f9. Battezzare la festa del lavoro? ‘Un frutto fuori stagione’. Nel piazzale fra Seminario romano e Universit\u00e0 lateranense fu eretta ai miei tempi una statua di san Giuseppe lavoratore. Un bell’uomo, mite. Una faccia da terziario francescano. In mano portava una specie di schiumarola, sul davanti indossava una parannanza. ‘\u00c8 l’aiuto lavapiatti dell’hotel Quirinale’, sugger\u00ec allora il mio amico D.S., che oggi nella Chiesa ha compiti che non gli permetterebbero pi\u00f9 di uscirsene con battute del genere. Sorridevamo sull’effigie di Stakanov dal volto inutilmente truce che il realismo socialista di Zdanov aveva disseminato ovunque nell’Impero, ma nemmeno l’omino con la parannanza ci convinceva.’\u00a0‘\u00a0Battezzare la festa del lavoro? Ma nel frattempo c’\u00e8 stato il Concilio e l’esplicito riconoscimento dell’autonoma dignit\u00e0 delle realt\u00e0 terrene (Gaudium et spes, n. 36). Per questo ho parlato di quel ‘battesimo’ come di un frutto fuori stagione. \u00c8 vero che qualcuno vorrebbe cancellarlo, quel Concilio, ma la cosa (mi dispiace per loro) oltre che eretica \u00e8 anche impossibile. Sulla scia di queste considerazioni, appena celebrata la messa, il 1’maggio sono andato in piazza 40 Martiri a sentire il comizio dei sindacati. Eravamo quattro gatti. Quelli sul palco (Signoruccio mio!) leggevano come scolaretti. Bene, bravi, 7+. Ma la musica’!Direttore, \u00e8 sacrilego commuoversi a risentire, magari dopo anni monopolizzati dalla musica sacra e da quella classica, l’Inno dei lavoratori e l’Internazionale? E ripensare a quanta umana speranza, attesa e disattesa, compiuta e delusa, praticata e tradita, ha avuto quelle note come colonna sonora? Mi dica, Direttore: posso scuotere la testa quando il mio ipervitaminico Presidente del Consiglio, quasi per farci dimenticare i suoi non pochi meriti, usa l’epiteto ‘comunista!’ come un insulto tout court? Posso? O devo attendere anch’io che intervenga Veronica? <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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