{"id":7358,"date":"2009-03-06T00:00:00","date_gmt":"2009-03-06T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7358"},"modified":"2015-06-17T15:26:33","modified_gmt":"2015-06-17T13:26:33","slug":"abbiamo-visto-nella-sua-la-nostra-gloria-futura","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/abbiamo-visto-nella-sua-la-nostra-gloria-futura\/","title":{"rendered":"Abbiamo visto, nella Sua, la nostra gloria futura"},"content":{"rendered":"
Ges\u00f9 aveva parlato con i suoi apostoli della Pasqua di passione e di risurrezione che lo attendeva a Gerusalemme, ma le sue drammatiche predizioni erano state contestate da Pietro a nome di tutti. Lui per\u00f2 non era retrocesso di un passo, anzi aveva coinvolto anche loro nel suo destino. Se volevano essere suoi discepoli, dovevano esser pronti a prendere anche loro la croce dietro di lui. Uno stesso destino univa il Maestro e i discepoli, nella passione e nella gloria. La Pasqua \u00e8 mistero di morte e di vita. Ges\u00f9 non ha mai parlato di morte senza annunciare la vita nuova che la segue. Non c’\u00e8 morte senza risurrezione (Mc<\/em> 8,31-38). Poi aveva annunciato, per rassicurare i discepoli sconcertati: “Vi sono alcuni qui presenti che non moriranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”(9,1).<\/p>\n Eccoli l\u00ec quei tre privilegiati, Pietro, Giacomo e Giovanni, pronti ad assistere allo spettacolo di quel regno di Dio che sta per manifestarsi con potenza sul monte. Perch\u00e9 il regno di Dio \u00e8 la sua regalit\u00e0 potente, portata da Ges\u00f9 nel mondo con la sua venuta. Si era manifestata nei miracoli e nella parole efficaci del Figlio di Dio. Ora sta per manifestarsi nello splendore della gloria divina. I tre che salgono con Ges\u00f9 sono scelti a rappresentare tutti gli altri, come colonne della Chiesa del futuro. Pietro scriver\u00e0 pi\u00f9 tardi ai suoi cristiani con malcelata soddisfazione: “Non per essere andati dietro a favole inventate dalla fantasia, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore. Egli ricevette onore e gloria da Dio, quando dalla maest\u00e0 della gloria gli fu rivolta questa voce: ‘Questi \u00e8 il Figlio mio, l’amato, nel quale mi sono compiaciuto’. Quella voce noi l’abbiamo sentita scendere dal cielo, mentre eravamo con lui sul santo monte” (2 Pt<\/em> 1,16-18).<\/p>\n Saliamo anche noi su quel monte santo per contemplare la sua e la nostra gloria, perch\u00e9 anche noi siamo figli nel Figlio; in noi, in forza del battesimo, si rispecchia il suo volto trasfigurato. Sar\u00e0 visibile solo quando saliremo con lui in cielo. La trasfigurazione di Ges\u00f9 \u00e8 l’anticipo della sua risurrezione, come egli stesso spiegher\u00e0 scendendo dal monte, dopo la visione. L’evangelista vede nel Tabor l’immagine di almeno altre due montagne sacre, dove Dio si era gi\u00e0 rivelato agli uomini. Innanzitutto il monte Moria di Gerusalemme, dove pi\u00f9 tardi Salomone costruir\u00e0 uno splendido tempio. Secondo la tradizione ebraica, quello era il monte sul quale sal\u00ec, dopo tre giorni di cammino, Abramo per sacrificare suo figlio Isacco. Su quel monte un padre portava profeticamente il suo unico figlio, l’amato, per sacrificarlo a Dio. Gli venne per\u00f2 restituito sano e salvo, come risorto da morte (Gn<\/em> 22,1-13). Cos\u00ec venne prefigurato con diciotto secoli di anticipo il mistero di morte e risurrezione di Cristo, Figlio unico e immensamente amato (\u00e8 la prima lettura di oggi).<\/p>\n Il secondo monte richiamato dall’evangelista, e dalla tradizione cristiana da lui raccolta, \u00e8 il Sinai. Nel racconto evangelico sembra risuonare quasi alla lettera la narrazione dell’ascesa di Mos\u00e8: “Mos\u00e8 sal\u00ec con Aronne, Nadab e Abiu. Essi videro il Dio d’Israele” (Es<\/em> 24,9): una salita per una visione divina, come nel Vangelo di oggi. A rafforzare il confronto appaiono sul Tabor le figure di Elia e di Mos\u00e8, tradizionali frequentatori del monte Sinai. Qui Dio li aveva fatti salire ed era apparso loro in tutta la sua potenza. Arrivati sulla cima della montagna, Ges\u00f9 ‘fu trasfigurato davanti a loro’. Il cambiamento esteriore fu improvviso e accecante. Dio aveva cambiato l’aspetto esteriore di suo Figlio, come se avesse tolto il velo che ne copriva la gloria divina, o avesse fatto filtrare lo splendore attraverso il corpo reso trasparente.<\/p>\n Pietro, che sta dietro lo scritto di Marco, ricorda quel momento in maniera vivace: “Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle cos\u00ec bianche”. Per dire che uno spettacolo cos\u00ec non si era mai visto sulla terra; era uno squarcio di paradiso. \u00c8 la descrizione simbolica della condizione divina, di Ges\u00f9 e nostra. Il candore era considerato la veste di Dio e simboleggiava la vita eterna, la luminosit\u00e0 abbagliante del sole indicava la sua gloria divina, invisibile ad occhio umano. \u00c8 l’anticipo della condizione di Cristo risorto, mostrata a met\u00e0 del suo cammino terreno. Mentre Ges\u00f9 si trasforma in figura divina, emergono dal mondo celeste Elia e Mos\u00e8. Come rappresentanti della Legge e dei Profeti, vengono a confermare le parole che Ges\u00f9 ha detto nei giorni precedenti sul suo destino di morte e risurrezione. Sulla via di Emmaus, questa volta con altri due discepoli anche loro increduli, Ges\u00f9 richiamer\u00e0 la duplice testimonianza del Tabor: “Cominciando da Mos\u00e8 e da tutti i Profeti spieg\u00f2 loro in tutte le Scritture ci\u00f2 che si riferiva a lui”, cio\u00e8: “era necessario che il Cristo soffrisse per entrare nella sua gloria” (Lc<\/em> 24,26s).<\/p>\n Quella gloria si spiegava in anticipo, in tutto il suo splendore, sulla cima del monte. Ed \u00e8 proprio Pietro, che aveva contestato la prima predizione della Passione meritandosi il titolo di Satana tentatore (8,33), a reagire in maniera spontanea alla scena: “Rabb\u00ec<\/em>, \u00e8 bello per noi essere qui! Facciamo tre capanne”. Confessa subito che era la paura a farlo parlare cos\u00ec, giusto per dire qualcosa e rompere quell’atmosfera d’incanto. Ma fu subito azzittito dalla venuta di una nube che copr\u00ec la cima, simile alla nube che era scesa sul Sinai quando Dio parl\u00f2 con Mos\u00e8 (Es<\/em> 19,16). Era segno della presenza del Dio invisibile ad occhio umano. Dalla nube usc\u00ec la voce del Padre, pi\u00f9 autorevole di quella di Elia e di Mos\u00e8: “Questi \u00e8 il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”‘. \u00c8 la stessa voce che risuon\u00f2 al Giordano, con un’aggiunta significativa: “ascoltatelo!”.<\/p>\n Aveva fatto scandalo la predizione della passione, della morte in croce e della risurrezione fatta da Cristo. Come poteva Dio sacrificare in modo cos\u00ec crudele suo Figlio, lui che aveva risparmiato Isacco, il figlio amato di Abramo? Ora il Padre veniva a dire che le cose stavano proprio cos\u00ec come le aveva presentate Ges\u00f9. Quello era il suo piano misterioso, deciso insieme al suo Figlio amatissimo. Poteva apparire assurdo, ma i pensieri di Dio non sono quelli degli uomini. Ges\u00f9 aveva portato quei tre sul monte apposta per far udir loro la conferma del Padre alla sue parole. Ora potevano scendere da quel luogo di grazia. Ges\u00f9 raccomand\u00f2 loro di non rivelare a nessuno ci\u00f2 che avevano visto e udito, fino a quando non fosse risorto dai morti. Marco ci dice che mantennero la consegna, ma cominciarono a tormentarsi con l’interrogativo sul significato della risurrezione dai morti. Chiarito un dubbio, ne nasce subito un altro. Il mistero di Dio insegue l’uomo fino alla visione finale, dove tutto sar\u00e0 chiaro.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Ges\u00f9 aveva parlato con i suoi apostoli della Pasqua di passione e di risurrezione che lo attendeva a Gerusalemme, ma le sue drammatiche predizioni erano state contestate da Pietro a nome di tutti. Lui per\u00f2 non era retrocesso di un passo, anzi aveva coinvolto anche loro nel suo destino. 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