{"id":7433,"date":"2009-04-03T00:00:00","date_gmt":"2009-04-03T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7433"},"modified":"2009-04-03T00:00:00","modified_gmt":"2009-04-03T00:00:00","slug":"quello-che-i-soliti-mass-media-non-dicono","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/quello-che-i-soliti-mass-media-non-dicono\/","title":{"rendered":"Quello che i soliti mass media non dicono"},"content":{"rendered":"
Tra coloro che daranno il ‘punto di vista missionario’ sull’informazione al festival internazionale del giornalismo a Perugia (1-5 aprile) sar\u00e0 presente padre Giuseppe Caramazza, fondatore dell’agenzia specializzata di news Catholic Information Service for Africa. Lo abbiamo intervistato. Nel viaggio del Papa in Africa, la massima attenzione l’ha avuta la polemica sul preservativo… ‘La polemica sul preservativo \u00e8 stata montata ad arte. Da una parte, non si vuole tener conto dell’esperienza africana; e dall’altra si \u00e8 voluta spostare l’attenzione da altri temi proposti dal Papa. Eppure, tutte le grandi organizzazioni sanitarie che finora hanno sostenuto il preservativo come mezzo principale nella lotta contro l’Aids si stanno ricredendo. L’esperienza dimostra che la metodologia migliore \u00e8 quella di educare a un uso responsabile della sessualit\u00e0’. Tuttavia… ‘Tuttavia il messaggio pi\u00f9 importante che il Papa ha lanciato in Africa non \u00e8 stato quello del preservativo. Benedetto XVI ha invitato l’Africa a prendere coscienza delle proprie competenze, capacit\u00e0 e ricchezze. Ha detto all’Africa di alzarsi e incamminarsi verso lo sviluppo usando le proprie capacit\u00e0 e rifiutandosi di svendere le risorse alle grandi multinazionali straniere che la stanno soffocando. Questo \u00e8 un messaggio che non \u00e8 stato riportato dalla stampa mondiale. I grandi media sono parte di un meccanismo finanziario che risponde a criteri di interesse politico ed economico. Questi non permetteranno mai che un messaggio che sfida i loro interessi trovi una risonanza mondiale’. La stampa e le agenzie missionarie rappresentano una fonte di informazione alternativa alle grandi agenzie. Che influenza hanno avuto nel sistema dei mass media laici italiani? ‘L’informazione missionaria \u00e8 un’informazione di nicchia. Chi vuole conoscere l’Africa, non pu\u00f2 fare a meno di Nigrizia, ma questo non vuol dire che Nigrizia sia ascoltata quando lancia sfide reali alla societ\u00e0 italiana. Questo \u00e8 vero di tutte le varie testate missionarie che costellano il nostro Paese. Da una parte c’\u00e8 il problema che molta informazione missionaria non \u00e8 vera informazione, ma una comunicazione fortemente emotiva per chiedere un sostegno dal pubblico. L\u00e0 dove la comunicazione missionaria \u00e8 veramente giornalismo e coscientizzazione, si vede come i grandi media siano attenti sia nel riprendere la notizia ‘ quando interessa ‘ o nell’ignorarla, quando non risponde ai criteri delle loro propriet\u00e0. Se un missionario viene ucciso, Misna viene citata. Se si mette in luce una legge iniqua, i grandi media non lo riportano. Occorre rendersi conto che i media sono un’industria e non una libera circolazione di informazioni’. Il ‘volto’ dell’informazione missionaria in italia \u00e8 quello di missionari europei, per cui si pensa sempre ad un flusso di informazioni che va dal Paese di missione all’Europa. Le agenzie missionarie sono utilizzate anche dai giornali e tv locali? E i giornalisti sono solo missionari occidentali? ‘Ci sono elementi che danno speranza, e altri che indicano una crisi. La maggior parte dei comunicatori missionari \u00e8 europea, anche nei Paesi del Sud. Ci sono missionari e laici del Sud che si danno da fare in questo campo, ma non sono sufficienti. Sarebbe bene riuscire ad avere pi\u00f9 giornalisti del Sud a parlare a nome del Sud del mondo, sia nel loro contesto che verso di noi. I grandi network nazionali usano i missionari quando serve, ma non sono capaci di portare il loro punto di vista al pubblico. Un esempio viene dall’impegno della Rai in Africa. Quando la Rai apr\u00ec un suo ufficio a Nairobi, in Kenya, lo fece rispondendo ad una campagna sostenuta dai missionari italiani. La stessa sede a Nairobi fu aperta grazie al contributo di tanti missionari. Allo stesso tempo, non sempre il messaggio che ne proviene corrisponde al modo in cui la gente del Sud vorrebbe essere rappresentata. Non sempre questo messaggio verrebbe condiviso dai missionari. La realt\u00e0 \u00e8 quindi complessa. Nella confezione di una notizia sono molti i fattori che condizionano contenuto e modalit\u00e0. Il giornalista che lavora per un editore italiano sa che deve rispondere a interessi locali. Sa che la lettura dei fatti dei missionari \u00e8 parziale. Sa che l’autocomprensione della popolazione locale \u00e8 spesso incompleta. Sa che la sua visione e capacit\u00e0 di lettura sono imperfette. Il risultato \u00e8 sempre un’informazione imperfetta’. E per il futuro…? ‘Il superamento di questo divario potr\u00e0 avvenire solo quando pi\u00f9 comunicatori italiani si apriranno alle tematiche del Sud con competenza. E cio\u00e8 con la conoscenza delle lingue, delle culture, di esperienza di vita, e cos\u00ec via. Questo vorr\u00e0 dire anche usare meglio le fonti missionarie, informate e capaci di dar voce agli ultimi’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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