{"id":7498,"date":"2009-05-01T00:00:00","date_gmt":"2009-05-01T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7498"},"modified":"2015-06-17T14:30:25","modified_gmt":"2015-06-17T12:30:25","slug":"il-meraviglioso-pastore-che-ha-dato-la-vita-per-le-sue-pecore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-meraviglioso-pastore-che-ha-dato-la-vita-per-le-sue-pecore\/","title":{"rendered":"Il meraviglioso pastore che ha dato la vita per le sue pecore"},"content":{"rendered":"
Ges\u00f9, nel suo annuncio del regno di Dio, non passava mai sopra le teste dei suoi interlocutori con un linguaggio vago, astratto ed etereo, ma li conquistava partendo proprio dalla terra dove erano piantati i loro piedi per condurli, nella quotidianit\u00e0, alla rivelazione del regno dei cieli’. Cos\u00ec scrivevano i Vescovi del mondo, al Sinodo celebrato nel mese di ottobre, nel loro messaggio al popolo cristiano. \u00c8 un dato di fatto che tocchiamo con mano proprio nel Vangelo di oggi, dove Ges\u00f9 propone se stesso con l’immagine del pastore di pecore, consueta nelle campagne palestinesi del suo tempo. Chiunque poteva incontrare lungo i sentieri e nei campi un pastore intento a guidare e pascolare il suo piccolo gregge. Tra gli ascoltatori di Ges\u00f9 c’erano contadini-pastori che traevano dalle pecore parte del sostentamento loro e della famiglia.<\/p>\n
Il popolo ebreo aveva la pastorizia nel suo Dna perch\u00e9 agli inizi era un popolo di pastori di pecore venuto dalla Mesopotamia in cerca di nuovi pascoli. La figura era dunque al centro dell’immaginario popolare, utilizzata per i Patriarchi, Mos\u00e8, l’Esodo, Davide, e perfino il futuro Messia. L’avevano utilizzata quasi tutti i libri della Bibbia, ma in modo particolare i profeti e i salmisti ad indicare Dio che si prendeva cura del suo popolo, lo guidava, lo proteggeva, lo raccoglieva, lo circondava di cure amorose. Basti ricordare il bellissimo Salmo<\/em> 23: “Il Signore \u00e8 il mio pastore: non manco di nulla; in pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Felicit\u00e0 e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita”. Anche se affidato provvisoriamente ai mercenari di turno, Dio restava l’unico pastore proprietario del suo popolo. A lui tutti i pastori in seconda, cio\u00e8 i re, i sacerdoti, maestri, dovevano rendere conto.<\/p>\n Il profeta Ezechiele lo ricorda con forza: “Eccomi contro i pastori: chieder\u00f2 loro conto del mio gregge e non li lascer\u00f2 pi\u00f9 pascolare il mio gregge. Io stesso cercher\u00f2 le mie pecore e ne avr\u00f2 cura. Le condurr\u00f2 in ottimi pascoli e il loro ovile sar\u00e0 sui monti d’Israele. Io stesso condurr\u00f2 le mie pecore al pascolo e io le far\u00f2 riposare” (Ez<\/em> 34,10s). L’immagine del Dio-pastore serve anche per illustrare il compito del futuro Messia: “Susciter\u00f2 per loro un pastore che le pascer\u00e0, Davide mio servo. Egli le condurr\u00e0 al pascolo, sar\u00e0 il loro pastore. Io, il Signore, sar\u00f2 il loro Dio e Davide mio servo sar\u00e0 principe in mezzo a loro. Stringer\u00f2 con esse un’alleanza di pace” (Ez<\/em> 34,23s). A questi testi, cos\u00ec chiari e conosciuti, Ges\u00f9 fa riferimento con la sua allegoria che oggi leggiamo. Fuori metafora, Cristo vuole indicare l’amore totale e la cura continua che egli ha per i discepoli di tutti i tempi. \u00c8 disceso dal cielo per amore loro, si \u00e8 fatto carico dei loro problemi esistenziali, ha dato perfino la vita per congiungerli a s\u00e9 in una famiglia di fratelli.<\/p>\n L’allegoria inizia con un’autodefinizione che attualizza le antiche profezie viste sopra: “Io sono il Buon Pastore”. L’aggettivo greco che usa l’evangelista non \u00e8 “buono” (agath\u00f2s<\/em>), ma “bello” (kal\u00f2s<\/em>). Vuole dire che Ges\u00f9 \u00e8 il pastore perfetto, meraviglioso, ideale, quello che realizza in pieno ogni aspettativa; non esister\u00e0 mai un pastore migliore di lui. Questa sua qualit\u00e0 \u00e8 spiegata dalle caratteristiche che possiede: prima fra tutte l’amore incondizionato e la completa dedizione al gregge, fino al dono della vita. Non \u00e8 un salariato che pensa solo al suo tornaconto personale e al suo guadagno. Tali erano i capi politici e religiosi del suo tempo, interessati, avidi di guadagno e di potere, che nutrivano un profondo disprezzo per i poveri. Ges\u00f9 si contrappone ad essi per far risaltare la profonda differenza che lo separa da loro. Quando c’\u00e8 da pagare con la sofferenza, la fatica e la morte, il perfetto pastore non si tira indietro, sta sempre dalla parte del suo gregge, con esso vive e con esso muore. Agisce solo per amore, senza calcolo.<\/p>\n Giovanni introduce il racconto della Pasqua cos\u00ec: “Ges\u00f9, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li am\u00f2 fino in fondo” (Gv<\/em> 13,1). Egli ha dato tutto fino alla fine. La seconda caratteristica del perfetto pastore \u00e8 la conoscenza personale della sue pecore. Al tempo di Ges\u00f9, il pastore viveva in profonda comunione con il suo gregge, che era per lui una seconda famiglia. Conosceva a curava le sue pecore ad una ad una, le chiamava addirittura per nome, viveva con loro l’intera giornata, dall’alba al tramonto. Quando Ges\u00f9 paragona la sua conoscenza con quella del pastore, vuole per\u00f2 indicare qualcosa di pi\u00f9 profondo: la conoscenza di Ges\u00f9 nei confronti della sue pecore non \u00e8 solo informazione, ma rapporto di amore, di amicizia, di cura, di confidenza, di scambio reciproci. \u00c8 una comunione simile a quella che unisce Ges\u00f9 e il Padre. Non se ne pu\u00f2 concepire una pi\u00f9 perfetta e pi\u00f9 profonda, perch\u00e9 \u00e8 vitale.<\/p>\n Per sapere da dove nasce e come si manifesta, bisogna andare alla preghiera che Ges\u00f9 rivolge al Padre nell’ultima cena. Qui dice che i suoi discepoli, presi dal mondo, sono dati da lui dal Padre: “Erano tuoi e li hai dati a me” (Gv<\/em> 17,6). Sono perci\u00f2 segnati dalla scelta divina e sono un dono prezioso, da custodire e da amare come li ama il Padre. Per la loro custodia, Ges\u00f9 prega cos\u00ec: “Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno” (17,15). Il maligno \u00e8 il lupo di cui si parla nel testo di oggi, quello che “rapisce e disperde”. Ges\u00f9 \u00e8 interessato quanto il Padre a custodire il gregge che i due hanno in comune e che amano con identico amore. Per tale amore Ges\u00f9 prega: “Siano una cosa sola, io in loro e tu in me, perch\u00e9 siano perfetti nell’unit\u00e0 e il mondo sappia che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (17,22s).<\/p>\n \u00c8 un amore condiviso che non lascia dubbi e rassicura tutti noi, pecore raccolte in ogni tempo e luogo. Noi infatti siamo le pecore che non erano ancora nel recinto di Ges\u00f9, appartenevamo al mondo pagano, e siamo stati chiamati solo in seguito a farne parte. Noi, che abbiamo ascoltato la sua voce, siamo divenuti un unico gregge con l’unico pastore Ges\u00f9. Siamo Chiesa di Cristo, per la quale e alla quale egli ha donato liberamente la sua vita, sacrificandola sulla croce e riprendendola nella risurrezione. Sotto la guida di Ges\u00f9 non possiamo essere quindi un gregge amorfo di pecore intruppate che seguono passivamente un qualsiasi pastore; ci dobbiamo sentire famiglia di Dio, figli conosciuti, amati e scelti dall’eternit\u00e0 da un Padre e dal primogenito Figlio. L’obbedienza consapevole alla voce del buon pastore \u00e8 la nostra vera libert\u00e0. Se dovessimo smarrire la strada, ci sar\u00e0 sempre quel pastore meraviglioso che cercher\u00e0 in ogni modo di recuperarci e di riportarci all’unico ovile. E sappiamo che quel giorno sar\u00e0 festa per noi e per lui (Lc<\/em> 15,4-10).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Ges\u00f9, nel suo annuncio del regno di Dio, non passava mai sopra le teste dei suoi interlocutori con un linguaggio vago, astratto ed etereo, ma li conquistava partendo proprio dalla terra dove erano piantati i loro piedi per condurli, nella quotidianit\u00e0, alla rivelazione del regno dei cieli’. 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