{"id":7227,"date":"2009-01-16T00:00:00","date_gmt":"2009-01-15T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=7227"},"modified":"2015-06-17T16:07:47","modified_gmt":"2015-06-17T14:07:47","slug":"un-appuntamento-da-non-perdere-con-dio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/un-appuntamento-da-non-perdere-con-dio\/","title":{"rendered":"Un appuntamento da non perdere: con Dio"},"content":{"rendered":"
Siamo tutti cercatori di Dio, anche quando rincorriamo affannosamente mete limitate e illusorie. Sant’Agostino nelle sue Confessioni riassume cos\u00ec l’anelito divino che sale da ogni cuore umano: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non trova pace fino a quando non riposa in te”. Benedetto XVI, nel settembre scorso, ha rilanciato dal centro di Parigi questo grido di san Paolo ai cristiani di Corinto: “Fuggite l’idolatria!” (1 Cor<\/em> 10,14). “Questo invito – diceva – resta valido anche oggi. Il mondo contemporaneo ha imitato, magari a sua insaputa, i pagani dell’antichit\u00e0 distogliendo l’uomo dal suo vero fine, dalla felicit\u00e0 di vivere eternamente con Dio”. Chi ha smesso di cercare Dio si ritrova con un pugno di mosche in mano, senza presente e senza futuro. Ma per trovare Dio \u00e8 necessario l’annuncio che incuriosisce e scuote il nostro torpore intellettuale.<\/p>\n I troppi messaggi commerciali che ci piovono addosso ci frastornano e ci disorientano. Solo se facciamo un po’ di silenzio attorno e dentro riusciamo a distinguere il richiamo che sale dal profondo di noi stessi e a percepire quella divina calamita di cui parlava Ges\u00f9: “Nessuno pu\u00f2 venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me” (Gv<\/em> 6,44s). Il Vangelo di Giovanni che abbiamo letto oggi ci presenta concretamente il tema della ricerca di Ges\u00f9. Si apre con un annuncio quasi lapidario del Battista ai suoi discepoli: “Ecco l’agnello di Dio”. Il giorno prima lo aveva gridato alle folle che accorrevano al suo battesimo in forma pi\u00f9 completa, dicendo: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”(1,29), ma nessuno si era incuriosito e si era mosso. Il suo annuncio era caduto nel vuoto. Eppure conteneva una novit\u00e0 assoluta sul Messia tanto atteso. Diceva che Ges\u00f9 si sarebbe addossato l’enorme cumulo dei peccati del mondo per cancellarli con la sua morte espiatrice.<\/p>\n Era l’agnello pasquale, simbolo della liberazione dalla schiavit\u00f9 del peccato e del male, molto pi\u00f9 grave e distruttiva di quella egiziana (Es<\/em> 12,27). Perci\u00f2 avrebbe dato a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue, per la vita del mondo, nella cena di Pasqua. Era anche il Servo del Signore di cui parlava Isaia, che, sette secoli prima, lo presentava come agnello mansueto “trafitto per i nostri delitti e schiacciato dal peso delle nostre iniquit\u00e0” (Is<\/em> 53,5-7). Tutto l’episodio richiama l’esperienza pasquale che proietta indietro fin qui la sua luce: l’evangelista ha contato tre giorni dal primo annuncio del Battista, perci\u00f2 l’incontro avviene proprio il terzo giorno, il giorno del Risorto. Per di pi\u00f9 ricorda l’ora precisa di quell’appuntamento tanto decisivo per lui: “Le quattro del pomeriggio”, un’ora dopo quella della morte di Ges\u00f9 in croce (Mc<\/em> 15,34).<\/p>\n Ogni incontro con Ges\u00f9 ormai \u00e8 un incontro con il Crocifisso-risorto, per chiunque. C’era di che incuriosirsi in questo annuncio pasquale anticipato, inaudito. Solo due dei discepoli inseguirono Ges\u00f9 con una domanda personale: “Rabb\u00ec, dove abiti?”. E lui non diede il suo indirizzo, ma li invit\u00f2 addirittura ad andare a casa sua: “Venite e vedete” (\u00e8rcheste kai \u00f2pseste<\/em>) . Questa curiosa coppia di discepoli del Battista ricorda tanto la coppia di apostoli che la mattina di Pasqua corsero al sepolcro per “vedere” i primi segni e iniziare credere (Gv<\/em> 20,2-10). Erano Pietro e Giovanni; qui invece sono Andrea, fratello di Pietro, e Giovanni. Siamo sempre sotto la luce del Risorto. Sta di fatto che i primi cercatori di Cristo furono due discepoli di Giovanni Battista, da lui stesso inviati. Questo conferma la magnanimit\u00e0 del Precursore, che non teme concorrenza (Gv<\/em> 3,23-30). I due vennero dunque nel luogo dove Ges\u00f9 dimorava e restarono con lui tutto il giorno. Dialogarono comodamente con lui e forse si fermarono tutta la notte fino al giorno dopo.<\/p>\n L’evangelista tace su quel colloquio, ma ci lascia la netta impressione che i due siano stati conquistati da Cristo. Da qui comincer\u00e0 la sua esperienza di comunione fisica e spirituale con Ges\u00f9: “Abbiamo udito, abbiamo visto con i nostri occhi, abbiamo contemplato, le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita” (1 Gv<\/em> 1,1s). Non c’\u00e8 conoscenza e fede senza esperienza personale, anche oggi per noi. Solo la parola, la liturgia, la preghiera personale ce la possono dare. Per Andrea l’esperienza di quel giorno fu entusiasmante, tanto che non pot\u00e9 fare a meno di comunicarla con calore a suo fratello Simone: “Abbiamo trovato il Cristo!”.<\/p>\n \u00c8 la prima gioiosa confessione apostolica che apre il Vangelo, dove essa si moltiplicher\u00e0 e si approfondir\u00e0 di bocca in bocca. I due erano stati indirizzati a Ges\u00f9 dal Battista, ora Simone \u00e8 guidato direttamente da suo fratello. Ges\u00f9 si serve della mediazione umana per comunicarsi: sono i fratelli nella fede che annunciano e confessano. Solo chi \u00e8 conquistato da Ges\u00f9 \u00e8 capace di conquistare a Ges\u00f9 i fratelli. \u00a0L’evangelizzazione cristiana \u00e8 proposta di esperienza, non costrizione. Fu quel gioioso annuncio che port\u00f2 Simone a faccia a faccia con Ges\u00f9, a tu per tu nel senso pi\u00f9 vero. Ges\u00f9 lo fiss\u00f2 infatti negli occhi (embl\u00e8psas<\/em>), lo riconobbe e lo chiam\u00f2 per nome, un doppio nome, quello umano e quello divino: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni”, questo \u00e8 il nome che ti ha dato tuo padre, ma il nome nuovo che ti d\u00e0 mio Padre \u00e8 quello di “Kepha”, cio\u00e8 Pietro-Roccia.<\/p>\n Per ora Ges\u00f9 non aggiunge altro, ma nella mente di Andrea e di Simone la prima idea che dovette balenare fu quella della pietra di Giacobbe a Betel, che nel sogno del patriarca costitu\u00ec la base della scala che saliva dalla terra al cielo (Gn<\/em> 28,10-19). Tanto pi\u00f9 che Ges\u00f9 vi alluder\u00e0 poco dopo nella risposta a Natanaele, l’ultimo anello dei primi incontri con i suoi futuri discepoli (Gv<\/em> 1,51). Come Pietro, tutti noi nasciamo conosciuti e segnati dal progetto di Dio. Nessuno nasce a caso o per sbaglio. Dio ha per noi un nome e un progetto positivo di vita (Ef<\/em> 1,3-12). Sta a noi scoprirlo nella fede, per misurare su di esso la vita. In fin dai conti la ricerca di Dio \u00e8 la ricerca di noi stessi, del significato della nostra vita, della nostra vocazione, del nostro destino. Ignorare Dio \u00e8 ignorare il vero senso dalla vita, \u00e8 un vivere alla cieca come a tentoni, col rischio di sciupare e perdere un bene cos\u00ec grande e insostituibile.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Siamo tutti cercatori di Dio, anche quando rincorriamo affannosamente mete limitate e illusorie. Sant’Agostino nelle sue Confessioni riassume cos\u00ec l’anelito divino che sale da ogni cuore umano: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non trova pace fino a quando non riposa in te”. 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