{"id":7299,"date":"2009-02-13T00:00:00","date_gmt":"2009-02-13T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7299"},"modified":"2021-03-26T16:52:27","modified_gmt":"2021-03-26T14:52:27","slug":"duri-ricordi-ci-uniscono","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/duri-ricordi-ci-uniscono\/","title":{"rendered":"Duri ricordi ci uniscono"},"content":{"rendered":"
‘Cos’\u00e8 un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?’. Non paia dissacrante partire da uno dei pi\u00f9 noti aforismi di Woody Allen per cercare di comprendere il senso della ‘Giornata del ricordo’ che si celebra in tutta Italia il 10 febbraio. Istituita nel 2004, la ricorrenza nasce con l’intento di ‘conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e dalla pi\u00f9 complessa vicenda del confine orientale’. In questa parte d’Europa, negli anni del secondo conflitto mondiale e dell’immediato dopoguerra, nel nome delle ideologie che volevano cambiare il mondo con la violenza, si commisero atti la cui barbarie raggiunse vette inimmaginabili. Dando cos\u00ec vita ad una catena d’odio in cui ciascuno giustificava la propria sete di sangue invocando l’atavico diritto alla legge del taglione, al sangue che lava il sangue. Uomini e donne, giovani e anziani colpiti due volte: una prima da chi si fece giudice della loro vita e una seconda, altrettanto terribile, da chi impose per decenni il silenzio sulle loro storie, quasi che ad essere colpevoli fossero le vittime e non i persecutori. Esemplare, in tal senso, quello che avvenne nelle foibe del Carso riempite con i corpi di militari e civili sloveni, italiani, serbi, croati, tedeschi, ma anche delle decine e decine di religiosi cattolici la cui ‘colpa’ era di non essere fuggiti dinanzi alla minaccia ma di essere rimasti accanto alle proprie comunit\u00e0 per cercare in qualche modo di difenderle, e soprattutto per non privarle del conforto della Parola e del sacramento. Di tanti di loro neppure si sa il luogo della sepoltura: la terra ne ha inghiottito i corpi ma non \u00e8 riuscita a cancellarne il ricordo. Per giorni, per mesi, per anni padri e madri, mogli e mariti, figli e nipoti hanno atteso il ritorno a casa dei propri cari. Oggi chi sopravvive (e i loro discendenti) rimane aggrappato alla speranza di scoprire, almeno, su quale zolla divenuta tomba inginocchiarsi per recitare una preghiera. Ma troppi archivi rimangono ancora ermeticamente chiusi, analogamente alle bocche di chi sapeva e non ha voluto raccontare.E cosa dire dell’esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre? Un dramma di proporzioni bibliche, con uomini e donne costretti a lasciare non soltanto i propri beni materiali ma, soprattutto, il proprio passato e, quindi, la propria storia. Obbligati a fuggire in posti dove, spesso, vennero accolti con sospetto e dove non fu certo facile ricominciare a costruirsi un’esistenza diversa. Si tratt\u00f2 veramente di pulizia etnica perch\u00e9 l’ideologia comunista titina voleva cancellare, in questo modo, ogni traccia di una presenza le cui radici affondavano nei secoli e che aveva contribuito a rendere davvero unica – religiosamente, storicamente e culturalmente – questa parte d’Europa. Ma la grandezza del dramma personale vissuto ha reso ancora pi\u00f9 significativo il percorso di riconciliazione intrapreso in questi anni da tanti singoli credenti e da Chiese sorelle. Un cammino certamente non facile ma che ha come obiettivo la concordia e la pace fra gli uomini, in un territorio che per secoli ha saputo essere luogo di incontro e confronto fra culture diverse, in un arricchimento reciproco sempre rispettoso dell’altrui diversit\u00e0. Concordia e pace che sole possono costituire le basi per una pace duratura. Dopo la caduta dei confini fra Italia e Slovenia e la probabile entrata della Croazia nell’Unione europea, la ‘Giornata del ricordo’ assume allora una valenza – se possibile – ancora ulteriore. Non vuole essere un’occasione per alimentare violenze e dare adito ad inutili rivendicazioni nazionalistiche: si pone come occasione per una memoria condivisa di fatti e avvenimenti che devono far parte del patrimonio comune del nostro Paese. \u00c8 il doveroso e rispettoso omaggio alla sofferenza di migliaia di uomini e di donne, di chi fu ucciso e di chi rimase; di chi divenne profugo lontano dalla propria terra. Un omaggio non sterile ma che ha senso se diviene motivo di educazione alle nuove generazioni perch\u00e9 questi fatti non abbiano pi\u00f9 a ripetersi. Da nessuna parte.\u00c8 un fare memoria di qualcosa che si \u00e8 perso per sempre ma il cui ricordo, proprio per questo, non si potr\u00e0 perdere mai. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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