{"id":7285,"date":"2009-02-06T00:00:00","date_gmt":"2009-02-06T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7285"},"modified":"2015-06-17T15:41:38","modified_gmt":"2015-06-17T13:41:38","slug":"lospite-divino-da-accogliere-in-casa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/lospite-divino-da-accogliere-in-casa\/","title":{"rendered":"L’Ospite divino da accogliere in casa"},"content":{"rendered":"
Viviamo spesso in case vuote, assediate dalla paura degli estranei. Le abbiamo dotate di porte blindate e di videocitofoni per scoraggiare e selezionare i visitatori indesiderati. Abbiamo perso il senso e il calore dell’ospitalit\u00e0. Nei nostri paesi una volta le case rimanevano sempre aperte, ci si dimenticava di togliere la chiave perfino di notte. Era un passaggio continuo di ospiti amici, di conoscenti, di mendicanti, di bisognosi in cerca di aiuto. Entravano spesso senza bussare nella grande cucina col focolare sempre acceso. Trasferiti in citt\u00e0, ci siamo chiusi. Le case sono pi\u00f9 belle e dotate di comodit\u00e0, ma siamo soli e, quel che \u00e8 peggio, sospettosi e diffidenti. La necessit\u00e0 di difenderci dai malintenzionati non deve farci perdere la ricchezza dell’ospitalit\u00e0 e dell’accoglienza. Sta a noi trovare il non facile equilibrio tra queste due esigenze.<\/p>\n
Il Vangelo che oggi leggiamo ci pu\u00f2 aiutare, sempre che guardiamo le cose con sguardo di fede e di umanit\u00e0. Ges\u00f9 ha appena terminato il rito liturgico nella sinagoga di Cafarnao ed entra come ospite graditissimo nella casa di Simone-Pietro. Tutto il racconto gira intorno a lui e alla sua casa, da quando Ges\u00f9 lo ha chiamato per primo sulla rive del lago. Simone e suo fratello Andrea erano di Betsaida, un paesino affacciato sulla riva settentrionale del lago di Genezaret (Gv<\/em> 1,14). Dopo il suo matrimonio si era trasferito a Cafarnao insieme a suo fratello e qui aveva impiantato una cooperativa di pesca insieme ai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Sappiamo di sua moglie dal fatto che Ges\u00f9 gli guarisce in casa la suocera. Paolo ci dice che la moglie seguir\u00e0 poi Pietro nei suoi viaggi apostolici (1 Cor<\/em> 9,15), un aiuto preziosissimo per l’apostolato tra i circoli femminili, i ginecei impenetrabili ai maschi.<\/p>\n Ges\u00f9 \u00e8 accompagnato dai suoi primi quattro discepoli che ormai non lo lasciano pi\u00f9 e lo seguono come la sua ombra. Entrando in casa di Pietro, trova in un angolo la suocera di costui, coricata su una stuoia, in preda ad una forte febbre. Gliela presentano con il segreto desiderio che la guarisca. Non chiedono nulla, solo presentano a Ges\u00f9 la loro situazione familiare. Sono sicuri che lui non potr\u00e0 rimanere indifferente. Hanno appena assistito, in sinagoga, ad un portentoso miracolo che sta facendo chiasso in citt\u00e0. Ges\u00f9 non si fa pregare e mette in atto la sua straordinaria potenza taumaturgica, anche per ripagare la generosa e affettuosa ospitalit\u00e0 di quella famiglia. Il miracolo \u00e8 raccontato con estrema sobriet\u00e0 e semplicit\u00e0: non ci sono apparati scenici, non vengono usate nemmeno parole potenti. Ma lo schema \u00e8 quello di tutti i miracoli evangelici: l’incontro diretto col malato, la descrizione della malattia, la richiesta di guarigione (implicita), il gesto risanatore, la costatazione della guarigione avvenuta.<\/p>\n Qui tutto \u00e8 centrato sul gesto di Ges\u00f9, che si avvicina, prende la donna per mano e l’aiuta ad alzarsi dal letto senza dire una parola. Per indicare il rimettersi in piedi della donna, Marco usa il verbo greco egh\u00e8irein, il verbo tecnico della risurrezione. Questo richiama un altro miracolo narrato pi\u00f9 tardi, quello della risurrezione di una ragazza, figlia di Giairo, proprio a Cafarnao. A quell’uomo era morta la figlia dodicenne. Venne disperato da Ges\u00f9 a chiedere aiuto ed egli lo segu\u00ec in casa sua; “entrato dove giaceva la fanciulla, le prese la mano e le disse: ‘Alzati (\u00e8gheire<\/em>)!’ Quella si alz\u00f2 e si mise a camminare” (5,41s). Ges\u00f9 cercava il contatto fisico con i malati, stendeva la mano quasi a far scattare la scintilla della vita, come nella creazione dell’uomo dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina. Due famiglie, due donne, una anziana e una giovane, guarite dalla malattia e dalla morte nella propria casa. Aprire la casa a Cristo \u00e8 aprirla alla salvezza. Risuona qui la compiacenza del Giudice divino: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,35).<\/p>\n In casa di Pietro la suocera \u00e8 guarita. Le forze le sono ritornate e subito lei si mette a servire i commensali. Una donna attiva, abituata a servire, sempre in movimento; nessuno riesce a farla sedere comodamente a tavola. Per i primi cristiani quella suocera divenne il tipo della vedova cristiana che si mette al servizio dei pi\u00f9 bisognosi della comunit\u00e0. \u00c8 il prototipo dei volontari Caritas delle nostre parrocchie, che esercitano l’accoglienza a nome di tutti. Con quella donna guarita tutta la casa si apre al servizio degli altri. Pietro spalanca le porte. Cos\u00ec al tramonto del sole, quando ormai terminava il riposo sabbatico, ‘gli portavano tutti i malati e gli indemoniati; tutta la citt\u00e0 era davanti alla porta’. E porte si aprono, la casa si allarga all’intera societ\u00e0, il servizio della donna diventa il servizio della famiglia a tutti i bisognosi.<\/p>\n Aprire la casa a Cristo significa aprire la casa ai poveri e ai bisognosi, senza paura. L’ospitalit\u00e0 si pu\u00f2 allargare in modi e forme diversi. Ogni famiglia veramente cristiana diviene un centro sociale di servizio al prossimo. Marco non si ferma qui nel suo racconto: l’accoglienza si allarga a cerchi concentrici anche fuori dei confini del paese e della parrocchia. Racconta che Ges\u00f9 dorm\u00ec in casa di Pietro, ma il mattino presto, quando era ancor buio, usc\u00ec per pregare in un luogo solitario. Spesso Ges\u00f9 si ritirava da solo a pregare. Lo faceva specialmente quando doveva prendere una decisone importante. La decisione che ha preso, la comunica a Simone che lo cerca per riportarlo a casa. Pietro gli dice che ha la casa assediata dalla gente: “Tutti ti cercano!”. Ges\u00f9 gli dice che ha deciso di lasciare Caf\u00e0rnao e di allargare il suo raggio di apostolato all’intera Galilea, e invita Simone e i suoi compagni ad andare con lui, nei paesi vicini.<\/p>\n Il cuore di Cristo non conosce confini, abbraccia vicini e lontani. Chiede a Simone e agli altri seguaci di uscire da visoni campanilistiche e nazionalistiche. L’accoglienza cristiana ha dimensioni universali: nessuno \u00e8 straniero, tutti sono fratelli da accogliere e da curare. Anche lo straniero emigrato, che bussa alla nostra porta oggi pi\u00f9 che mai. Il Ges\u00f9 da ospitare veste i suoi panni sgualciti di povero e di bisognoso. In lui accogliamo o respingiamo Cristo stesso: “Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi mie fratelli pi\u00f9 piccoli, l’avete fatto a me” (Mt<\/em> 25,40).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Viviamo spesso in case vuote, assediate dalla paura degli estranei. Le abbiamo dotate di porte blindate e di videocitofoni per scoraggiare e selezionare i visitatori indesiderati. Abbiamo perso il senso e il calore dell’ospitalit\u00e0. Nei nostri paesi una volta le case rimanevano sempre aperte, ci si dimenticava di togliere la chiave perfino di notte. 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