{"id":7245,"date":"2009-01-23T00:00:00","date_gmt":"2009-01-22T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7245"},"modified":"2015-07-24T14:11:16","modified_gmt":"2015-07-24T12:11:16","slug":"dio-chiama-anche-oggi-i-suoi-collaboratori","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/dio-chiama-anche-oggi-i-suoi-collaboratori\/","title":{"rendered":"Dio chiama anche oggi i suoi collaboratori"},"content":{"rendered":"
Dopo la ricerca, la chiamata. Domenica scorsa erano i discepoli a cercare Ges\u00f9; oggi \u00e8 lui a cercare loro. Le due cose non sono poi cos\u00ec diverse: noi cerchiamo lui perch\u00e9 lui cerca noi; senza la calamita della sua grazia, che ci attrae dal di dentro, nessuno di noi potrebbe trovarlo. \u00c8 sempre Dio ad avere l’iniziativa. Il bello \u00e8 che lui cerca tutti, ma pochi rispondono alla sua chiamata. Ges\u00f9 dir\u00e0 con tristezza: “Molti sono i chiamati, pochi gli eletti” (Mt<\/em> 22,14). Gli eletti sono quelli che rispondono all’amore di Dio che chiama. Alla conversione segue sempre una vocazione, cio\u00e8 un compito specifico che Dio assegna. \u00c8 nella fede che si prende coscienza del proprio posto nella Chiesa. Nessuno pu\u00f2 rifiutare impunemente l’incarico che Dio gli propone, come nessuno pu\u00f2 considerarsi disoccupato nell’azienda di Dio per la salvezza del mondo. Il Vangelo di Marco<\/em> ci descrive oggi come nasce l’avventura della chiamata e della missione cristiana, quella che dovrebbe coinvolgere anche noi. Tutto comincia con la predicazione di Ges\u00f9.<\/p>\n Dopo l’uccisione di Giovanni Battista, che lo aveva presentato al popolo sulle rive del Giordano, Ges\u00f9 risale in Galilea, da dove \u00e8 venuto, e riprende l’annuncio del regno di Dio fatto dal Precursore proprio nel punto in cui questi l’aveva dovuto interrompere: “Il tempo \u00e8 compiuto e il regno di Dio \u00e8 vicino, convertitevi e credete al vangelo”. L’attivit\u00e0 di Ges\u00f9 comincia in Galilea e qui si svolger\u00e0 per gran parte della sua vita terrena. Il suo annuncio \u00e8 composto di quattro brevi frasi abbinate. Inizia con la constatazione che il “tempo \u00e8 compiuto”. Il piano di Dio aveva scadenze ben precise, alle quali Ges\u00f9 si adegua: la morte di Giovanni il precursore era una di queste. Da qui doveva iniziare l’annuncio del Vangelo. Ges\u00f9 lo vede e capisce che \u00e8 ormai tempo di agire. Due parole speciali risuonano sulle sue labbra: il regno di Dio e il Vangelo. Ges\u00f9 annuncia solennemente che il regno di Dio \u00e8 venuto (\u00e9nghiken<\/em>).<\/p>\n Il Regno \u00e8 la sovranit\u00e0 salvifica potente di Dio che fa irruzione nella storia per mezzo di Ges\u00f9. In lui ormai Dio \u00e8 presente e agisce in modo irresistibile per salvare il mondo, con la sua parola, con i suoi miracoli, con la sua morte e risurrezione. \u00c8 questo il Vangelo, “la bella notizia” da accogliere con mentalit\u00e0 nuova (la conversione), perch\u00e9 capace di sconvolgere ogni aspettativa umana. La regalit\u00e0 salvifica di Dio non irrompe in maniera forte e violenta in Gerusalemme, come si aspettavano i giudei del tempo, ma in modo umile e quotidiana in Galilea; non al centro, ma in periferia. Dio si \u00e8 fatto vicino senza spaventare nessuno, come un Padre che cammina amorevolmente accanto ai figli da educare e salvare. Questa \u00e8 “la meravigliosa notizia” (in aramaico: besorah<\/em>) portata con entusiasmo da Ges\u00f9 nel suo grido iniziale. Per indicarla i cristiani di lingua greca usarono il termine euangh\u00e8lion<\/em> (vangelo), che la contiene ed esprime nella etimologia composta da eu<\/em> (bella) ed angh\u00e9lion<\/em> (notizia).<\/p>\n Marco la usa ben otto volte nel suo scritto. Ges\u00f9 esorta i suoi primi ascoltatori a crederci. Non era facile ieri e non \u00e8 facile nemmeno oggi, credere ad un Dio innamorato di noi uomini fino al punto di donare il suo unigenito Figlio per salvarci e non per condannarci (Gv<\/em> 3,16s). Dimenticare questo amore assoluto e incondizionato di Dio significa svuotare il Vangelo del suo contenuto. Per crederci si deve operare in noi un cambiamento radicale (conversione) di mentalit\u00e0 e di cultura. In noi c’\u00e8 ancora una profonda radice pagana mai estirpata che concepisce la divinit\u00e0 come capricciosa, insensibile, vendicativa. Credere che “Dio \u00e8 amore” significa operare una rivoluzione copernicana nel nostro pensiero e nel nostro agire. Ma questo \u00e8 il Vangelo che Ges\u00f9 \u00e8 venuto a testimoniarci con la sua vita. Da questa convinzione nasce il desiderio di collaborare con lui nel portare al mondo questa bella notizia.<\/p>\n Per questo Ges\u00f9, dopo averla annunciata, va in cerca di collaboratori, che chiama ad unirsi a lui in questa missione. Questo spiega perch\u00e9 al primo annuncio del vangelo segua la chiamata dei primi discepoli. \u00c8 una scena di vocazione-tipo, valida per tutti i tempi. Riguarda due coppie di fratelli, quattro persone in tutto. Il numero 4 significava l’universalit\u00e0, perch\u00e9 nella cultura del tempo faceva riferimento ai quattro punti cardinali; indicava che quella chiamata non era limitata al lago di Genezaret, ma si allargava al mondo intero in tutti i tempi e le latitudini. Che i primi chiamati siano fratelli rivela l’intenzione di Ges\u00f9 di creare una comunit\u00e0 di figli di Dio basata sulla fratellanza. Tutti chiamati e tutti fratelli. Ges\u00f9 li mander\u00e0 poi a due a due come li aveva chiamati (6,7). Cinque verbi indicano l’agire di Ges\u00f9: pass\u00f2, vide, disse, venite, vi far\u00f2; due verbi indicano la reazione dei discepoli: lasciarono tutto, lo seguirono. Il passaggio di Ges\u00f9 richiama il passaggio (la Pasqua) di Dio nell’Esodo, quando Dio raccolse e mise in cammino il suo popolo liberandolo dalla schiavit\u00f9; sulle rive del lago sta nascendo il nuovo popolo di Dio impersonato dai quattro convocati.<\/p>\n Il vedere di Ges\u00f9 non \u00e8 il semplice osservare una scena consueta, che \u00e8 quella del lancio della rete da pesca; \u00e8 un riconoscere quelli che Dio ha conosciuto e segnato dall’eternit\u00e0 come discepoli del Figlio. Dio non ci guarda mai con indifferenza neutrale, ci guarda amorevolmente dentro, come un padre guarda suo figlio che ama. A questo punto lo sguardo diventa parola: “Ges\u00f9 disse”. La sua \u00e8 parola creatrice, come quella che risuon\u00f2 all’inizio del mondo. E appunto perch\u00e9 creatrice \u00e8 efficace, ammaliante. Quei fratelli si sentono conquistati e cambiati e possono rispondere senza esitazione all’invito: “Venite dietro a me”. \u00c8 iniziato un cammino nuovo di vita, quello della sequela: “Vi far\u00f2 diventare pescatori di uomini”. Al seguito di Ges\u00f9 inizia la scuola di missione, che culminer\u00e0, dopo la risurrezione, con l’invito ad andare nel mondo intero (Mc<\/em> 16,15).<\/p>\n Dal venire dietro, nasce la possibilit\u00e0 autonoma di andare. La reazione delle due coppie di fratelli \u00e8 immediata: “Lasciarono le reti \/ il loro padre e andarono dietro a lui”. Per Ges\u00f9 lasciano tutto: “casa, fratelli, sorelle, madre, padre, figli e campi” (10,28s). Proprio da quel sacrificio radicale \u00e8 arrivato a noi il Vangelo; oggi non saremmo qui se quei primi discepoli non avessero dato tutto per Ges\u00f9. Ogni rinuncia per Cristo ha un’efficacia incalcolabile nel tempo e nello spazio. Proviamo anche noi ha fare il primo passo: non ce ne pentiremo. Oscar Battaglia<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Dopo la ricerca, la chiamata. Domenica scorsa erano i discepoli a cercare Ges\u00f9; oggi \u00e8 lui a cercare loro. 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